15.1 C
Rome
martedì, Novembre 19, 2024
15.1 C
Rome
martedì, Novembre 19, 2024
Homequotidiano movimentoA #BlackLivesMatter serve un programma economico

A #BlackLivesMatter serve un programma economico

In un paese che ha sempre usato la razza per giustificare la disuguaglianza, porre fine alla brutalità della polizia è solo l’inizio [Myerson e Denzel Smith]

Siamo nel mezzo di un movimento per rovesciare la supremazia bianca. Migliaia di persone in tutto il paese, in risposta alle uccisioni impunite di Trayvon Martin, Jordan Davis, Rekia Boyd, Eric Garner, Renisha McBride, Michael Brown e tante altre persone nere disarmate che hanno perso la vita a causa della violenza della polizia o dei vigilanti, sono scese in strada per proclamare che “le vite nere contano”. Mentre questa è una proclamazione potente di per sé, ora può essere rafforzata da una visione di ciò che servirà per rendere quelle vite importanti in America.

Nel 1966, insieme a A. Philip Randolph, Bayard Rustin e altri organizzatori e studiosi, Martin Luther King Jr. pubblicò l’ormai dimenticato Freedom Budget for All Americans, che includeva la piena occupazione, l’assistenza sanitaria universale e buone abitazioni per tutti. «Il “Freedom Budget”, bilancio della povertà è essenziale se la gente afromericana “the negro people (testuale in M.L.King, ndt) deve fare ulteriori progressi», scrisse. «È essenziale se vogliamo mantenere la pace sociale. È una necessità politica». Il Dr. King arrivò a sposare questa visione verso la fine della sua vita, riconoscendo che i diritti civili e di voto erano una vittoria critica ma solo parziale nella lotta per la completa uguaglianza.

La visione di King, inutile dirlo, non fu mai realizzata. Per questo proponiamo che, oltre alle richieste di riforma della polizia, è vitale per la sconfitta del sistema razzista che il movimento #BlackLivesMatter avanzi un programma economico. Non possiamo disfare il razzismo in America senza affrontare la storia del nostro paese sullo sfruttamento economico dei neri americani. Le richieste di Ferguson Action e di altri gruppi includono la piena occupazione, e questo punto fondamentale può e deve essere approfondito, come speriamo di fare qui. Prima di esporre le nostre proposte, dovremmo chiarire perché, storicamente, eliminare il razzismo richiede un programma economico. La storia dell’America è una storia di sfruttamento economico che ha portato alla creazione e al mantenimento del razzismo nel tempo. L’inizio del sistema economico del nostro paese ha condannato la gente di colore ad una sottoclasse per una ragione pratica piuttosto che bigotta: lo sfruttamento del lavoro africano. Gli africani importati erano impossibilitati dai costumi e dalle barriere linguistiche a stipulare contratti, e a differenza della popolazione indigena, la loro mancanza di familiarità con il terreno impediva loro di scappare dai loro schiavisti. Per giustificare moralmente un’economia dipendente dall’oppressione, in una nazione appena fondata sul diritto degli uomini alla libertà, era necessario costruire socialmente una finzione biologica chiamata razza, che considerava alcune persone subumane, mera proprietà. “Durante l’era rivoluzionaria”, scrivono Karen E. e Barbara J. Fields nel loro libro Racecraft: The Soul of Inequality in American Life, “le persone che favorivano la schiavitù e quelle che vi si opponevano collaboravano nell’identificare l’incapacità razziale degli afroamericani come spiegazione della schiavitù”. I cittadini bianchi, facendo la loro fortuna e dimostrando la loro posizione sociale attraverso la proprietà di persone africane, codificarono l’idea di razza nella legge. Quelli di origine africana sarebbero arrivati a formare la classe più bassa della vita americana, mentre le persone di origine europea occidentale erano libere di estrarre lavoro e ricchezza dai loro corpi. L’ineguaglianza materiale, in altre parole, precedeva la logica razzista.

Questo non cambiò con l’Emancipazione. Il sistema di condanna, il linciaggio degli imprenditori neri, e la distruzione delle città nere economicamente indipendenti da parte dei Consigli dei Cittadini Bianchi e del Ku Klux Klan resero impossibile la prosperità degli ex schiavi. Dopo la Ricostruzione, l’ideologia della razza che eresse la “Jim Crow society” (Le leggi Jim Crow furono delle leggi locali e dei singoli Stati degli Usa emanate tra il 1877 e il 1964 per mantenere la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici) fu cruciale per mantenere le divisioni di classe tra i bianchi. Come scrivono i Fieldses, “Un gruppo di bianchi superava l’altro proprio perché era in grado di opprimere e sfruttare i neri”. Così, attraverso l’esperienza quotidiana di questa dinamica, “il credo della supremazia bianca” fu rafforzato, nelle parole dello storico C. Vann Woodward, “nel seno di un bianco che lavorava per il salario di un nero”.

