L’insurrezione immaginaria. Nove saggi su Valerio Evangelisti, a un anno dalla sua scomparsa [Maurizio Marrone]
Valerio Evangelisti se n’è andato il 18 aprile del 2022. Ormai è un anno. Inutile dire che se ne sente, lacerante, la mancanza e che il vuoto che ha lasciato nel panorama letterario, politico e culturale – non solo italiano – sarà difficile da colmare. Per fortuna ci sono i suoi molti libri da leggere e rileggere e per fortuna Mimesis Edizioni ha di recente pubblicato L’insurrezione immaginaria. Valerio Evangelisti autore militante e teorico della paraletteratura, a cura di Sandro Moiso e Alberto Sebastiani. Il volume raccoglie i saggi di Luca Cangianti, Walter Catalano, Fabio Ciabatti, Domenico Gallo, Paolo Lago, Nico Maccentelli, Sandro Moiso, Franco Pezzini, Alberto Sebastiani e Diego Gabutti. Autori molto diversi tra loro, per età, formazione e provenienza, che di Evangelisti, ognuno a suo modo, sono stati amici e compagni di viaggio e che, insieme a molti altri, gravitano o intorno alla galassia di Carmilla[1].
Purtroppo sappiamo come spesso vengono confezionati i libri collettanei. Ogni autore tira fuori un vecchio scritto dal cassetto, fa un po’ di sano copia/incolla, gli dà una rispolverata ed ecco che il nuovo saggio è pronto per l’occasione. Questi poi sono tutti sodali di Evangelisti. Figuriamoci, sarà la solita compiaciuta commemorazione, un po’ lacrimevole e pacatamente agiografica. E invece no. Questo è un libro, a suo modo, unico e prezioso; e non solo per coloro che hanno già una certa dimestichezza con la produzione letteraria e la storia personale di Evangelisti, ma anche – e forse soprattutto – per chi abbia incontrato solo di sfuggita Eymerich (o uno degli altri indimenticabili personaggi che popolano i suoi trentadue romanzi) o si sia imbattuto per caso in un suo saggio critico. Perché l’affetto che, inevitabilmente, esonda da ogni pagina del libro non è mai stucchevole ed è sempre temperato da un’analisi originale e da un profondo rispetto per “la cosa stessa”. Perché le diverse voci che ne intessono la trama, riescono nell’intento – cosa assai insolita per un volume che raccoglie testi di autori diversi – di restituire in maniera ragionata, coerente e condivisa il senso composito di un’opera che è tutt’uno con la vita stessa del suo autore.
Come dice Sandro Moiso nell’introduzione, infatti, Evangelisti è stato uno scrittore-militante e lo è stato sia dal punto di vista politico che da quello della collocazione dei suoi testi e della sua scrittura. Anzi, è forse la sua scelta nel secondo ambito a farne risaltare ancor più l’aspetto ‘militante’ nel rivendicare sia l’appartenenza che la difesa della letteratura di genere o, per meglio dire con un termine che spesso utilizzava, paraletteratura.
La militanza politica attiva (da Lotta Continua, passando per l’Autonomia Operaia e i centri sociali bolognesi, fino al movimento No Tav) è quindi solo parte di un percorso di lotta e di una visione del pensiero antagonista che, per Evangelisti, individuano nella letteratura di genere, praticata dall’interno, uno dei suoi snodi fondamentali. A questo proposito vale qui la pena di citare un passo dalla postfazione di Alberto Sebastiani:
Decolonizzare l’immaginario, infestato da narrazioni omologate e omologanti, è un’operazione politica e culturale che solo la letteratura può compiere, ed era l’obiettivo come scrittore, saggista e pubblicista di Valerio Evangelisti. Aveva scelto di muoversi nella letteratura popolare, nella paraletteratura […]. È un universo narrativo complesso, d’altronde la letteratura di genere, per Evangelisti, […] deve essere massimalista, affrontare macrotemi[2]. Non è letteratura di consumo, non si tratta di escapismo, ma è lo strumento ideale per introdurre la lotta di classe nel territorio dell’immaginario, che va appunto decolonizzato attraverso la capacità della letteratura di genere di coinvolgere, appassionare ed evocare gli archetipi in grado di intervenire nella coscienza profonda dei lettori.
