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«Mi ha fatto torturare il nuovo capo dell’Interpol»

Le accuse di vittime e ong al nuovo presidente dell’Interpol, il generale emiratino Ahmed Nasser Al Raisi

«Siamo stati torturati sotto il suo comando». Due britannici precedentemente detenuti negli Emirati Arabi hanno ripetuto per mesi le loro accuse per impedire a un alto funzionario di quel paese di diventare il prossimo presidente dell’Interpol, accusandolo di coinvolgimento personale nei loro arresti e torture. Ma dal 25 novembre il generale Ahmed Nasser Al Raisi, tra gli uomini più importanti dell’apparato poliziesco degli Emirati, è stato nominato alla testa dell’Interpol nel corso di una cerimonia a Istanbul. Gli Emirati arabi uniti, secondo molte ong, sono un paese in centinaia di attivisti, accademici e avvocati stanno scontando lunghe condanne a seguito di processi iniqui con accuse vaghe.

Il ricercatore universitario Matthew Hedges, che è stato detenuto in un carcere degli Emirati per 7 mesi e Ali Issa Ahmad, arrestato mentre era in vacanza a Dubai per aver indossato una maglia da calcio del Qatar, accusano il generale di aver ordinato le violenze. «Ho subito personalmente torture e abusi sotto il suo comando», ha detto Ahmad, aggiungendo che porta ancora le cicatrici delle violenze subite. «Ha un ruolo di supervisore delle carceri e su coloro che commettono atti di tortura, come le guardie. Tutto questo è successo sotto il suo controllo. L’Interpol non può tollerarlo. Devono chiamarlo fuori», sostiene Rodney Dixon QC, che rappresenta Hedges e Ahmad. «E’ assolutamente responsabile di tortura. Il messaggio che invia la sua nomina è che non solo puoi farlo e farla franca, ma essere ricompensato», ha detto ancora Hedges che alla fine è stato graziato dopo le accuse di spionaggio. Sulla candidatura del generale Al Raisi molte ong, tra cui l’Organizzazione mondiale contro la tortura, hanno espresso preoccupazione e hanno firmato un appello per chiedere che non diventi presidente.

Ma l’89a Assemblea Generale dell’Interpol, lo ha eletto al terzo turno, con il 68,9% dei voti espressi dagli stati membri. Il maggiore generale emiratino guiderà ora il comitato esecutivo dell’Interpol, composto da tredici alti funzionari della polizia internazionale, per quattro anni. Sarà incaricato di supervisionare la gestione e il lavoro del segretario generale, il tedesco Jürgen Stock, il vero capo dell’organizzazione. Come presidente dell’Interpol, Ahmed Nasser al-Raisi avrà un ruolo molto rappresentativo, ma simbolico, presso le forze di polizia del mondo. «Negli ultimi tre anni ho lavorato con il signor Al-Raisi nel suo precedente ruolo di delegato al comitato esecutivo. Non vedo l’ora di lavorare a stretto contatto con lui per garantire che l’Interpol continui ad adempiere al suo mandato e a sostenere la cooperazione internazionale di polizia», ha detto Jürgen Stock dopo il risultato delle elezioni.

Ma era risaputo che la candidatura di Ahmed Nasser al-Raisi “puzzava di zolfo”. Ispettore generale della polizia degli Emirati Arabi Uniti ed ex direttore delle operazioni centrali della polizia di Abu Dhabi (2005-2015), il generale è accusato di aver coperto numerosi atti di tortura commessi dalla polizia degli EAU sotto la sua autorità.

Lo scorso giugno, l’avvocato William Bourdon aveva anche presentato una denuncia per “tortura e atti di barbarie” contro Ahmed Nasser al-Raisi al tribunale giudiziario di Parigi, per conto dell’attivista emiratino dei diritti umani Ahmed Mansour, imprigionato nelle prigioni emiratine dal 2017. Né il generale Al-Raisi né il ministero dell’Interno degli Emirati Arabi Uniti hanno risposto alle domande di giornali come il francese Mediapart, sito d’inchiesta consultato spesso da Popoff. A maggio, Human Rights Watch e il Gulf Center for Human Rights avevano accusato il Dipartimento di Sicurezza che era gestito da al-Raisi negli EAU di non aver indagato sulle accuse credibili di tortura da parte delle forze di sicurezza emiratine.

A livello internazionale, molte ONG e vittime sono indignate dalla nomina. “Questo individuo è il capo della polizia mondiale. Si tratta di qualcuno che è stato accusato di tortura, e che è un rappresentante di un sistema giudiziario che è stato pesantemente criticato per la violazione dei diritti umani. Sta solo mandando il messaggio sbagliato alla comunità internazionale che forse questo è ciò che la polizia è autorizzata a fare”, ha commentato Bruno Min, direttore della ONG britannica Fair Trials International.