Di conseguenza, i neri americani continuarono a sperimentare la violenza razzista, sia fisica che economica, e non ci furono prescrizioni politiche correttive. Nel suo libro The Condemnation of Blackness, Khalil Gibran Muhammad, direttore dello Schomburg Center for Research in Black Culture, nota che i movimenti progressisti della fine del diciannovesimo e dell’inizio del ventesimo secolo sostennero un aumento delle risorse governative per i gruppi di immigrati poveri, mentre continuavano ad attribuire la povertà nera alle presunte carenze culturali e morali degli afroamericani. Questa eredità ci perseguita oggi in ogni nuova ingiunzione che la fine del razzismo dipende dai giovani neri che indossano le cinture. E vive nel diffuso rifiuto del fatto ovvio che l’abuso di droga, la violenza e il fallimento educativo non generano povertà; la povertà li genera. La riduzione su larga scala dei neri americani alla povertà è il problema essenziale della “razza”.

Nel boom del dopoguerra, come spiega Ta-Nehisi Coates in “The Case for Reparations”, il suo articolo per The Atlantic, i neri sono stati in gran parte esclusi dalla proprietà della casa, il più grande motore del divario di ricchezza nell’America moderna, e un’ulteriore discriminazione abitativa ha fatto sì che ai neri non fosse permesso di frequentare le scuole che offrivano un’istruzione di alta qualità – un altro fattore per ottenere lavori ben pagati. Il “New Jim Crow” dell’incarcerazione di massa attraverso la “guerra alla droga” ha sostituito le leggi sul vagabondaggio e sull'”affitto dei detenuti”(un sistema di lavoro penale forzato che era storicamente praticato negli Usa del Sud. Recentemente, una forma è stata istituita negli Usa occidentali), ma con risultati simili: derubare un gran numero di neri delle opportunità economiche, negando loro anche l’accesso ai programmi federali volti ad alleviare la povertà. A una persona con la fedina penale sporca viene negato l’accesso ai buoni pasto, al welfare e agli alloggi pubblici. E senza ricchezza di cui parlare in un paese dove la partecipazione politica è basata su dollari e centesimi, i neri americani continuano a non avere rappresentanza politica; le ripercussioni includono l’assenza di scelta su chi parla per loro al Congresso e su quale sindaco o capo della polizia ha giurisdizione sul loro quartiere. Una sicurezza economica inadeguata è letteralmente una questione di vita o di morte per i neri americani.

È vitale per la sconfitta del razzismo che il movimento #BlackLivesMatter spenga i motori economici che spingono il continuo rafforzamento della supremazia bianca. Solo attraverso la riparazione delle lamentele economiche dell’America nera (le pronunciate disparità in termini di reddito, ricchezza, e risorse comunitarie come alloggi, sanità e istruzione) possiamo iniziare a costruire una società giusta.

La vera piena occupazione

Niente farebbe di più per trasformare l’attuale economia politica di ciò che è al centro del Bilancio della Libertà e menzionato nelle richieste di Ferguson Action: una politica di piena occupazione.

Ciò che intendiamo con questa frase – un “tasso di disoccupazione involontaria” dello 0% – differisce da ciò che intendono gli economisti tradizionali, anche quelli che nominalmente la sostengono. Con “piena occupazione”, di solito intendono quasi piena occupazione. Durante il più recente periodo di “piena occupazione” (il cosiddetto “boom economico di Clinton”), il tasso di disoccupazione non è mai sceso sotto il 3,8%. Per quanto potente sia stato il boom, milioni di persone in certi angoli dell’economia sono stati relegati in uno stato di fallimento permanente. Le persone più in profondità in quegli angoli, le persone meno occupate degli Stati Uniti, sono gli adolescenti neri che hanno abbandonato la scuola superiore e provengono da famiglie povere, ai quali è attualmente imposto il tasso di disoccupazione del 95 per cento, che fa rabbrividire la coscienza.