Ed ecco cosa diceva Evangelisti stesso sulla letteratura di genere in un suo articolo apparso su Carmilla:
[…] Il fatto è che la narrativa popolare, data la stretta simbiosi con i suoi consumatori, è per forza di cose narrativa di opposizione. Se poi ne diventa consapevole, si trasforma in una bomba. […] Il “genere” ha una sua logica distruttiva incoercibile. Distruttiva verso il sistema.[3]
Tuttavia definire Evangelisti uno scrittore di genere è a mio avviso riduttivo. Evangelisti gioca con “i generi”, li manipola dall’interno, li metabolizza, li assimila e ne asseconda la tassonomia con precisione stupefacente e a tratti maniacale. Diceva di lui Alan D. Altieri, citato da Moiso nell’introduzione:
A tutti gli effetti Valerio è uno dei più straordinari narratori europei del nostro tempo. Uomo di incredibile cultura e di stupefacente inventiva, riesce ad amalgamare generi, tematiche e modelli quasi antitetici e a plasmarli in un’unica entità narrativa di perfezione pressoché cartesiana.[4]
Un’unica entità narrativa, quindi, in cui tutto si tiene: fantascienza, western, noir, new weird, fanta-horror, romanzo storico-popolare e romanzo d’avventura. L’inquisitore Eymerich, il pistolero/sciamano Pantera, i pirati dei “Fratelli della costa”, i sindacalisti americani, i rivoluzionari messicani e quelli emiliano-romagnoli, popolano una Wunderkammer dell’immaginario che spazia dal medioevo al XXXIII secolo e che Alberto Sebastiani nella sua imprescindibile monografia[5] su Evangelisti ha definito one big novel, un unico grande romanzo. Ovviamente non è questa la sede per tentare di fornire al lettore una mappa che lo aiuti ad orientarsi nel dedalo di questo straordinario universo narrativo; a questo ci hanno pensato gli autori del libro che qui si sta recensendo e il risultato chiama un solo commento: chapeau. Può essere utile invece citare una frase folgorante di Evangelisti che è stata posta in esergo all’introduzione del volume:” Di solito chi mi denigra mi denigra come autore poco complesso. Temo di essere tra i più complessi che esistano però lo scopriranno dopo che sarò morto[6]”. Valerio nel frattempo se n’è andato e la scoperta temo sia ancora di là da venire. Ma questo ovviamente è riferito solo ai critici poco accorti, perché molti dei suoi lettori e dei suoi estimatori erano e sono ben consci di quanto la “complessità” sia forse la cifra estrema e inaggirabile di tutta la sua produzione letteraria. Ed è sulle tracce di tale complessità, ognuno in equilibrio tra le proprie passioni e “la cosa stessa”, che si muovono tutti gli autori di questo libro. Ognuno dei saggi proposti meriterebbe una recensione approfondita, per cui mi limiterò semplicemente – e me ne scuso sin d’ora con gli autori – ad enunciarne i principali nuclei tematici.
Luca Cangianti (Il Valore delle battaglie perse) istituisce un interessante legame funzionale tra l’operaismo militante di Evangelisti, il suo lavoro di storico (nonché il suo amore dichiarato per una certa sinistra eretica e un po’ cialtrona, fatta di anarchici, di autonomi, di situazionisti, di socialrivoluzionari ecc.) e il suo ricorrente raccontarci di battaglie perdute che, nonostante la sconfitta annunciata, valeva comunque la pena di combattere; perché – secondo lo scrittore bolognese – già la battaglia è liberazione.
