Draghi e Lamorgese all’attacco della democrazia, vietati i cortei nei centri storici e nei luoghi sensibili [Marco Bersani]
Premessa di Popoff: Natale si avvicina, c’è da tutelare la salute – con i contagi che continuano a salire – ma anche il Pil. Non sono più tollerabili – è la convinzione diffusa nel Governo – i cortei dei ‘no green pass’ che ogni sabato occupano i centri storici di tante città, bloccando le vie dello shopping. «Ci fanno perdere il 30% del fatturato, inaccettabile», è il grido d’allarme del presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. Il Viminale sta così lavorando ad una circolare: stop alle manifestazioni nei luoghi più sensibili per le attività commerciali ed in quelli a rischio disordini. Una stretta che ha il pieno sostegno del capo dello Stato. «In queste ultime settimane – ha detto Sergio Mattarella – manifestazioni non sempre autorizzate hanno tentato di far passare come libera manifestazione del pensiero l’attacco recato al libero svolgersi delle attività. Accanto alle criticità per l’ordine pubblico, sovente con l’ostentata rinuncia a dispositivi di protezione personale e alle norme di cautela anticovid, hanno provocato un pericoloso incremento del contagio» (Ansa).
Come nel più prevedibile dei copioni di teatro, dopo aver sapientemente preparato il terreno per un paio di mesi, il cerchio si chiude e il governo Draghi-Lamorgese porta l’affondo finale: nell’Italia della ripresa-resilienza sarà vietato manifestare.
L’esito è stato preparato attraverso diverse tappe.
La prima avviene il 9 ottobre, quando una “sconsiderata” gestione dell’ordine pubblico a Roma permette un assalto di gruppi neofascisti alla sede nazionale della Cgil, dopo averlo annunciato due ore prima dal palco di Piazza del Popolo.
La seconda avviene in vista del G20 del 30-31 ottobre, quando si costruisce una campagna di stampa di tre settimane su allarmi inesistenti in riferimento alle manifestazioni dei movimenti sociali, che portano esercito per strada e cecchini sui tetti a fronteggiare nientepopodimeno che la giovane generazione ecologista dei Fridays For Future. Naturalmente la buona riuscita delle mobilitazioni viene attribuita al Ministero dell’Interno che ha “impedito” alle stesse di produrre disagi all’ordine pubblico.
Serve la goccia per far traboccare il vaso: ed ecco l’annuncio di un possibile cluster di contagiati dovuto alla ripetute manifestazioni No Green Pass nella città di Trieste e la presa di posizione del Sindaco della città, il quale, senza nessun senso delle proporzioni e del ridicolo, richiede a gran voce l’adozione di leggi speciali “come ai tempi delle Brigate Rosse”.
Il pranzo è servito e il governo Draghi – non contento di aver imposto un Parlamento embedded, totalmente allineato alle sue scelte politiche sul post pandemia –prova a risolvere anche l’altro polo del problema, rappresentato dal conflitto sociale.
Ed ecco il nuovo pacchetto di provvedimenti annunciato sugli organi di stampa dalla Ministra Lamorgese, la quale, naturalmente non disconosce il diritto a manifestare (art. 21 della Costituzione), ma lo colloca dopo il “diritto” dei cittadini a non partecipare ai cortei (come se fosse obbligatorio) e dopo il “diritto” dei commercianti a poter trarre gli usuali benefici dallo shopping festivo e, ancor più, natalizio prossimo venturo.
Saranno vietati i cortei nei centri storici delle città, in tutte le vie dei negozi e in prossimità dei punti sensibili. E, come se non bastasse, laddove non ci siano “particolari esigenze e garanzie” – chi le stabilisce? – saranno vietati i cortei in quanto tali e permesse solo manifestazioni statiche e sit-in.
Il quadro è sufficientemente chiaro. La pandemia ha messo in evidenza tutte le contraddizioni e la generale insostenibilità di un modello di società basato sull’economia del profitto. Il governo Draghi si è imposto il compito di proseguire con quel modello costi quel che costi.
Ed ecco allora un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza tutto rivolto ad accontentare le imprese e a mortificare il lavoro e i suoi diritti; una politica fiscale volta a liberare i ceti abbienti dalle insopportabili imposte, di nuovo scaricate su lavoratori e pensionati; una transizione ecologica interamente vocata al greenwashing; una nuova ondata di privatizzazioni di tutti i servizi pubblici locali; un attacco alla povertà, attraverso provvedimenti vergognosi come il tentativo di restringere il reddito di cittadinanza e di comprimere l’indennità alle persone con disabilità.
Tutte misure che, com’è ovvio, acuiranno il disagio delle persone e produrranno rabbia e conflitto sociale. Come risolverlo? Non c’è problema, basta vietarlo.
D’altronde, non è da tempo che i grandi poteri finanziari dicono che le Costituzioni dei paesi del Sud Europa sono poco adatte alla modernità perché troppo intrise di idee socialiste?
Credo che definire “sconsiderata” la gestione dell’ordine pubblico a Roma il 9 ottobre non sia corretto. Purtroppo capisco che siamo in un periodo in cui è difficile tener presente che “la lotta di classe dopo la lotta di classe” è un fatto sempre presente; le classi dominanti hanno sempre cercato e sempre cercano di comprimere i diritti ed i bisogni della classe proletaria per aumentare a dismisura i loro profitti e, forse soprattutto, per aumentare a dismisura il loro potere decisionale. Sono convinto che la gestione dell’ordine pubblico di quel sabato glorioso, per la classe dominante, sia stata ben considerata ed appropriata per gli obiettivi prefissati. Il problema grave, secondo me, è che molti di noi non riescono a vedere che siamo in una fase in cui la lotta delle classi dominanti si è rafforzata ed estesa con varie modalità riuscendo rompere ulteriormente l’unità delle/dei proletarie/i basta guardare a come si sta gestendo la pandemia facendo ricadere le “colpe” di una soluzione tutt’altro che efficace sempre sulle “minoranze ribelli” che hanno intravisto sin dal principio “l’interesse privato” dei soliti noti nella proposta di soluzioni che, sin dall’inizio, avrebbero riempito le tasche dei capitalisti “investitori” nelle case farmaceutiche, e non solo, e risolto ben poco, se non niente, i problemi della comunità