È chiaro che abbiamo bisogno di qualcosa di più delle politiche convenzionali per stimolare la crescita dei posti di lavoro, se vogliamo soddisfare la domanda di piena occupazione. Fortunatamente, ci sono due politiche all’altezza del compito: una garanzia di lavoro finanziata a livello federale e un reddito di base universale non legato all’occupazione. Offrendo il lavoro come un diritto garantito, il governo federale potrebbe dirigere il capitale verso le comunità dove è più disperatamente necessario, mentre impiega quelle comunità stesse a fare il lavoro necessario per migliorare la loro qualità di vita: pulire e sostituire le tanto decantate finestre rotte, riempire le buche, prendersi cura dei figli dei genitori che lavorano e degli anziani, eliminare le baraccopoli e sostituirle con alloggi decenti. Pagando un salario di base e i normali benefici per un impiegato federale, il programma stabilirebbe effettivamente un salario minimo e uno standard di trattamento per l’impiego nel settore privato. Nei periodi di boom, quando c’è pericolo di inflazione, il programma e il suo budget si ridurrebbero automaticamente, e durante i periodi di crisi, quando l’inflazione è estremamente improbabile, crescerebbe per riempire il vuoto.

Questo programma potrebbe e dovrebbe essere accoppiato con un reddito di base universale, che il Dr. King ha definito “l’approccio più semplice… e più efficace” per eliminare la povertà, citando tre virtù essenziali del programma. In primo luogo, i poveri, il cui consumo è direttamente sovvenzionato, non avranno più bisogno delle necessità di base. Secondo, la posizione politica degli emarginati si rafforzerebbe: “I negri”, scrisse King, “avranno un effetto maggiore sulla discriminazione quando avranno l’arma aggiuntiva del denaro da usare nella loro lotta”. Infine, King ha evidenziato la “serie di cambiamenti psicologici positivi” che la sicurezza materiale universale avrebbe prodotto: “La dignità dell’individuo fiorirà quando le decisioni riguardanti la sua vita saranno nelle sue mani… I conflitti personali tra marito, moglie e figli diminuiranno quando l’ingiusta misurazione del valore umano su una scala di dollari sarà eliminata”. Questa distensione psicologica è la negazione diretta dell’ansia e del terrore che accompagnano persistentemente la vita dei neri americani.

Un duplice programma di piena occupazione farebbe progredire enormemente la lotta contro l’incarcerazione di massa e la polizia razzista. Garantire l’accesso al lavoro e al reddito ridurrebbe anche la recidiva in prigione. Impiegare persone per gestire le “finestre rotte” trasformerebbe gli strascichi della povertà da una scusa per le molestie della polizia a un lavoro comunitario retribuito. E milioni di persone i cui mezzi di sostentamento dipendono attualmente da un complesso industriale carcerario in continua espansione sarebbero in grado di assicurarsi un lavoro e un reddito altrove, permettendo una più forte organizzazione della classe operaia per una riduzione dello stato carcerario. Attualmente, la chiusura delle prigioni ha effetti devastanti sulle comunità per le quali queste istituzioni agiscono come ancore economiche.

Una revisione delle tasse

Nell’economia attuale, tassiamo il lavoro e l’industria, il che sopprime l’occupazione e favorisce il profitto, e lasciamo il settore immobiliare per lo più non tassato, incoraggiando l’accumulo di fortune immobiliari. La proprietà immobiliare include non solo gli edifici, ma, cosa cruciale, la terra su cui sono situati. Gli edifici stessi – tubature, falegnameria, ecc. – si deteriorano col tempo fino a richiedere una ristrutturazione, quindi il bene speculativo nel settore immobiliare, l’investimento che ha la possibilità di apprezzarsi in valore nel tempo, è in realtà solo la terra. La speculazione nel mercato della terra ha istituito gran parte del razzismo strutturale che caratterizza la supremazia bianca oggi.

L’impulso del dopoguerra per mantenere le politiche abitative segregazioniste era la protezione del valore della proprietà. Quando milioni di neri nati nel Sud si riversarono nelle città del Nord, milioni di bianchi fuggirono verso nuovi sviluppi residenziali suburbani, portando con sé il loro capitale e facendo scendere il valore della terra nelle aree nere. Gli acquirenti bianchi di case (che costituiscono la stragrande maggioranza degli acquirenti di case a livello nazionale), con la loro ricchezza legata alle proprietà immobiliari, non volevano che i neri la svalutassero con la loro vicinanza. Inoltre, la Federal Housing Administration, in una politica progettata per proteggere questo accesso alla ricchezza fondiaria, era più propensa a garantire mutui nelle comunità che adottavano statuti razzialmente esclusivi. Questa politica “delimitava” i quartieri con bassa “sicurezza residenziale”, o valore fondiario, privando i quartieri neri dell’accesso ai servizi finanziari per decenni.