Proprio oggi, AFP apprende che la denuncia di Hedges e Ahmad in Francia, ma anche quella dell’attivista Ahmed Mansour, sono state chiuse dalla procura antiterrorismo per “mancanza di giurisdizione”. Gli avvocati dei querelanti hanno già annunciato la loro intenzione di presentare nuove denunce non appena Ahmed Nasser al-Raisi metterà piede sul suolo francese.

In Francia, il sindaco ecologista di Lione, Grégory Doucet, la cui città ospita la sede mondiale dell’Interpol, ha descritto l’elezione del generale Al-Raisi su Twitter come “vergognosa”. “Come può un uomo sospettato di tortura diventare il capo dell’organizzazione mondiale della polizia? Condanno fermamente questo grave attacco al rispetto dei diritti umani e all’immagine dell’istituzione. Il sindaco di Lione ha anche indicato che sta lavorando alla creazione di un sistema di “cittadini onorari della città di Lione”. “Come omaggio e a sostegno dell’attivista e poeta Ahmed Mansour, proporremo che diventi il primo beneficiario”, ha annunciato Grégory Doucet oggi, 25 novembre. Contattato da Mediapart, il SICcoP, il servizio di comunicazione della polizia nazionale francese, ci ha detto “di non comunicare” sull’elezione del nuovo presidente dell’Interpol. “Non vogliamo commentare perché non abbiamo informazioni su queste accuse”, ha spiegato il commissario di divisione Franck Dannerolle, vice capo della Direzione delle relazioni internazionali (DRI) della polizia giudiziaria, che ospita l’ufficio francese dell’Interpol. “C’è un rispetto per la presunzione di innocenza e, per quanto ne sappiamo, non c’è nessuna condanna”, ha detto Dannerolle a Mediapart.

L’elezione di Ahmed Nasser al-Raisi mostra il peso sproporzionato che gli Emirati Arabi Uniti hanno assunto all’interno dell’agenzia di polizia in pochi anni. L’Interpol, che ha un bilancio di circa 150 milioni di euro all’anno, piccolo rispetto alle sue missioni, ha ricevuto una donazione di 50 milioni di euro nel periodo 2016-2021 dagli Emirati Arabi Uniti. Questo fa del piccolo stato petrolifero di 10 milioni di abitanti il secondo maggior contribuente dell’Interpol dopo gli Stati Uniti.

Questa donazione di 50 milioni di euro da parte degli Emirati è stata incanalata attraverso una curiosa entità, la Fondazione per un mondo più sicuro, con sede a Ginevra, dove si incrociano figure politiche, esiliati fiscali e un ex poliziotto di punta riconvertito all’intelligence internazionale. Molti di loro, come Carlos Ghosn, ex CEO di Renault-Nissan, hanno rinunciato al loro mandato a causa di procedimenti penali. Tra i membri attuali di questa fondazione ci sono Jürgen Stock, segretario generale dell’Interpol, ma anche lo sceicco Mansour, vice primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, fratellastro dell’attuale presidente e proprietario di una dozzina di club di calcio in tutto il mondo, dal Manchester City al Troyes. Da quel finanziamento, gli Emirati Arabi sono cresciuti in influenza all’interno dell’organizzazione. Nel 2018, Dubai ha ospitato l’87° assemblea generale dell’agenzia di polizia, che si tiene ogni anno in un paese diverso, con grande clamore.

Nell’aprile di quest’anno, David Calvert-Smith, un alto giudice britannico in pensione ed ex direttore delle procure pubbliche in Inghilterra e Galles, ha pubblicato un rapporto duro e approfondito sull’influenza degli EAU all’Interpol, rivelato da Mediacités. Il rapporto descrive diversi esempi di red notice controversi emessi dalle autorità degli EAU.

Come altri regimi autoritari, come la Bielorussia, la Turchia e la Russia, gli EAU stanno abusando del sistema di red notice dell’organizzazione di polizia criminale. Infatti, il piccolo stato del Golfo sta usando i famigerati avvisi di ricerca dell’Interpol, normalmente riservati ai crimini gravi, per scopi civili. Nel 2018, Robert Urwin, un cittadino britannico, è stato imprigionato per quaranta giorni in Ucraina, accanto ad assassini e stupratori. Il suo crimine? Un assegno scoperto proveniente dagli Emirati Arabi Uniti tredici anni prima. Una red notice (avviso rosso) da parte dell’Interpol viene considerata come valida richiesta di arresto provvisorio, in particolare nel caso in cui la richiesta di arresto provenga da parte di uno Stato con il quale l’Italia ha stipulato un Trattato di estradizione, pertanto, anche nel caso in cui l’indagato fosse all’estero potrebbe essere applicata nei suoi confronti comunque una red notice di Interpol in ragione della quale sarebbe comunque giustificabile l’arresto in altro paese. Le notices (o avvisi) diffuse dall’Interpol per comunicare informazioni su crimini, criminali e minacce da parte della polizia in uno stato membro (o un’entità internazionale autorizzata) ai loro omologhi in tutto il mondo è utilizzato per la ricerca di persone accusate di reati gravi, persone scomparse, corpi non identificati, possibili minacce, fughe in carcere e modus operandi dei criminali.

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