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Né in Ucraina, né a Coltano, né in Kurdistan, né altrove

2 giugno a Coltano, 4 giugno a Roma, due importanti scadenze per la lotta alla guerra e la convergenza dei movimenti [Checchino Antonini*]

La guerra è pervasiva anche sul fronte interno, divora risorse, diritti e territorio. In pratica riscrive i rapporti di forza. La guerra è costituente, come ogni crisi che si rispetti. E lo fa utilizzando parole apparentemente rassicuranti, travestendosi da missione di pace – nei teatri del combattimento – e da rigenerazione urbana sul fronte interno dove pretende di spendere i fondi per la coesione sociale per costruire le sue basi. Ma la guerra incontra il ripudio popolare, a volte strisciante, silenzioso, altre volte esplicito e organizzato. Costituente anch’esso, specie quando non nasce dal nulla e si intreccia con altri percorsi di convergenza. Succede a undici km da Pisa dove le ragioni contro l’invasione russa dell’Ucraina e contro la Nato incrociano le ragioni delle lotte contro le grandi opere. «Riteniamo che la lotta contro la base militare a Coltano, nel pisano, possa e debba essere un momento di allargamento dell’insorgenza e della convergenza perché in quella vicenda convergono tutti i temi centrali nel 25-26 marzo. E perché lì c’è un territorio che può e deve imporre i propri rapporti di forza. Per questo diamo centralità alla mobilitazione che è in discussione il 2 giugno su questo tema», ha scritto il collettivo di fabbrica GKN lanciando il “tenetevi liberi” per la mobilitazione dell’autunno che verrà. «Guerra e inflazione sono in questo momento un prevalente nella vita di milioni di persone e dovranno inevitabilmente caratterizzare i primi passi della campagna “Fuori dall’emergenza, dentro l’urgenza”, dell’Insorgiamo tour e delle prossime piazze», è stato detto a Campi Bisenzio, nell’assemblea che GKN ha ospitato solo due settimane fa.

Per tutti questi motivi ci saremo anche noi tra le centinaia di sigle nazionali della sinistra sociale, politica e sindacale, che il 2 giugno sfileranno in corteo a Coltano (Pisa) contro il progetto di una mega-base militare dei carabinieri sul territorio di Pisa, in un’area pregiatissima dal punto di vista naturalistico su iniziativa del ‘Movimento No base’, animato dalla sinistra toscana, dall’Arci, dal Collettivo di fabbrica GKN e da associazioni indipendenti come il Comitato di difesa di Coltano.

Un appuntamento che tiene insieme le ragioni della pace e dell’ambiente, proprio come fanno da decenni i movimenti contro le grandi opere e le reti internazionaliste e che avrà una sua eco in altre mobilitazioni contemporanee quel giorno in altre città, e una continuazione dopo 48 ore con il corteo a Roma contro la guerra e l’invasione turca del Kurdistan. Saremo anche lì per avanzare nella ricerca di un nuovo internazionalismo all’altezza della situazione.

«Le istituzioni politiche ad ogni livello – scrive in una nota il Movimento No Base per rilanciare la mobilitazione – hanno mentito fin dal primo minuto e oggi ripresentano il progetto della base formalizzando un tavolo istituzionale per spendere 190 milioni di euro di risorse pubbliche e inserendo Coltano come luogo centrale del progetto. Il 2 giugno attraverseremo questo meraviglioso borgo, a lungo dimenticato proprio da quelle istituzioni che oggi vorrebbero ‘rigenerarlo’ regalando all’arma dei carabinieri immobili di pregio, per ribadire con forza il nostro no alla a questa nuova base e alla guerra». La prima riunione del tavolo interistituzionale convocato dal ministero della Difesa è in programma l’8 giugno. I membri del Comitato di difesa di Coltano, invece, hanno annunciato che sfileranno indossando una maglietta arancione con un gufo nero e scandendo slogan dedicati «alla difesa degli edifici storici, del territorio di Coltano e dell’ambiente, con un netto no al consumo del suolo: per rimarcare l’attenzione al Parco, il comitato distribuirà ai partecipanti un breve vademecum ambientalista e chiederà di fare silenzio in alcune zone per non disturbare gli animali».

L’insopportabile hub pisano della guerra

190 milioni di soldi pubblici per una nuova base militare. 73 ettari di territorio, all’interno di un parco naturale, sottratti alla comunità. 440.000 metri cubi cementificati per costruire piste di atterraggio, villette a schiera, piscine, palestre, e altri benefit per i militari del reggimento Tuscania, un incrocio tra l’Arma dei carabinieri e quella dei parà su cui si dovrebbe accendere un focus.

Una nuova base in un territorio «già insopportabilmente militarizzato che sta diventando uno strategico hub della guerra, decisa segretamente nelle stanze istituzionali sempre più lontane dalle nostre esigenze», per utilizzare le parole dei promotori che non si stancano di ripetere: «Questa non è solo la nostra storia, ma è una storia che riguarda tutte e tutti. Non è un’eccezione, ma la regola. La regola di un modello di sviluppo e governo che sistematicamente produce ingiustizie nella nostra Regione, nel nostro paese e nel mondo intero».