L’apprezzamento del valore fondiario è stato il cuore della recente bolla dei mutui di Wall Street e dei suoi prestiti predatori razzisti, con cui è stato distrutto il 53% di tutta la ricchezza nera. Gli “investitori ipotecari”, cioè gli speculatori del mercato fondiario, compravano le case e le vendevano una volta che il valore della terra era aumentato, facendone fuori il guadagno. Per mantenere i prezzi in crescita, il complesso immobiliare/finanziario scaricava prestiti spazzatura sulle ignare famiglie nere, che hanno subito una massiccia ondata di pignoramenti negli anni successivi al crollo.

Anche l’educazione è legata al valore della terra. Legare le risorse scolastiche alle tasse di proprietà mina l’uguaglianza da due direzioni: le persone benestanti sono spinte a trasferirsi in quartieri sempre più costosi per paura che i loro figli siano arruolati in scuole inferiori (concentrando così ulteriormente i fondi per l’istruzione), mentre le scuole nelle aree povere si degradano quando la ricchezza fugge, facendo scendere il valore della terra nell’area già poco servita.

Mantenere la terra non tassata dà anche ai proprietari terrieri un incentivo a non sviluppare le proprietà nelle aree povere, dal momento che è così libero di aggrapparsi a un terreno non sviluppato fino a quando i bianchi decidono che il quartiere è “up-and-coming” e offrono un aumento del valore della terra. A breve termine, questo porta a edifici abbandonati e lotti vuoti, cioè a baraccopoli afflitte da “finestre rotte”. A lungo termine, ha un effetto catastrofico sulle comunità: mentre questi appezzamenti di terreno rimangono non sviluppati, il nostro sistema fiscale trattiene l’offerta di alloggi in un momento in cui una grave carenza di alloggi urbani fa salire i prezzi dei terreni in città alle stelle. E questo, a sua volta, alimenta un’ondata di gentrificazione che distrugge le comunità e i cui principali beneficiari sono gli interessi di speculazione fondiaria.

Per fermare questi interessi, dobbiamo passare dalla tassazione del lavoro alla tassazione del monopolio e delle rendite fondiarie. L’economista politico americano Henry George, che King citò nella sua campagna economica, propose notoriamente una tassa del 100% sul valore della terra come l’unica tassa capace di assicurare l’uguaglianza in mezzo allo sviluppo economico. Come il gioco da tavolo Monopoly (inventato dai seguaci di George) chiarisce, anche quando tutti iniziano con denaro uguale, l’estrazione privata degli affitti inevitabilmente dirige tutti i fondi in poche mani. George vedeva la tassazione dell’intero valore locativo della terra come l’unico modo per sviluppare un’economia in modo equo, cioè senza produrre costantemente povertà. E diverse giurisdizioni locali nella nativa Pennsylvania di George tassano la terra, anche se non al 100%. Nessun uomo ha creato la terra, e quindi nessuno – non un padrone dei bassifondi assente, non Goldman Sachs – dovrebbe estrarre il suo valore dalle persone che ci vivono sopra.

Baby Bonds

Alla fine, i neri nelle aree povere saranno sempre vulnerabili a disastri comunitari finché i bianchi controlleranno la stragrande maggioranza della ricchezza. È la ricchezza (lo stock di risorse complessive che qualcuno controlla), piuttosto che il reddito (l’afflusso che qualcuno riceve in un anno), che assicura la vera sicurezza economica – rinunciare al reddito che un lavoro fornisce è meno intimidatorio per una persona con una ricchezza indipendente. Per quanto brutta sia la disuguaglianza di reddito negli Stati Uniti, la disuguaglianza di ricchezza è ancora peggiore, poiché quelli nati ricchi diventano più ricchi e quelli nati poveri rimangono così. Finché i bianchi possono approfittare di posizioni di contrattazione sbilanciate per superare i neri per l’uso della terra, la terra rimane dei bianchi da rivendicare e distribuire. L’unico modo vero e permanente per alleviare i molti mali qui descritti è quello di chiudere il divario di ricchezza razziale.

