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Lo sport preferito dalle truppe d’occupazione in Val Susa

Corte d’appello conferma: dalla polizia sassi e lacrimogeni ad altezza d’uomo contro i NoTav

“Durante gli scontri in Valle di Susa del 3 luglio 2011 è possibile (come riferiscono alcuni testimoni) che fossero anche stati lanciati lacrimogeni «in linea retta» o comunque «al di fuori delle direttive» ma, nel complesso, l’operato delle forze dell’ordine fu «aderente» alla «necessità di contrastare i disordini». È quanto si ricava dalla sentenza d’appello del maxi processo ai No Tav, terminato lo scorso 21 gennaio con la condanna di una trentina di attivisti. I giudici avevano respinto la richiesta della difesa di applicare agli imputati la scriminante della reazione ad «atti arbitrati» da parte delle forze dell’ordine”.

In realtà l’estensore di questo dispaccio di agenzia forse non s’è nemmeno preso la briga di leggere le motivazioni perché il suo compito era solo di compilare quella frase – così rassicurante, vero? – che Popoff ha evidenziato in neretto. Perché a leggere quelle motivazioni, come hanno fatto gli attivisti no Tav, si possono scovare diversi passaggi particolarmente interessanti che mettono in luce «il dannoso e violento operato da parte delle Forze dell’Ordine che proprio in questi giorni è nuovamente emerso in merito al grave ferimento di Giovanna, la No Tav ferita da un lacrimogeno sparato ad altezza uomo».

Alessio Spataro

«Dai filmati in atti – si legge infatti nelle motivazioni  alle pagine 81 e 82è emerso incontovertibilmente che alcuni appartenenti alle forze di polizia presenti nel teatro degli scontri avvenuti il 3.7.2011, senza giustificazione alcuna, adottarono condotte contrarie non solo ai propri doveri e funzioni ma anche in alcuni casi altamente pericolose, scagliando anch’essi dei sassi nei confronti dei manifestanti che li bersagliavano ed esplodendo lacrimogeni con un’angolazione insufficiente, ovvero con lanci tesi invece che a parabola, idonei in quanto tali a produrre non l’effetto di una dissuasione che è insito nell’utilizzo di tale strumento di contrasto, ma il pericolo dei bossoli contenenti gas lacrimogeno colpissero direttamente quali proiettili alcuni dei manifestanti … azioni che non fanno onore alle nostre forze di polizia».

Forse l’estensore, probabilmente un giornalista professionista, del dispaccio di agenzia, non ha avuto tempo di arrivare fino a pagina 134 perché proprio lì si può leggere che «Parimenti la visione dei filmati in atti, la gran parte dei quali effettuati dalla polizia scientifica, attestano come le forze dell’ordine lanciarono lacrimogeni con modalità contrarie alle direttive ricevute e almeno nella fase iniziale senza che ve ne fosse la reale necessità». Sono passaggi molto meno rassicuranti ma piuttosto chiarificatori di quale sia la dinamica che scatena le violenze. Chi aggredisce chi, insomma. Due pagine appresso troviamo un’impressionante somiglianza con fatti e personaggi realmente accaduti. Accaduti sei giorni fa, per esempio, quando Giovanna, l’attivista pisana, ma “naturalizzata” valsusina, è stata colpita da qualcosa al volto. E qualche giorno prima nello stesso teatro della guerra d’occupazione un’agenzia aveva diffuso il video di un onesto servitore della patria, un carabiniere, che si vantava – dicendo “io ne ho sparato uno in faccia sulla strada” – di lanciare candelotti ad altezza d’uomo.

“… mentre il gruppo di facinorosi – si legge nelle motivazioni sui fatti di 10 anni fa – prosegue i propri lanci si sente distintamente un appartenente alle forze dell’ordine che incita il collega, evidentemente addetto allo sparo di artifici lacrimogeni con le frasi «dai tiraglielo», «lo vedi il bastardo qua sotto? Se riesci a centrarlo, prendi la mira quando esce» il lancio di lacrimogeni effettivamente avviene all’indirizzo della postazione dove stazionavano i facinorosi…”. Infine a pagina 138, ma arrivarci deve sembrare impossibile all’estensore di agenzie – i giudici dicono papale-papale che “… la condotta tenuta dai contingenti di pubblica sicurezza (…) sia stata viziata quanto meno con riguardo alle concrete modalità di attuazione».

Distratto o in malafede, il risultato è il medesimo quello di evitare che quelle considerazioni di un tribunale, in una sentenza che comunque castiga i militanti no Tav (si tenga sempre a mente che centinaia di denunce su gravissimi abusi delle Fdo in valle sono state sistematicamente e strategicamente archivate), possano consentire di leggere sotto un’altra luce le reazioni della questura di Torino rispetto alle accuse per il ferimento di Giovanna.

«Non è possibile che un lacrimogeno sia stato sparato ad altezza uomo, non solo perché questo è vietato – ha giurato su Repubblica l’ufficio stampa della questura il 19 aprile ultimo scorso – ma perché in quel momento erano già state elevate reti alte quattro metri che quindi avrebbero impedito al tiro una traiettoria orizzontale». Inoltre, quelli sparati l’altra sera erano «lacrimogeni a frammentazione, che si suddividono, una volta caduto il bossolo a terra, in cinque dischetti pesanti 20 grammi l’uno che contengono il gas e che diventano incandescenti, per cui se dovessero colpire qualcuno provocherebbero un’ustione».   «Ebbene – commenta il movimento No Tav – una sequela di falsità tutte ad uso e consumo della stampa nazionale, dei politicanti e dei forcaioli pronti a dare sostegno a chi utilizza la violenza con la scusa di gestire l’ordine pubblico, mentre l’unico obiettivo è quello di reprimere il dissenso a qualunque costo e con qualsiasi mezzo. Finalmente un Tribunale scrive nero su bianco che proprio le forze dell’ordine in Valsusa hanno compiuto diverse azioni illecite. Auspichiamo, dunque, che si ponga fine a questa santificazione dell’operato delle forze dell’ordine e che la Questura la smetta di agire come se fosse guidata da tanti intoccabili sceriffi di Nottingham. In quanto tutori della legge, hanno un bel dire se sono loro i primi ad infrangerla».

Ricordiamo le parole della stessa Giovanna in un video sui canali del Movimento No Tav. Giovanna Saraceno, l’attivista rimasta ferita sabato sera negli scontri tra militanti e polizia nei pressi del cantiere di San Didero in Valsusa. La donna ricoverata in ospedale a Torino per ‘trauma da corpo contundente’, è stata operata oggi al volto per una serie di fratture «Mi ritrovo in ospedale a Torino dopo essere stata in Valle per portare la mia solidarietà, la mia voce e la mia vicinanza alle persone che resistevano sul tetto del presidio di San Didero, perché lotto contro la Tav, opera inutile e dannosa», aggiunge nel video e ringraziando tutti prosegue e conclude: «non mi sono mai sentita sola, ho sentito la vicinanza di tutto il movimento No Tav e di tutte le persone che lottano per una vita migliore e contro le devastazioni dei territori. Non vedo l’ora di abbracciarvi tutti ed essere tra di voi».

 

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