Walter Catalano (RACHE versus Euroforce. Presente espanso e distopia nel Ciclo dell’Inquisitore Eymerich) ci porta dentro uno degli archi temporali – il presente espanso – che si alternano nel ciclo di Eymerich e lo mette a confronto con la tradizione del romanzo distopico. È quello che Sebastiani chiama il “tempo 1”, tra il XX e il XXI secolo, nel quale la lotta per il potere si consuma tra due forze della reazione uguali e contrarie: la nazional-bolscevica RACHE e l’iper-capitalista Euroforce.
Fabio Ciabatti (Eymerich e l’ombra dell’eroe. Un viaggio che inquieta e non consola) mette in evidenza il conflitto profondo e mai del tutto risolto che anima la psiche dell’inquisitore catalano e lo pone in relazione con il profilo dell’eroe tracciato prima da Joseph Campbell[7] e poi dal celebre manuale di sceneggiatura di Christopher Vogler[8]. Per Ciabatti, tuttavia, Eymerich rappresenta in primis l’Ombra dell’eroe, il suo lato oscuro che è destinato a distruggere il suo lato luminoso, perché, come diceva Evangelisti “per guidare la resistenza contro la colonizzazione dell’immaginario è necessaria una narrativa che inquieti e non consoli”.
Domenico Gallo (La battaglia del mito e della scienza. Valerio Evangelisti e la fantascienza come pratica radicale) torna su Eymerich ma lo fa a partire da un’ampia ricognizione sulla fantascienza italiana (a partire dagli anni 60), ponendo l’accento sulla lotta che Valerio Evangelisti, nella duplice veste di scrittore e critico militante, ha sempre portato avanti per contrastare l’egemonia del “fantastico nero” di matrice fascista.
Paolo Lago (Tortuga: “Le navi pirata come territorio dell’immaginario”) si concentra sulla trilogia dei pirati a partire dalla nozione di eterotopia introdotta da Foucault. Le navi dei “Fratelli della costa” rappresentano l’eterotopia per eccellenza e si trasformano, quindi, in un vero e proprio spazio di sogno, un luogo in cui si può dischiudere un immaginario libero e liberato. E al tempo stesso sono crudeli strumenti di guerra, veri e propri inferni in cui il sangue scorre a fiumi e dove gli schiavi vengono stipati senza pietà.
Nico Maccentelli (Carmilla non è Dracula) si sofferma sulle vicende legate a Carmilla, la già citata rivista di cui Evangelisti è stato direttore responsabile per quasi trent’anni. Il saggio è contrappuntato da toccanti ricordi personali attraverso i quali si delinea la natura “collettiva” di quel progetto e il nesso strutturale (Maccentelli dice teleologico) che lega Carmilla e la produzione letteraria del suo fondatore.
Sandro Moiso (Il Magister e il Capitano. Sogno e immaginario guerrigliero) torna sull’idea di fondo che anima l’intera opera di Evangelisti: per rovesciare il modello sociale dominante, la lotta deve svolgersi anche – se non soprattutto – sul piano dell’immaginario. Attraverso una commovente operazione di sottrazione in forza della quale a parlare è molto spesso Evangelisti stesso, Moiso rende però esplicito un debito fondativo che più volte lo scrittore aveva manifestato nei confronti di uno dei padri della letteratura popolare, vale a dire Emilio Salgari.
Franco Pezzini (L’inquisitore e gli stregoni) attraverso una dotta e circostanziata rassegna di opere letterarie e cinematografiche ricostruisce la genesi della figura di Eymerich a partire dal gotico britannico e dall’uso ricorsivo, nella letteratura prima e nel cinema poi, di figure legate all’incedere odioso dell’inquisizione. L’universo narrativo di Evangelisti mette in scena una lotta perenne tra l’inquisitore e maghi e stregoni di varia provenienza sul cui sfondo, quasi sottaciuta, agisce come una trama nascosta, la sua straordinaria erudizione.