Le sfide politiche per implementare un programma di riparazioni – che noi sosteniamo – erano scoraggianti fin dall’inizio e ora sono probabilmente proibitive. Per affrontare questo dilemma, William A. Darity Jr. della Duke University e Darrick Hamilton della New School hanno proposto un altro programma innovativo che, secondo le loro stime, chiuderebbe il divario di ricchezza in poche generazioni. Anche coloro che non possono concedere la nostra premessa – che i neri sono stati condannati alla povertà dalla politica pubblica, non dalla loro mancanza di ambizione e disciplina – saranno sicuramente d’accordo che nessun neonato è da biasimare per la sua condizione di impoverimento, e che ognuno merita una giusta possibilità di condurre una vita soddisfacente e confortevole. Darity e Hamilton hanno quindi suggerito un programma “Baby Bond” rivolto a questi neonati. A chiunque nasca in una famiglia “povera di ricchezza” (qualsiasi famiglia al di sotto della posizione mediana del patrimonio netto) verrebbe concesso un fondo fiduciario alla nascita che maturerebbe quando la persona raggiunge i 18 anni, dopodiché il beneficiario otterrebbe l’accesso al fondo. Più la famiglia è al di sotto della mediana, più grande sarà il fondo che il bambino riceverà, così che il quartile più basso riceverà un fondo di 50.000 o 60.000 dollari. Si noti che anche se questo programma non è limitato ai discendenti degli schiavi neri, il suo effetto è abbastanza simile a quello desiderato da un programma di riparazione: eliminare il vantaggio di ricchezza che i bianchi americani comandano sui loro compatrioti neri.

* * *

Karen E. e Barbara J. Fields evidenziano il saggio del 1990 del professore di legge Derrick Bell “After We’re Gone: Prudent Speculations on America in a Post-Racial Epoch”, in cui lo scrittore immagina che gli alieni spaziali acquistino tutti i neri degli Stati Uniti, dopodiché “l’America post-razziale” deve veramente affrontare, “direttamente, per la prima volta…il problema di chi ottiene quale parte della ricchezza della nazione, e perché”. Con l’eliminazione della supremazia bianca come principio organizzativo delle relazioni sociali, diventa chiaro che la distribuzione delle risorse è sempre stata la questione. L’implementazione di un programma di occupazione e reddito garantiti, una politica di tassazione mirata al monopolio e alle rendite fondiarie, e un sistema di baby bond per equiparare la ricchezza eliminerebbe l’insicurezza materiale per tutte le persone – neri, bianchi e altri – eliminando così la ragione di esistenza della supremazia bianca.

Queste politiche possono sembrare un azzardo nell’attuale ambiente politico. Ma se il movimento #BlackLivesMatter continua ad aumentare il suo potere politico, può incanalare il sostegno degli americani che già favoriscono una più equa distribuzione della ricchezza in un programma veramente trasformativo. Ci sembra che il movimento elettrizzante che chiude le operazioni di transito e commercio abbia il potere non solo di ottenere più riforme dei diritti civili, ma di trasformare le fondamenta della nostra società. Ha il potere di far sì che le vite dei neri siano trattate come se fossero finalmente, veramente importanti.

Jesse A. MyersonJesse A. Myerson è un organizzatore di comunità dell’Indiana con Hoosier Action.

Mychal Denzel Smith è l’autore del New York Times di Invisible Man, Got the Whole World Watching e candidato al NAACP Image Award 2017.

 

 

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ultimi articoli

Lo squadrismo dei tifosi israeliani e il pogrom immaginario

Violenza ad Amsterdam: i fatti dietro le mistificazioni e le manipolazioni politiche e mediatiche [Gwenaelle Lenoir]

Ferrarotti è morto e forse la sociologia non si sente troppo bene

Vita e opere dell'uomo, morto il 13 novembre a 98 anni, che ha portato la sociologia in Italia sfidando (e battendo) i pregiudizi crociani

Un Acropoli che attraversa una città, recitando

A Genova va in scena, per la quindicesima edizione, il Festival di Teatro Akropolis Testimonianze ricerca azioni

Maya Issa: «Nessun compromesso sulla pelle dei palestinesi»

L'intervento della presidente del Movimento Studenti Palestinesi in Italia all'assemblea nazionale del 9 novembre [Maya Issa]

Come possiamo difenderci nella nuova era Trump

Bill Fletcher, organizzatore sindacale, sostiene che ora “il movimento sindacale deve diventare un movimento antifascista”. [Dave Zirin]