L’ambasciatore israeliano al Palazzo di vetro distrugge la Carta Onu con un tritadocumenti. Si tritano documenti e vite [CN]
«L'”inferno”: Gaza distrutta», così titolano giovedì 27 giugno le U.N. News. Oltre alla difficoltà di entrare a Gaza, le squadre di soccorso devono ora affrontare la schiacciante consapevolezza che, con la carenza di carburante e la diminuzione delle forniture, c’è un limite a ciò che possono fare per aiutare tutti i bisognosi.
Secondo l’Ufficio di coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite (OCHA), dall’inizio del 2024, solo il 14% del carburante (diesel e benzina) che entrava a Gaza su base mensile prima dell’ottobre 2023, è stato fatto entrare nell’enclave (due milioni di litri rispetto ai 14 milioni).
Louise Wateridge, responsabile delle comunicazioni per la United Nations Refugees World Organisation (UNRWA), l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, così dichiara al giornalista Daniel Johnson, in servizio come Public Information Officer per l’ United Nations Information Service (UNIS), il servizio di informazione delle Nazioni Unite: “Non abbiamo carburante e quindi non possiamo andare da nessuna parte – tutti gli operatori umanitari (…) per l’UNRWA, ci sono piani per distribuire ciò che abbiamo – cibo e materassi – ma è molto limitato. È un’altra prova di quanto sia grave la situazione per la risposta umanitaria, quando non abbiamo nemmeno abbastanza carburante per muoverci”.
La penuria di carburante rende difficillissimo anche il lavoro dei medici: oltre 10.000 pazienti hanno ancora bisogno di evacuazioni per essere curati, molti di loro sono malato malati di cancro, di cui il 10% bambini.
“Chiediamo evacuazioni mediche sostenute e un processo sicuro, tempestivo, trasparente e organizzato. Questi pazienti hanno urgentemente bisogno di cure specialistiche salvavita che non possono ricevere a Gaza” scrive in un tweet Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore della World Health Organization, “accogliamo con favore l’evacuazione di ieri (26 giugno) di 21 pazienti, tutti bambini affetti da cancro, fuori da Gaza. È la prima dalla chiusura del valico di Rafah il 7 maggio. Facciamo appello per facilitare l’evacuazione medica attraverso tutte le vie possibili, comprese Rafah e Karem Shalom, verso l’Egitto, la Cisgiordania, Gerusalemme Est e da lì verso altri Paesi, se necessario”.
Così Wateridge descrive il suo arrivo nell’inferno della Striscia: “Si sentono bombardamenti dal nord, dal centro e dal sud (…) Gaza ora è davvero l’inferno sulla terra, fa molto caldo (…) La spazzatura si accumula ovunque, la gente vive sotto teli di plastica dove le temperature salgono vertiginosamente”.
La scena desolante si è ripetuta durante il viaggio dell’operatrice umanitaria verso nord, fino al centro di Gaza, dove ora si trova. Gusci di case vuote come rifugi: “L’attraversamento di Khan Younis è stato scioccante: non ci andavo da prima dell’invasione di Rafah del 6 maggio ed era una città fantasma perché tutto era distrutto (…) ora, ci sono molte, molte famiglie che vivono all’interno di questi edifici scheletrici distrutti. Le coperte o i teli di plastica sono stati messi dove i muri sono stati spazzati via”.
L’operatrice dell’UNRWA ha confermato le notizie di un crollo dell’ordine pubblico dopo quasi nove mesi di intensi bombardamenti israeliani che hanno sconvolto la vita normale a Gaza e hanno portato la gente a fermare i camion degli aiuti in cerca di cibo una volta entrati a Gaza attraverso Kerem Shalom: “Quando siamo arrivati la strada era piena di saccheggiatori. Siamo arrivati nello stesso momento di alcuni camion di aiuti, e quindi c’erano centinaia di uomini armati che aspettavano il loro arrivo. I camion che abbiamo incrociato lungo la strada erano molto distrutti: parabrezza completamente in frantumi, tutti con barre di metallo che rinforzavano l’area del conducente. Sembrava una situazione di totale assenza di legge”.
E gli attacchi israeliani non hanno risparmiato neppure gli edifici delle Nazioni Unite nella Striscia di Gaza, lungo il percorso da Kerem Shalom a Khan Younis, Deir al Balah e oltre, alcune strutture dell’ ONU appaiono bucherellate dai bombardamenti e altre sventrate, aperte alle intemperie: “Ogni singola struttura dell’UNWRA – scuola, magazzino, distribuzione di cibo, eccetera – è stata significativamente danneggiata o addirittura distrutta. Fori di proiettile, pareti spazzate via, pavimenti crollati come frittelle l’uno sull’altro: non si direbbe che si tratta di strutture dell’ONU protette dal diritto internazionale”.
I bombardamenti israeliani su Gaza hanno preso di mira oltre 180 di queste strutture protette, uccidendo almeno 400 persone che si rifugiavano sotto la bandiera delle Nazioni Unite.
E mentre il diritto internazionale ancora una volta va in macerie, l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite distrugge la Carta Onu con un tritadocumenti, dopo che il 27, con 143 voti a favore, 25 astenuti (Italia compresa), Usa e altri otto contrari, è stata approvata la risoluzione, presentata dal gruppo arabo, che chiede l’adesione della Palestina come Stato membro a pieno titolo, e invita tutti i Paesi che non hanno ancora preso la decisione di riconoscere lo Stato palestinese.
Si tritano documenti e vite.