Alberto Sebastiani (Ride bene chi ride ultimo), attraverso una serie di esempi molto dettagliati, mette in evidenza come, al contrario di quello che si potrebbe pensare, le componenti ironiche, comiche e umoristiche della scrittura di Evangelisti siano tutt’altro che inessenziali e svolgano una funzione narrativa ben precisa nell’economia di molti dei suoi scritti.
Gioacchino Toni (“Emiliano per parte di padre, romagnolo per parte di madre”. Storie dell’Emilia Romagna ribelle) analizza i molti scritti che, su Carmilla online”, Evangelisti ha dedicato allo spirito anarchico, socialista e ribelle della sua Emilia Romagna, a partire dalle effervescenze repubblicane di fine ottocento fino ai movimenti di protesta bolognesi della fine degli anni settanta del secolo passato.
Diego Gabutti infine (Leggende di grandi inquisitori), in una breve appendice che chiude il volume, citando una serie di figure che vanno dagli ayatollah iraniani ai giudici del Processo di Kafka – passando ovviamente per Eymerich – ribadisce come per Evangelisti, sia nella realtà che nella fiction, la battaglia si gioca sempre tra un Eterno Inquisito e un Inquisitore Eterno e come, per provare a vincere la battaglia, sia sempre necessario immaginare un mondo diverso.
Data questa breve e insufficiente sinossi, che in alcun modo rende giustizia alla “complessità” citata poc’anzi, che invece è pienamente rispettata sia in ciascuno dei saggi citati, che nell’articolazione complessiva del volume, una cosa rimane da dire: giunti alla fine di questo viaggio all’interno dello straordinario campionario di mondi possibili che Evangelisti ha immaginato per i suoi lettori e che ci viene mirabilmente restituito dagli autori del libro, ci si rende conto di aver respirato, pagina dopo pagina, un profondo senso di comunità. Vien fatto di immaginarli che discutono, anziché su una piattaforma digitale, dentro un’osteria, con un mazzo di carte pronto e il quartino sul tavolo. Una festa del pensiero condiviso che tanto sarebbe piaciuta a Valerio, il quale, parlando delle formazioni partigiane una volta scrisse che “la festa era l’essenza stessa della Liberazione”.
[1] “Carmilla. Letteratura immaginario e cultura di opposizione” è una rivista di cui Valerio Evangelisti è stato fondatore nonché direttore responsabile fino al giorno della sua morte. Il primo numero cartaceo uscì nell’estate del 1995. Nel 2003 la rivista è poi migrata sul web. Per avere un panorama completo delle vicende umane, politiche e culturali legate a Carmilla si veda il saggio di Nico Maccentelli, Carmilla non è Dracula, Ibid. pp. 103-118.
[2] Cfr. V. Evangelisti, Le strade di Alphaville. Conflitto, immaginario e stili nella paraletteratura, a cura di A. Sebastiani, Odoya, Città di Castello 2022.
[3] V. Evangelisti, In difesa della sottoletteratura, in “Carmilla”, n.s., n. 2, 1998; ora con il titolo Apologia della sottoletteratura, in V. Evangelisti Le strade di Alphaville, a cura di A. Sebastiani, Odoya, Città di Castello 2022, pp. 68- 70.
[4] Cfr. A.D. Altieri, Introduzione a V. Evangelisti, I fratelli della costa, in A.D. Altieri (a cura di), Anime nere, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2007
[5] Cfr. Alberto Sebastiani, Nicholas Eymerich, il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti, Odoya, Bologna 2018
[6] Intervista rilasciata a Elisabetta Carraro il 5 dicembre 2012, in E. Carraro, Valerio Evangelisti, il ciclo di Eymerich e il romanzo dell’inconscio, tesi di Laurea in Filologia e letteratura italiana, Università Ca’ Foscari, Venezia, relatore prof. Alessandro Cinquegrani, a.a. 2013/2014, p. 110.
[7] Cfr. J. Campbell, L’eroe dai mille volti, Lindau, Torino 2012.
[8] Cfr. C. Vogler, Il viaggio dell’eroe, Dino Audino, Roma 2005.