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La guerra di Lamorgese al dissenso. 10mila agenti Sì Tav

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Quasi diecimila rinforzi per l’occupazione militare della Val Susa: è il senso del governo Draghi per la libertà di movimento

«Le proteste contro la realizzazione del Tav in val di Susa sono seguite con la massima attenzione e con un notevole dispiegamento delle forze di polizia». Lo ha detto il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese al question time alla Camera rispondendo ad un’interrogazione sugli ultimi assalti al cantiere di Chiomonte. «Sono in corso indagini per identificare i responsabili – ha aggiunto la titolare del Viminale – dall’inizio dell’anno sono stati denunciati 63 attivisti. Inoltre, solo a luglio, sono state assegnate alla sede di Torino 9.356 unità di rinforzo alle forze di polizia. Il piano dei dispositivi di controllo al cantiere prevede un rinforzo di 180 unità giornaliere e 266 militari di Strade sicure, mentre nell’altro cantiere di San Didero le unità aggiuntive giornaliere sono 120 oltre a 50 militari di Strade sicure per le attività di vigilanza. Un dispositivo imponente – ha sottolineato – che viene rafforzato in caso di proteste annunciate».

«Cifre che parlano chiaro: il movimento No Tav continua a essere la spina nel fianco dei governi che si susseguono da 30 anni, la cattiva coscienza di una politica sempre prona agli interessi di poche multinazionali a discapito degli abitanti del territorio, l’incubo di un apparato auto referenziale assolutamente incapace di fare piegare la testa a un movimento genuinamente popolare», si legge su NoTav.info. La strategia dello Stato per gestire il dissenso è sempre la stessa. Le questioni sociali sono trattate come materia di ordine pubblico e l’esercito viene regolarmente schierato contro la popolazione civile. Una dichiarazione di guerra, quella della ministra di polizia di Draghi, che serve a scaldare l’atmosfera in occasione del ritorno a Venaus, in Valsusa, dopo un anno di sospensione causa Covid, del weekend ad Alta Felicità. L’evento, che contraddistingue le estati No Tav, è in programma seppure in forma ridotta, da domani al 1 agosto con concerti, dibattiti e passeggiate sui sentieri. «Abbiamo deciso di tornare a scommettere sulla nostra voglia di stare insieme e di realizzare qualcosa di unico e accessibile a tutte e tutti – sottolineano gli organizzatori – la nostra lotta lunga ormai oltre 30 anni ha saputo insegnarci che andare avanti, insieme, nonostante le avversità, è certamente la ricetta per superare ogni difficoltà». «In questo tempo di estrema crisi economica e sociale, abbiamo scelto di tornare a scommettere sull’umanità delle persone e sulla loro voglia di vivere in un mondo libero dallo sfruttamento della terra e dell’uomo sull’uomo, all’insegna di un futuro ricco di possibilità e uguaglianza per tutte e tutti. Consapevoli che la natura è da tutelare e con lei anche la salute di chi vive i territori», proseguono gli organizzatori annunciato che «venerdì e sabato ci raggiungeranno anche alcuni dei più cari amici e sostenitori del Festival Alta Felicità come Willie Peyote, l’orchestra urbana Bandakadabra e i Modena City Ramblers». «Sarà importante affrontare le tre giornate con un grande senso di responsabilità collettiva, volto a tutelare chi è di fianco a noi, con quello spirito che ci ha sempre contraddistinto di cura e sensibilità verso l’altro», raccomandano gli organizzatori «certi che chi parteciperà saprà cogliere l’importanza dello spirito dell’autotutela collettiva e del ‘buon senso’ che permetteranno a tutti e tutte di condividere in serenità l’emozione di una ‘lotta che si fa nella festa’ e di una ‘festa che si fa nella lotta’».

Per ogni dettaglio visitate il sito https://www.altafelicita.org

 

 

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Checchino Antonini quasi sociologo, giornalista e scrittore, classe 1962, da vent’anni segue e racconta i movimenti sociali e la “malapolizia”. Ha scritto su Liberazione, Micromega Erre e Megafono quotidiano, InsideArt, Globalist, PostIt Roma, Retisolidali, Left, Avvenimenti, il manifesto. Ha pubblicato, con Alessio Spataro, “Zona del silenzio”, graphic novel sul caso Aldrovandi. Con le edizioni Alegre ha scritto “Scuola Diaz vergogna di Stato” assieme a Dario Rossi e “Baro” Barilli. Il suo primo libro è Zona Gialla, le prospettive dei social forum (Fratelli Frilli, 2002)
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