11 giorni, 21 spettacoli, 4 prime assolute, 4 prime nazionali, 4 coproduzioni, 2 giornate di studi: i numeri di una manifestazione fedele a se stessa ma pronta a cercare nuovi percorsi in un mondo (irreversibilmente) cambiato
Che rumore fa la fine del mondo? E’ il crepitio metallico di un contatore Geiger che sale e si abbassa di intensità, a segnalare la velocità di particelle radioattive che trapassano la carne come letali proiettili invisibili. Colonna sonora più indicata di una forma di danza, come quella Butoh, che nasceva nel Giappone degli anni Cinquanta come tentativo di metabolizzazione simbolica del trauma di Hiroshima e Nagasaki. Quando il sole cadde sulla terra dell’Impero del Sol levante, in un crepuscolo degli dei nipponici che più iconico non poteva essere. Portandosi subito via la vita di oltre 200 mila persone, in un’agonia ai cui spasmi scomposti si ispirava l’intenzione di decostruzione formale dei movimenti Butoh.
E anche se da allora questa espressione artistica ha avuto un’evoluzione che l’ha allontanata dai suoi esordi, rimane un monito in tempi di una svolta green di color verde marcio che vorrebbe riesumare una tecnologia ingestibile, ripetutamente bocciata dalla storia e dalla volontà dei cittadini di tutto il mondo, come quella delle centrali nucleari. Sicure, sicurissime, questa volta però. Esattamente come dissero di tutte le precedenti, del resto.
E proprio la performance Butoh in prima assoluta Nucleo – Da Francis Bacon di Alessandra Cristiani nella cornice barocca della sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale a Genova, cui fa seguito, nella stessa location, The False David di Imre Thormann, è uno dei momenti conclusivi del festival Testimonianze ricerca azioni di Teatro Akropolis. Tornato in presenza, con la direzione artistica di Clemente Tafuri e David Beronio, per la sua dodicesima edizione dopo quella totalmente online del 2020 a causa dell’emergenza sanitaria e della chiusura dei teatri.
Un tema, quello della riflessione sulla validità delle discipline scientifiche in un ambito, come quello sanitario, che come non mai ridefinisce oggi le nostre pratiche di vita quotidiana, che attraversa un’altra prima assoluta come Semmelweis, di Città di Ebla. Spettacolo teatrale di sola parola da un testo di Louis-Ferdinand Céline che ricostruisce la storia dell’incredibile resistenza della comunità accademica nella Vienna ottocentesca a una pratica banale come quella di lavarsi le mani tra un’autopsia e una visita ginecologica. un’abitudine che avrebbe salvato la vita a tante puerpere stroncate da febbri infettive, ma che condannò il dottor Semmelweiss, il medico che ne aveva scoperto l’efficacia, prima al feroce ostracismo dei suoi colleghi, poi a una morte prematura in ospedale psichiatrico, preda di follia come un profeta che urla in un deserto.
11 giorni, 21 spettacoli, 4 prime assolute, 4 prime nazionali, 4 coproduzioni, 2 giornate di studi: sono i numeri di una manifestazione fedele a se stessa ma pronta a cercare nuovi percorsi in un mondo (irreversibilmente) cambiato.
Tutta la città di Genova è stata così scenario per un programma internazionale che ha visto la presenza di Imre Thormann, Davide De Lillis, Città di Ebla, Alessandra Cristiani, Bernardo Casertano, Paola Bianchi, Masque teatro, Chille de la balanza, El lado oscuro de las flores, Greta Francolini, Riccardo Guratti, Elena Burani, Opera Bianco, oltre a Marco De Marinis, uno dei più importanti studiosi e storici di teatro d’Italia.
Ma anche la collaborazione con l’Associazione Sarabanda, diretta da Boris Vecchio, con la prima nazionale di BUBBLE della compagnia spagnola El lado oscuro de las flores e Piume di Elena Burani. Un’anticipazione, quasi un’anteprima, della consueta rassegna di circo contemporaneo che come ormai da tradizione delle feste, anima tutto il dicembre genovese.