Vent’anni fa l’omicidio di Carlo Giuliani, ucciso da un carabiniere che non sarebbe mai stato processato. L’agenda dei movimenti parte a fianco dei licenziati della Gkn. A Napoli contro il G20
A Genova è ancora il giorno di Carlo. Genova 20 luglio, piazza Alimonda, ore 17.27 vent’anni fa. In quel momento Carlo Giuliani viene ucciso dal colpo di pistola sparato forse dal carabiniere Mario Placanica perché un processo pubblico non c’è mai stato. All’indomani dell’omicidio, mentre le polizie spezzavano e torturavano il corteo del 21, un magistrato si fece filmare tra le bandiere e due carabinieri per giurare in conferenza stampa che avrebbe esplorato tutte le possibilità della legittima difesa. Cominciò così l’insabbiamento che avrebbe negato un processo a chi aveva sparato negli occhi di un ventitreenne che aveva raccolto un estintore da terra solo dopo aver visto quella pistola impugnata da killer. L’insabbiamento fu necessario dopo il fallimento del depistaggio messo in atto pochi istanti dopo le pistolettate da qualcuno che provò a sfregiare il volto di Carlo per simulare la morte per lapidazione, da parte di chi manifestava accanto al ragazzo. Un’inchiesta verrà svolta con coraggio da Giuliano, suo padre, cui toccherà per anni di rivedere il filmato con gli ultimi istanti di vita di suo figlio nell’inseguimento di una verità che nemmeno la cosiddetta sinistra, all’epoca i Ds, soci fondatori del Pd, avrebbero mai concesso. La commissione parlamentare d’inchiesta, proprio perché avrebbe potuto scalfire l’opacità della gestione dell’ordine pubblico, non sarebbe mai stata istituita.
Oggi, come tutti i 20 luglio da vent’anni in qua, la morte di Carlo verrà ricordata proprio in quella piazza che per qualche tempo mani anonime hanno rinominato ‘Piazza Carlo Giuliani – Ragazzo’. E saranno fiori e applausi, canzoni e parole. Perché Carlo Giuliani, come la violenza della polizia alla Diaz e le torture a Bolzaneto, sono il simbolo di tutto ciò che non può diventare solo un ricordo. Restano le cicatrici, restano le domande, resta la richiesta di giustizia nonostante le scuse, più o meno farlocche. Già da ieri la città ospita le iniziative del ventennale del G8 di Genova 2001 con convegni e cortei e testimonianze: il padre di Carlo, Giuliano Giuliani, il giornalista finito in coma per le botte della polizia Mark Covell, i rappresentanti di quella rete che invoca una ‘società della cura’ opposta a quella del capitalismo. E domenica la marcia zapatista, arrivata in piazza de Ferrari tra canti, slogan e striscioni: «La notte è più buia prima dell’alba».
L’assemblea dei movimenti
«Chi dice che il movimento è nato e morto durante il G8 sbaglia», s’è sentito dire ieri nell’assemblea nazionale della rete per il ventennale, #Genova2021, in piazza Matteotti, a pochi passi da palazzo Ducale davanti a un centinaio di ragazzi che vent’anni fa forse non erano nati. «Riprendere quella sfida e uscire dall’economia del profitto», sono parole e slogan che ricordano quelli urlati nelle piazze genovesi di allora, ricordano le parole di don Andrea Gallo, il prete degli ultimi, partigiano e comunista. Perché la partita è sempre la stessa.
«Oggi, dopo 30 anni, con una diseguaglianza sociale che non ha pari nella storia dell’umanità, con una crisi climatica senza precedenti, il problema del capitalismo è come fa a dimostrare di essere il sistema migliore per la grande maggioranza delle persone – spiega a Popoffquotidiano Marco Bersani di Attac e Società della Cura – è evidente a tutti che hanno deciso che il pianeta va diviso in vite degne e vite da scarto e che il conflitto dovrà essere a tutto campo. E io credo che i movimenti debbano fare almeno un paio di passaggi. Il primo è superare l’idea che bisogna difendere semplicemente un tema, una vertenza, una lotta, cosa che ovviamente va fatta, ma bisogna cominciare a iscrivere queste vertenze, queste battaglie, queste pratiche, dentro un orizzonte che comprenda la sfida per l’alternativa di società. Cioè, la partita si deve situare a quel livello. Il secondo elemento è che per fare questo… perché il capitalismo è esaustivo, cioè tocca tutti gli ambiti: pone a valorizzazione finanziaria non solo l’economia, ma anche la società, la natura, la vita delle persone… non c’è più il problema della gerarchia delle lotte o di qual è la contraddizione principale e quali sono le contraddizioni secondarie, ogni lotta rivela un elemento di contraddizione del modello capitalistico e noi dobbiamo riuscire a comporre il puzzle… e come sappiamo se al puzzle manca anche un solo tassello non funziona. Io credo che dobbiamo costruire rete, ma dobbiamo anche superare la retorica della rete. La rete mette insieme i nodi ma lascia aperti buchi giganteschi dentro i quali la società liquida attraversa senza essere né modificata, né contaminata. Credo che il prossimo autunno dovremmo cominciare a passare dal costruire reti al costruire tessuti, cioè un progetto di alternativa di società».
Ora la rete stringe le maglie tra le quali restano intrappolate domande rimaste ancora senza risposta, consapevole del fatto che il quadro è più autoritario di prima della pandemia.