Contro questa imposizione il territorio è insorto, e da ogni parte d’Italia è arrivata solidarietà e sostegno. «Perché, pur nelle specificità che ci contraddistinguono, riconosciamo all’opera le stesse dinamiche di oppressione e lo stesso desiderio di liberazione da un sistema che fa della devastazione, della precarietà e della guerra un suo elemento costitutivo. Abbiamo imparato che nessunə si salva da solə, se toccano unə toccano tuttə. Per questo vi chiamiamo a insorgere con noi, a farlo il 2 giugno tuttə insieme, per sentire le nostre voci levarsi insieme, per sentire i nostri passi andare allo stesso ritmo, per guardarci negli occhi e dirci che possiamo farcela se restiamo insieme».

Lega e Pd entusiasti e bugiardi

Importante sottolineare che «Pd, Fi, M5s e Lega conoscevano questo progetto e hanno avallato la scelta del Governo che sostengono di individuare Coltano come luogo per ospitare una grande base militare su un’area di 73 ettari nel parco naturale di San Rossore – spiega Ciccio Auletta, consigliere comunale di Diritti in comune (lista animata da Una città in comune e Prc), Ciccio Auletta, rivolgendosi al ceto politico liberista famelico e guerrafondaio – il progetto è noto a tutti gli enti dal 9 aprile 2021. Quindi è inutile continuare a dire che non ne eravate a conoscenza. Ma è ancora più grave accettare, come avete fatto, che i soldi per finanziare questo insediamento arrivino dal fondo di coesione sociale. Vi porteremo di fronte a tutti i tribunali se utilizzerete quei fondi, che devono essere destinati alla costruzione di scuole, asili e per finanziare azioni di contrasto alla marginalità sociale e alle povertà». Auletta ha poi ricordato che «dalla reazione della comunità è nato un movimento che dice no alla base militare, né a Coltano né altrove, per contrastare l’obiettivo di fare di Pisa la piattaforma logistica di un’economia di guerra: il 2 giugno il movimento No base scriverà una grandissima pagina pacifista e ambientalista di questa città». Il sindaco pisano, il leghista Conti, sembra infatti recitare la commedia dell’ «imposizione dall’alto», mentre il presidente della Regione, Eugenio Giani, renziano rimasto nel Pd, ha promesso «che ora sarà decisiva la concertazione». Ma Conti è chiaro per entrambi «Non era pervenuto alcun progetto ufficiale (…) ma siamo favorevoli a discutere della possibilità di tenere Coltano dentro questo progetto purché si tratti di un intervento complessivo di rigenerazione urbana». E il suo specchio piddino: «Aspettiamo che il tavolo ministeriale si riunisca al più presto per concertare con le comunità locali soluzioni alternative azzerando il progetto iniziale e prevedendo soluzioni che non vedano Pisa refrattaria ideologicamente alle funzioni dei carabinieri a tutela della collettività».

Ciccio Auletta sarà tra gli ospiti che interverranno al convegno di Sinistra Anticapitalista a Chianciano (Dentro un crocevia storico, 24-26 giugno).

Intanto in Kurdistan…

…il 17 aprile lo Stato turco ha lanciato una nuova campagna militare nel Kurdistan meridionale. In questa campagna transfrontaliera illegale le forze armate turche hanno utilizzato artiglieria pesante, aerei da guerra, droni ed elicotteri e il trasporto aereo di forze di terra in elicottero nella regione come parte di un’offensiva di terra parallela. Anche nel Rojava e nella Siria settentrionale e orientale si sono intensificati gli attacchi aerei turchi contro i curdi. Parallelamente l’esercito iracheno ha aumentato massicciamente la sua presenza militare nell’area di insediamento degli yazidi sopravvissuti nel 2014 al genocidio dello Stato Islamico per smantellare la loro amministrazione autonoma e le proprie strutture di autodifesa con la complicità del partito di Barzani il KDP ed il governo centrale iracheno di Mustafa al-Kadhimi.

Attraverso la guerra la Turchia sta cercando di imporre il suo predominio politico e militare fino a Mosul e Kirkuk (ricche di petrolio), e punta a raggiungere i confini del Patto Nazionale (“Misak-ı Milli” ratificato nell’ultimo parlamento ottomano), il sogno di un secolo. Le operazioni in corso non sono solo una guerra al PKK, ma anche un chiaro attacco ai civili nelle regioni del Kurdistan in Turchia, Iraq e Siria.

Ma Ankara è membro chiave della Nato, dunque per la Turchia non valgono le ragioni che hanno indignato i governi occidentali quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Non rischia né condanne, né sanzioni e prova a condizionare l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato alla messa al bando degli esuli kurdi. Si parla di “invasione russa dell’Ucraina” ma solo di “presenza turca in Siria”. «Le stesse pratiche di aggressione costituiscono una guerra in un caso e un’operazione militare in un altro. Gli ucraini sono considerati vittime della guerra, ma nei casi di attacchi ai curdi si parla solo di terroristi e di postazioni del PKK e non delle popolazioni civili», spiega la rete che organizza la manifestazione a Roma con la Comunità curda in Italia.

La rottura dell’isolamento e la libertà di Ocalan, sono una condizione più che mai necessaria per la pace e la soluzione del conflitto.  A Roma proveremo a rompere il silenzio sull’invasione turca del Kurdistan meridionale e chiediamo a tutti i governi e alle organizzazioni internazionali di intraprendere un’azione urgente contro questa violazione del diritto internazionale.

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