Vincono i mercati: il governo inserisce una norma per sgonfiare la portata della tassa sui superprofitti bancari. Era solo pubblicità
La tassa una-tantum sulle banche italiane, presentata a sorpresa l’8 agosto, si sta trasformando in una farsa. Mercoledì 9 agosto, il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano ha rilasciato un comunicato in cui annunciava nuovi limiti per questa tassa eccezionale. “Al fine di salvaguardare la stabilità delle banche, il provvedimento prevede un’aliquota massima dello 0,1% del totale delle attività”, afferma il Ministero. Questo limite si aggiunge a quello esistente del 25% sul patrimonio netto.
Questa soglia non è insignificante: secondo l’agenzia di analisi finanziaria Jefferies & Equita, citata dal Financial Times, dividerebbe i proventi di questa tassa per più della metà. L’agenzia aveva previsto che nella versione iniziale si sarebbero raccolti 4,5 miliardi di euro (il governo italiano si aspettava solo 2 miliardi), ma stima che la nuova versione frutterà 1,8 miliardi di euro.
Se a una prima lettura era sembrato già che fosse scritta male e che avrebbe provocato ricorsi a cascata, ora sembra solo una mossa di populismo balneare di Salvini e Meloni per rosicchiare terreno alle opposizioni, dopo il calo di consensi per la brutalità dell’abolizione del reddito di cittadinanza e la questione del salario minimo (venerdì 11 agosto ci sarà un vertice governo-opposizioni sul tema), e che comunque il gettito non sarebbe stato destinato a finanziare servizi ma solo a ristorare chi ha contratto mutui. Il quadro si chiarisce ulteriormente quando nella norma è stata inserita una clausola per cui il prelievo complessivo a carico delle banche non dovrà superare lo 0,1% del totale degli attivi che secondo Banca d’Italia ammontano a 3200 miliardi, ben poca cosa e con buona pace di Pd e M5S che si sono sgolati a dire che era una pensata loro.
Dopo aver tentato un’acrobazia politica, il governo di destra cerca di rimediare cercando di riconciliarsi con il mondo degli affari. Nulla di tutto ciò è molto serio, naturalmente, e il futuro della tassa sui super-profitti sembra oscuro. Già meno ambiziosa al momento del suo annuncio rispetto all’equivalente spagnolo, ora è stata ridotta a una mera inezia proprio mentre lo stesso governo riconosce nel testo che la riforma fiscale creerà problemi dovuti al calo delle entrate. Questo è il destino di questo tipo di misure quando vengono adottate dalla destra e dall’estrema destra di fronte alla pressione dei mercati.
L’imposta si applicherà ai margini di interesse netti eccessivi (la differenza tra gli interessi ricevuti e quelli pagati) realizzati dalle banche nel 2022 e nel 2023. Ad essere tassato al 40% sarà quindi il margine che supera del 5% quello del 2022 nel 2023 e quello che supera del 10% quello del 2021 nel 2022. Il tutto entro il limite dello 0,1% degli attivi bancari.
Sintetizzando, è successo che la BCE ha aumentato i tassi di interesse sui soldi che presta alle altre banche per arginare l’inflazione e di conseguenza le banche hanno aumentato i tassi di interesse sui soldi che prestano, sui mutui a tasso variabile e sui nuovi mutui, ma non hanno alzato altrettanto i tassi di interesse che corrispondono ai propri clienti per i soldi nei conti corrente o i depositi. L’aumento di questo scarto – il margine di interesse – ha prodotto gli “extraprofitti”.
Il chiarimento del Ministero arriva dopo una giornata turbolenta alla Borsa di Milano per le cinque principali banche italiane, le cui azioni hanno perso tra il 6 e il 10% del loro valore in una sola seduta martedì. La reazione del mercato ha scatenato il panico nel governo di Giorgia Meloni. Logicamente, questo mini-crollo del mercato azionario ha dato nuova linfa al partito più contrario alla tassa, composto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dal classico partito di destra neoliberista Forza Italia, fondato da Silvio Berlusconi.
Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti era assente martedì alla conferenza stampa di presentazione della tassa. Ma mercoledì è uscito allo scoperto per annunciare la “buona” notizia alle banche. E questo limite potrebbe essere solo l’inizio, visto che il capogruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati, Paolo Baretti, ha fatto sapere di voler presentare in Parlamento degli emendamenti su questa tassa durante la discussione del bilancio. E Antonio Tajani, il leader del partito che martedì cercava di convincere i cittadini di essere a favore della tassa, ora parla di cercare un testo “più equilibrato”. Insomma, la pressione del mercato azionario sul governo e sulla maggioranza sta già avendo effetto. Infatti, a mezzogiorno di mercoledì, i titoli bancari stavano rimbalzando di circa il 3% a Milano.
Questi colpi di scena dimostrano che il provvedimento è stato preso in fretta e furia e sicuramente per motivi di immagine. La reazione del mercato azionario ha fatto fare marcia indietro alla maggioranza, in un Paese in cui il settore bancario è da tempo il tallone d’Achille dell’economia. Ricordiamo in particolare la lunga crisi del Monte dei Paschi di Siena, tra il 2014 e il 2018. Ma la situazione è notevolmente cambiata. Questa tassa non era in alcun modo in grado di “indebolire” un settore che ha realizzato, secondo un’analisi del Sole 24 Ore sulle sei principali banche italiane (Intesa San Paolo, UniCredit, Mediobanca, Banco BPM, BPER e Mps), profitti più alti del 60% nel primo semestre del 2023 rispetto allo stesso periodo di un anno fa, un aumento pari a 11 miliardi di euro. E già il ’22 il sistema bancario italiano ha registrato utili più alti del 55 per cento rispetto all’anno prima.