E poi si annuncia una «grande mobilitazione per l’autunno», il 30 ottobre, in concomitanza con la riunione del G20 di Roma «per dire loro che non possono decidere i destini del mondo». Il 18 ottobre sarà la volta di uno sciopero generale del sindacalismo di base, finalmente compatto. Ma il banco di prova sarà già sabato mattina a Firenze dove i licenziati per mail della Gkn hanno convocato un appuntamento nazionale. Perché il movimento dei movimenti non era un evento ma una costellazione di conflitti che provarono a tessere una relazione in uno spazio fino ad allora inesplorato, quello dei social forum. A suonare farlocche, in assemblea e sui giornali, le voci di personaggi e soggetti politici e sindacali che anno creduto di poter giocare dentro e fuori il movimento, con l’ossessione della governabilità e l’illusione del campo largo intorno al Pd, col misero cabotaggio della concertazione.
A fianco degli operai della Gkn
Vent’anni dopo non siamo al punto di partenza. Stiamo peggio di allora. Il tessuto militante, proprio come il tessuto sociale è logorato dalle sconfitte e dai processi di frammentazione innescati dalle politiche del neoliberismo. In Italia più che altrove. Le torture in carcere, i licenziamenti per mail, il governo Draghi, non dicono solo che quel movimento aveva ragioni ma dicono che i rapporti di forza sono stati deformati e il senso comune stesso si è profondamente deteriorato. Gli operai della Gkn, con le parole d’ordine che scaturiscono dalla sedimentazione di pratiche radicali di lotta sindacale, hanno trovato ascolto tra i 3-400 che hanno partecipato all’assemblea di ieri, il loro è stato il primo dei cinquanta interventi. Se riuscirà a trovare pratiche e parole d’ordine unificanti, il processo di convergenza potrebbe davvero aggiornare l’analisi di fase e riprendere – senza se e senza ma, senza ambiguità, senza concertazioni– una lotta senza quartiere contro il neoliberismo in tutte le sue versioni. Perché se è vero che la repressione ha deformato le sue traiettorie, oltre ad aver fermato la vita di Carlo, è stata la politica, la cattiva politica a disgregare il movimento di massa dentro cui stava maturando l’idea di un altro mondo possibile.
Ecosocialforum a Napoli
Intanto, ieri a Napoli, una trentina di studenti e attivisti ambientali ha eluso la costosa blindatura di Palazzo Reale per occupare simbolicamente per oltre un’ora proprio l’appartamento Reale in cui nei prossimi giorni dovrebbe riunirsi i ministri del G20 sul Clima. Hanno esposto dal balcone reale su Piazza del Plebiscito tre striscioni: ‘Il G20 Balla sul Titanic (Salviamo il Pianeta. Jatevenne!’, ‘»Giustizia Ambientale e Giustizia Sociale’, «Stop Greenwashing – Basta Combustibili Fossili’. Si tratta di un gruppo di attivisti della rete Bees Against G20. «Napoli non poteva rimanere silente di fronte a questa vergognosa pagliacciata, crasso tentativo di propaganda green da parte di quei Paesi che più di tutti hanno contribuito al modello di sviluppo malato che ha devastato il pianeta». Da oggi la tre giorni di mobilitazione dal basso contro il G20 sul clima, con l’Ecosocialforum fatto di tavoli tematici e prestigiosi ospiti internazionali del calibro di Vandana Shiva e accademici da tutto il mondo e poi ci sarà la manifestazione il 22 luglio alle 16 da Piazza Dante.
Secondo i manifestanti «un’azione rocambolesca per aggirare il dispositivo della zona rossa con cui sempre questi vertici si sottraggono al dissenso democratico per lanciare ancora un grido d’allarme e di lotta. Il G20 in realtà non si svolge a Palazzo Reale ma sul Titanic, con un’élite di governi, in alcuni casi autentiche dittature, che decidono per conto delle grandi multinazionali sulla sorte di miliardi di persone trattate più da sudditi che da cittadini. Chi ha creato il problema del resto non costruirà le soluzioni: siamo tutte e tutti invece la terza classe, che affonderà insieme ai potenti del mondo se non sapremo ribellarci ai loro interessi e far prevalere dal basso quelli dell’umanità tutta». Le scelte annunciate dai G20 «su una crisi ambientale che è anche crisi sociale e che diventa sempre più irreversibile sono solo un’ipocrita mano di pittura verde che non tocca la sostanza del problema, la messa in discussione di un modello di sviluppo distruttivo per l’uomo e la natura, ma anzi cerca di specularci sopra». Basta ricordare, sottolinea la nota dei ‘movimentì, «gli obiettivi sulla riduzione di Co2 e dei combustibili fossili, già inadeguati e continuamente spostati in avanti negli anni per non toccare i profitti, mentre invece la degenerazione climatica e ambientale accelera». In questo senso, si afferma, «davvero nulla è cambiato rispetto al G8 di Genova del 2001, che si svolse in questi stessi giorni di luglio, se non che i dati della crisi climatica e sociale sono sempre più gravi, come dimostrano i tragici esempi che ci vengono proprio in questi giorni dalla Germania e dal Belgio (e ancor più dai Paesi più poveri del mondo) o il rischio crescente dell’emersione di nuove pandemie come quella che tanti lutti e disastri ha causato da un anno e mezzo. Un’azione che apre anche le giornate di confronto e di mobilitazione per questo G20 con l’ecosocialforum che avrà luogo il 21 (ma i tavoli di lavoro partiranno oggi) all’università e la manifestazione di giovedi 22 luglio alle ore 16 da Piazza Dante».