Didattica a distanza e disabilità, il 36% degli alunni è “sparito”. I dati della ricerca (Chiara Ludovisi/Redattore sociale)
ROMA – Il 35% degli alunni con disabilità “è sparito”: è un dato drammatico, quello che mette in luce l’indagine svolta da Università di Trento e Bolzano, Lumsa e fondazione Agnelli, che tra il 7 e il 14 aprile hanno ricevuto le risposte al questionario online da parte di 3.170 docenti. Tema: la didattica a distanza e gli alunni e alunne con disabilità. Com’era prevedibile immaginare, le risposte arrivano soprattutto degli insegnanti di sostegno: prova evidente di quanto, nonostante gli appelli di esperti e associazioni, l’inclusione sia ancora, di fatto, delegata a loro.
Ed ecco altri dati, quelli più significativi: il 91,6% delle classi (dei docenti interpellati) ha attivato la didattica a distanza. Il 36% degli intervistati dichiara poi, appunto, che gli alunni con disabilità sono “spariti”, per l’inefficacia di questo strumento (26%) o perché le attività del piano educativo non erano utilizzabili a distanza. Dall’altro lato, però, il 44% segnala una buona integrazione e nel 20% dei casi sono stati attivati percorsi di didattica a distanza individualizzata. Sempre, naturalmente, dagli insegnanti di sostegno.
Famiglie sconnesse e materiale “inaccessibile”
Altro dato interessante: oltre il 50% degli intervistati dichiara di essere a conoscenza di famiglie con un figlio disabile che non hanno la possibilità di partecipare alla didattica a distanza, prevalentemente per motivi tecnici, legati alla strumentazione o alle competenze informatiche. Altra questione cruciale è quella del materiale didattico: il 20% degli insegnanti dichiarano di non avere né materiale direttamente utilizzabile con alunni disabili, né materiale adattabile. E nei pochi contesti in cui questo materiale esista, ad adattarlo è stato, nel 94% dei casi, l’insegnante di sostegno. “Ancora una volta, in questo pettine della didattica a distanza, l’insegnante di sostegno è stato pesantemente delegato a fare, facilitare, semplificare – osserva Dario Ianes – La ripartenza a settembre dovrebbe vedere invece una forte collaborazione tra docenti, per la piena inclusione sia in presenza che a distanza”. C’è un dato che, pur essendo poco rilevante, tuttavia a Ianes piace riferire: “L’1.2% degli intervistati ha riferito che l’adattamento del materiale è realizzato dai compagni di classe, che così mantengono un ruolo attivo nel processo inclusivo”.
Oltre il 50% peggiora
Quel che emerge con chiarezza è un diffuso peggioramento e delle difficoltà, sia sul fronte del comportamento (50%) sia sul piano delle autonomie e della comunicazione (62%). “E’ la prova evidente che le persone con disabilità abbiano pagato il prezzo più alto della didattica a distanza. Ddovremo tenerlo presente quando, alla ripartenza, saremo forse costretti a indicare delle priorità. E’ chiaro che l’alunno disabile ha un forte bisogno di tornare dentro la classe”.
Le collaborazione: sì tra insegnanti e famiglie, no tra compagni
Altro elemento fondamentale è quello della collaborazione: se questa risulta per lo più soddisfacente (70%) sia tra insegnanti che con le famiglie, !quello che purtroppo non ha retto -riferisce Inaes – è la collaborazione con gli specialisti esterni e soprattutto con gli Assistenti alla comunicazione e all’autonomia: figure cruciali, ma legate a contesti frammentati e precari. E’ una realtà che, come questa esperienza ci insegna, andrà assolutamente sanata e organizzata”.
Altrettanto sofferente e carente è risultata la collaborazione tra i compagni di classe: “Questi di fatto sono spariti – osserva Ianes – aggravando quella percezione di scarsa appartenenza e isolamento dovuta alla disgregazione del gruppo in presenza”.
Gli insegnamenti per la Ripartenza
Se l’indagine è innanzitutto una fotografia di ciò che la didattica è stata finora, i risultati, seppur provvisori e parziali, indicano alcune direzioni da seguire nel momento in cui la scuola, sa settembre, in qualche modo ripartirà. “Innanzitutto credo sia importante avvalorare la nostra proposta di piccole ‘cordate’, gruppi di tre alunni che abbiano al centro quello con disabilità: microstrutture interene al gruppo classe, che sappiano sostenere nell’apprendimento ma soprattutto garantiscano quella vicinanza e quel senso di appartenenza che è venuto a mancare”. Naturalmente occorrerà poi valorizzare le competenze che gli insegnanti stanno acquisendo, visto che “oltre l’85% dichiara di non aver mai avuto, prima d’ora, esperienza di didattica a distanza. La situazione ha rappresentato quindi uno spiazzamento, ma anche un’occasione di apprendimenti che risulteranno preziosi in futuro”
C’è poi l’elemento della professionalità e della specializzazione: “Il 27,5% degli insegnanti di sostegno che hanno risposto al questionario dichiarano di non possedere titoli – riferisce Ianes – E’ evidente che abbiamo bisogno di ampliare la platea di docenti specializzati, come si propone di fare anche il 5° ciclo di formazione, che prenderà il via in autunno. Infine, per la ripartenza avremo bisogno di materiale adattato e di una strategica suddivisione dei gruppi e degli spazi, nella quale proprio l’insegnante di sostegno, sottratto a una funzione esclusiva con l’alunno disabile, divenga contitolare e punto di riferimento di quei piccoli gruppi che si divideranno, necessariamente, tutti gli spazi presenti nella scuola. Mai più vorremo vedere un insegnante di sostegno, solo con il ‘suo’ studente, in uno spazio riservato a loro soltanto. Siamo in una fase di riflessione sul futuro: speriamo che questi dati offrano uno spunto utile per organizzare al meglio la scuola inclusiva che verrà”. © Copyright Redattore Sociale