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Una cinepresa puntata sulle banlieue in rivolta

La guerra civile che avanza. L’arte per leggere le eterotopie delle banlieu parigine [Luca Cangianti]

Tre giovani amici si muovono nella loro città come fosse un territorio nemico, tre poliziotti vessano un’intera comunità, un gruppo di giovani assaltano un commissariato. Sono gli spunti narrativi di tre film francesi, ma anche l’esemplificazione della guerra civile che avanza. Per capirla e prepararci ad affrontarla possiamo rivolgerci ai dati sociodemografici, alla strumentazione offerta dalle scienze sociali e dalla teoria critica, oppure affidarci all’arte, cioè, nel caso specifico, al cinema.

È questa l’operazione svolta da Paolo Lago e Gioacchino Toni, entrambi redattori della rivista letteraria “Carmilla”, nel loro ultimo libro Spazi Contesi. Il saggio affronta la rappresentazione della periferia francese, la banlieue, utilizzando tre film L’Odio (La Haine, 1995) di Mathieu Kassovitz, I Miserabili (Les Misérables, 2019) di Ladj Ly e Athena (2022) di Romain Gavras. Grazie a queste narrazioni si approfondiscono i rapporti tra centro e periferia, e le strutture di potere che intrappolano gli abitanti marginalizzati rendendogli la vita impossibile. Tali strutture sono dotate di conformazioni spaziali e infatti nello studio troviamo molti riferimenti alle teorie sull’ambiente urbano di Henri Lefebvre e a quelle di Michel Foucault, Gilles Deleuze e Félix Guattari. A questi due ultimi pensatori è dovuta infatti la divisione dello spazio in “liscio” e “striato”, mentre a Foucault si deve il concetto di “eterotopia” come uno spazio separato dal contesto quotidiano, come «contestazione al contempo mitica e reale dello spazio in cui viviamo».

Paolo Lago-Gioacchino Toni
Spazi contesi. Cinema e banlieue. L’odio, I Miserabili, Athena
Milieu, 2024, € 16,90

Da questo punto di vista gli autori sostengono quindi che «i complessi residenziali delle banlieue si prestano a essere analizzati come eterotopie, veri e propri spazi separati dalla città. In questi luoghi strutturati secondo le regole del controllo reticolare, si sono nel tempo sedimentate sia forme di governance che di resistenza non pianificate. Lo spazio “striato”, segnato da canalizzazioni e percorsi obbligati dalle architetture pensate per controllare le periferie, ha dovuto fare i conti con continue infrazioni all’ordine pianificato sedimentando nel tempo nuove forme di disciplinamento spaziale e sociale ma anche spiragli di alterità nei confronti delle vecchie e delle nuove modalità di controllo. Saranno, come vedremo, soprattutto le componenti più giovani che abitano le periferie a palesare un’insofferenza che si manifesta tanto nei confronti del particolare tipo di ordine che vige nelle banlieue, quanto nei confronti del potere e dello spazio della città che li respinge. I film analizzati mostrano come contro entrambi questi tipi di disciplinamento i banlieusard più giovani sferrino il loro attacco frontale senza pensare al domani, condannati come sono a una guerra civile che vivono come un presente dilatato privo di sviluppi.»

Per questo motivo i giovani abitanti delle periferie si configurano come “nuovi barbari” oppure, secondo la definizione di Deleuze e Guattari, come una vera e propria “macchina da guerra nomade”, proveniente dal liscio deserto della periferia e lanciata contro lo “spazio striato” della città.

Queste considerazioni hanno quindi risvolti politici fondamentali – come fra l’altro sottolineano i contributi di Sandro Moiso e Emilio Quadrelli pubblicati in appendice. Mentre la lotta di classe ottocentesca e novecentesca si svolgeva principalmente nei centri urbani dove sorgevano gli impianti produttivi, oggi, dopo le ristrutturazioni tecnologiche iniziate negli anni ’80 dello scorso secolo e la successiva frantumazione etnica e spaziale del lavoro, il conflitto assume forme direttamente neocoloniali. Le città sono ridotte a patchwork di ghetti dove vigono dinamiche claniche, mostrificanti ed escludenti.

Chi desidera un mondo leggermente migliore di quello che abbiamo di fronte dovrà apprendere a leggere negli occhi del “mostro” lo scintillio della speranza e del desiderio di riscatto.

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