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Labour: guerra a Corbyn

Jeremy Corbyn è stato sospeso dal partito laburista incolpato da un rapporto “indipendente” sull’antisemitismo. «E’ un attacco alla sinistra del partito»

Jeremy Corbyn è stato sospeso dal partito laburista britannico per i suoi commenti ad rapporto indipendente sull’antisemitismo nel partito. «Di fronte a suoi commenti di oggi e al loro mancato ritiro, il partito laburista ha sospeso Jeremy Corbyn in attesa dell’esito di una indagine», ha detto un portavoce laburista, dopo che l’ex leader aveva detto che il rapporto ha «ingigantito il problema per motivi politici». Letto su Guardian è così: Corbyn ha detto giovedì che i membri del Partito laburista ebraico avevano ragione ad aspettarsi che il partito affrontasse l’antisemitismo “e mi dispiace che ci sia voluto più tempo del dovuto per realizzare questo cambiamento”. Ma ha aggiunto: “La portata del problema è stata anche drammaticamente sopravvalutata per ragioni politiche dai nostri oppositori dentro e fuori il partito”.

La clamorosa sospensione di Corbyn arriva dopo la pubblicazione di un rapporto dell’Equality and Human Rights Commission (Ehrc) che ha evidenziato «gravi carenze nella leadership del partito nell’affrontare l’antisemitismo e procedure inadeguate nell’affrontare le denunce di antisemitismo». Sono state rilevate anche «interferenze politiche» dell’ufficio di Corbyn per minimizzare le denunce di comportamenti antisemiti. Il successore di Corbyn, sir Keith Starmer, ha accolto le conclusioni dell’Ehrc parlando di «un giorno di vergogna» per il suo partito. ha poi promesso di adottare le sue raccomandazioni il «più presto possibile» per cambiare la cultura del partito. Una vicenda da leggere nella dialettica interna al maggior partito della sinistra britannica, probabilmente, una sorta di regolamento di conti. Infatti, i gruppi della sinistra del partito leggono in modo radicalmente diverso questa vicenda, senza alcuna ambiguità dal sapore antisemita. «La sospensione di Jeremy Corbyn da parte dei dirigenti del Partito laburista è un nudo attacco a sinistra che mina la lotta contro l’antisemitismo e si fa beffa dell’impegno di Keir Starmer di unire il Partito», spiega il sito di Momentum, l’organizzazione giovanile che fu decisiva nella vittoria di Corbyn nel 2015 e nel 2017. Per domani è prevista una manifestazione on line di cui pubblichiamo la locandina virtuale: «Unisciti alla manifestazione per sostenere Corbyn, e per pianificare e organizzare il futuro socialista di cui abbiamo bisogno.

«Condanniamo questa sospensione non solo perché prende di mira Jeremy Corbyn – un antirazzista che tutta una vita – ma perché stabilisce un precedente profondamente preoccupante che vedrà i membri del Partito laburista ingiustamente cacciati da un Partito a cui hanno dato tanto». La lettura di Momentum e di altri gruppi della sinistra è che la nuova leadership laburista non intenda fare prigionieri. Così, ad esempio, Labour Outlook: «La sinistra socialista ha un ruolo chiave nel plasmare il futuro del partito. Non andremo da nessuna parte. È un attacco massiccio alla sinistra da parte della nuova leadership e dovrebbe essere immediatamente revocato nell’interesse dell’unità del partito. Vogliono che ci arrendiamo. Vogliono che gettiamo la spugna. Vogliono farci sentire disperati. Ma noi non andiamo da nessuna parte. Esiste lo slancio per costruire un movimento socialista e plasmare il futuro del nostro Partito. Rimaniamo completamente dediti a questa missione. Restiamo insieme e restiamo forti».

Anche Corbyn accetta la sfida e dai social fa sapere che contesterà fortemente «l’intervento politico per sospendermi. Ho detto chiaramente che chi nega che ci sia stato un problema di antisemitismo nel Partito laburista si sbaglia. È anche innegabile che si è creata una falsa impressione sul numero di membri accusati di antisemitismo, come dimostrano i sondaggi: è questo che è stato sopravvalutato, non la gravità del problema. Continuerò a sostenere una politica di tolleranza zero nei confronti di tutte le forme di razzismo. Ed esorto tutti i membri a rimanere calmi e concentrati – mentre questo problema viene risolto amichevolmente, come credo che sarà – per sconfiggere questo terribile governo, che sta impoverendo ulteriormente i più poveri della nostra società».

