La protesta paga. Dopo settimane di donne in piazza il governo non fa pubblicare in Gazzetta Ufficiale la sentenza che avrebbe reso illegale l’aborto
di Marina Zenobio
Il governo polacco guidato dal partito di destra Diritto e Giustizia (PiS) non ha fatto pubblicare in Gazzetta Ufficiale la sentenza con cui il Tribunale costituzionale, lo scorso 22 ottobre, avrebbe reso illegale abortire anche in caso di malformazioni fetali. Non sarà una vittoria ma di sicuro su questo prender tempo da parte del governo guidato da Mateusz Morawiecki ha avuto il suo peso la miriade di manifestazioni di protesta che dal 22 ottobre stanno occupando le strade di Varsavia e non solo. Anche in Italia Non Una di Meno ha organizzato una serie di iniziative in solidarietà con le sorelle polacche.
Partite inizialmente da movimenti femministi, alle manifestazioni – partite da Varsavia e poi a macchia d’olio per tutto il paese – hanno successivamente aderito organizzazioni per i diritti LGBT+ e poi studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici. In migliaia nelle piazze e la protesta per il diritto all’aborto è diventato un appuntamento fisso ogni lunedì. Anche se c’è ora da vedere quali saranno le conseguenze sulla protesta a causa delle restrizioni dovute alla pandemia da Covid19.
Sta di fatto che per ora le ulteriori restrizioni sul diritto di abortire in Polonia non sono entrate in vigore. Tuttavia, come è giusto che sia, il movimento delle donne non abbassa la guarda, resta in stato di allerta e mantiene le prossime convocazioni di piazza e in agenda c’è anche uno sciopero generale. Giovedì scorso sui tetti di Cracovia si è sollevata una mongolfiera con il nuovo simbolo della protesta, un fulmine rosso e una scritta “Questa è la guerra”.
L’attivista femminista polacca Emila Debeska sostiene che bisogna prendere con le pinze i nuovi annunci del governo e mantenere viva le mobilitazioni. “Vediamo che succede – aggiunge -, è vero che la legge non è stata per ora applicata ma non c’è da fidarsi del governo. Il presidente, che non può negare la protesta, vorrebbe presentare una legge meno restrittiva ma non è ancora così, e non è questo che vogliono le donne polacche. Le donne polacche vogliono la libertà, la possibilità di decidere del proprio corpo”.
Quella sull’aborto in Polonia è la legge -varata nel 1993 – più restrittiva a livello Europeo anche prima di questo tentativo di renderla praticamente impraticabile. Si poteva abortire solo in caso di stupro, in caso di pericolo per la vita della donna o per gravi malformazioni al feto. Una legge talmente restrittiva che ogni anno costringe circa 200 mila donne polacche all’aborto clandestino oppure a recarsi all’estero, soprattutto in Repubblica Ceca, Slovacchia o Germania.