Sul fronte opposto si parla di «Giornata di vergogna» per il Labour britannico, riconosciuto colpevole da un’autorità indipendente del Regno, l’Equality and Human Rights Commission, di non aver saputo fronteggiare una serie di «inescusabili atti illeciti di discriminazione e vessazione» d’impronta antisemita denunciati fra i sui ranghi negli anni della leadership di Jeremy Corbyn: 71enne esponente della sinistra pacifista e storico sostenitore della causa palestinese. Un verdetto che Corbyn ha in parte rigettato, inducendo il suo successore Keir Starmer a sospenderlo clamorosamente dal partito ad appena sei mesi dal passaggio di consegne, anche a costo di riaccendere il lacerante conflitto fra correnti in seno alla maggiore forza politica d’opposizione parlamentare al governo conservatore di Boris Johnson. Il rapporto della commissione, chiamata in causa dai ricorsi di funzionari e militanti ebrei laburisti, nonché da alcune delle principali organizzazioni della comunità ebraica britannica, è stato illustrato dopo mesi d’indagine dalla presidente ad interim dell’organismo, Caroline Waters, e non usa mezzi termini, «Nel Partito Laburista – vi si afferma – c’è stata una cultura che nella migliore delle ipotesi non ha fatto abbastanza per prevenire l’antisemitismo e nella peggiore è parsa accettarlo». Il testo evoca «un fallimento significativo di leadership» negli anni corbyniani a dispetto delle promesse del ‘compagno Jeremy’ di garantire «tolleranza zero»: fra ostilità preconcette, «interferenze» sulle procedure disciplinari e sospetti tentativi d’insabbiamento di specifici fascicoli.

Una condanna vera e propria a cui Corbyn – reagendo a caldo su Facebook – s’è inchinato solo a metà. Riconoscendo che l’antisemitismo è stato ed è una macchia nel Labour, come nella società britannica, ma aggiungendo subito di non essere d’accordo con «tutte le conclusioni» dell’inchiesta. E, anzi, denunciando a sua volta la presunta «drammatizzazione» strumentale della polemica da parte di «avversari interni ed esterni al partito» e «dei media» di establishment; nonché l’asserito sabotaggio deliberato dei suoi tentativi di affrontare la questione imputato fino al 2018 (ossia nell’arco di tempo preso di mira dalla commissione) a settori dell’apparato del Labour legati a ciò che restava della vecchia guardia della destra blairiana. Recriminazioni inopportune, se non infondate, secondo sir Keir Starmer, già ministro ombra della Brexit nel gabinetto Corbyn, ma alfiere adesso di un approccio politico più moderato e deciso nei panni di neo leader a combattere come una priorità assoluta ogni traccia di antisemitismo per «recuperare la fiducia» del mondo ebraico. Di qui la decisione di «sospendere Jeremy» e avviare un’indagine interna su di lui: non tanto per i contenuti del rapporto che inizialmente lo stesso sir Keir aveva evitato di personalizzare contro la singola figura del predecessore, pur scusandosi ed evocando «una giornata di vergogna» per il partito; quanto per non averne accettato in silenzio i richiami, mostrando così di voler essere «parte del problema». Ora occorrerà attendere le contromosse della sinistra interna, tuttora forte in una base militante che Jeremy Corbyn – nonostante la disfatta elettorale subita da Johnson nel dicembre scorso e costatagli alla fine la poltrona – è riuscito in questi anni a riportare a dimensioni da maggior partito d’Europa per numero assoluto d’iscritti. Una base che gli ha garantito due designazioni plebiscitarie nel 2015 e nel 2017 e fra le cui linee gode tuttora, dopo oltre mezzo secolo di militanza e 37 anni da deputato inamovibile del collegio londinese di Islington, di tassi di popolarità rilevanti. Lui avverte intanto di voler dare battaglia «con forza» contro «l’ingiusto provvedimento politico» di sospensione comminatogli. Mentre a cogliere la palla al balzo sono i Tory di Johnson, dopo i segnali di rimonta del Labour indicati da alcuni sondaggi recenti sullo sfondo delle critiche alla gestione della pandemia da parte dell’esecutivo, che parlano di antisemitismo strutturale e sfidano l’attuale leader addirittura a «espellere» l’ex numero uno dopo aver collaborato con lui per un quinquennio di fila. Ben consapevoli che una spaccatura intestina definitiva ridurrebbe a illusione per chissà quanto qualsiasi speranza laburista di poter risalire la china. 

In una dichiarazione congiunta, i leader del Board of Deputies of British Jews, del Jewish Leadership Council e del Community Security Trust hanno dichiarato che il rapporto era “un verdetto schiacciante su ciò che i laburisti hanno fatto agli ebrei sotto Jeremy Corbyn e ai suoi alleati”. Hanno aggiunto: “Dimostra perché gli ebrei britannici erano così angosciati e disonora coloro che ci hanno attaccato per aver parlato contro il razzismo anti-ebraico”. La comunità ebraica “non ha mai voluto questa lotta, ma abbiamo dovuto difenderci e siamo orgogliosi di averlo fatto”, hanno aggiunto. “Jeremy Corbyn sarà giustamente incolpato per quello che ha fatto agli ebrei e ai laburisti, ma la verità è più inquietante, perché era poco più di una polena per vecchi e nuovi atteggiamenti anti-ebraici”. “Jeremy Corbyn sarà giustamente incolpato per quello che ha fatto agli ebrei e ai laburisti, ma la verità è più inquietante, perché era poco più di una facciata per vecchi e nuovi atteggiamenti anti-ebraici”. “Hanno accolto con favore l’inizio di Starmer nell’affrontare l’antisemitismo “ma non bisogna sottovalutare la portata della sfida che ci attende”. Ephraim Mirvis, il rabbino capo, ha detto che il rapporto è “un nadir storico per il partito laburista”.

 

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