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Cattivissimo me 4 mostra la corda

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Un seguito incoerente e poco riuscito quello che vede il ritorno alla regia di Renaud ma che vale comunque il prezzo del biglietto e preannuncia incassi record

Un sequel riuscito, coerente, ricco di inventiva ed evoluzioni acrobatiche mozzafiato. Questo dicevano le critiche all’uscita di Cattivissimo me 3. Sette anni dopo, la musica è tutt’altra. Speculare all’ultimo nato della serie. Cattivissimo me 4, in uscita nelle sale italiane oggi, non è esattamente il capolavoro che ci si poteva attendere dal ritorno alla regia di Chris Renaud, l’ideatore della saga iniziata cinque lustri fa, oltre che del primo episodio della serie interamente dedicato ai Minions. Di fatto, l’unico episodio a non aver visto la firma del regista e produttore statunitense nato a Baltimora 58 anni fa è stato il terzo, uscito nelle sale nel 2017 per la regia di Pierre Coffin, che ha messo mano e voce in tutti gli altri. E la sua assenza si nota, eccome.

Ma il film d’animazione divenuto ormai di culto non ne risente più di tanto, a livello di cassa. Dopo poche settimane il film, uscito nelle sale Usa ai primi di luglio, sfiora i 400 milioni di dollari d’incassi – il primo della serie ne aveva totalizzati oltre 500 per l’intera durata della programmazione – avviandosi a bissare il successo del precedente che ha superato il miliardo, collocandosi al decimo posto tra i film d’animazione più remunerativi di tutti i tempi. Anche la prima italiana del 7 agosto non era andata male a livello d’entrate, con oltre 155mila spettatori paganti nel fine settimana e più di un milione di euro.

Non che il neonato Cattivissimo non meriti il prezzo del biglietto, tutt’altro: i mitici Minions continuano a far ridere con il loro bislacco esperanto e le loro stramberie, qualche personaggio secondario appare degno della saga famigliare, ma Cattivissimo me 4 appare un po’ giù di corda, un po’ troppo posticcio per dare una sferzata alla serie, soldini a parte. Di nuovo c’è il pargoletto della coppia, nato da Gru e Lucy, che vede il padre come il fumo negli occhi. C’è l’ennesimo supercattivo che tenta di fare la pelle a tutta la famiglia, messa sotto copertura, grazie a una superarma mutuata dalla pulsione per gli scarafaggi. C’è un’adolescente smaniosa e spocchiosa, Poppy, che scoprendo l’identità segreta di Gru lo ricatta coinvolgendolo in un colpo nella vecchia scuola dei supercattivi. Poi ci sono le citazioni ai fantastici quattro (anzi cinque) e le autocitazioni, con tutta la banda dei cattivi nell’incoerente balletto carcerario finale. Troppa roba per dire qualcosa di nuovo.

Forse la cosa che funziona di meno, però, è quanto detto all’inizio: l’incoerenza del sequel col capitolo precedente e della storia in sé. Chi si attendeva un vero seguito rispetto a Cattivissimo 3, con la caccia al fratellone cattivo datosi alla fuga con tutta la banda dei Minions, troppo puri per restare al servizio del bene e della Lega anticattivi, resta deluso: di Dru non c’è traccia, se non un’amena comparsata finale, come il sottostimato dottor Nefario. La cosa può non essere casuale, ma aprire la strada al quinto capitolo della serie. Neanche a livello musicale l’ultimo nato in casa Illumination convince più di tanto: appare sottotono, non lascia il segno. Insomma, troppa America e poca Francia, aridatece Coffin e le sue animazioni, anche se il pubblico dei piccoli come dei grandi amerà il neonato Cattivissimo 4 come e più degli altri. C’è da giurarci.

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Giornalista e scrittore, è nato il primo novembre 1963 a Poggio Mirteto, in Sabina, e vive a Roma. Dopo l’alberghiero a Rieti e la leva come ufficiale di complemento a Firenze, si è laureato in scienze politiche alla Sapienza di Roma (Comunismo e titoismo, con Pietro Scoppola, 1994) e si è specializzato in scienze della comunicazione (Il consenso videocratico: masse, media e potere nella transizione dalla partitocrazia alla telecrazia, con Mario Morcellini, 1996). Ha scritto su Paese Sera, il Manifesto, Diario, Medioevo, Archeo, Ragionamenti di Storia (dove ha provato, grazie a documenti inediti, l’uso dei gas da parte dell’esercito italiano nella guerra d’Etiopia). Ha ideato e diretto il mensile Cittànova (1996-97). È stato caporedattore dei periodici d’arte Inside Art e Sofà (2004-2014). È opinionista sul quotidiano Metro e su Agi. Ha pubblicato il Dito sulla piaga. Togliatti e il Pci nella rottura fra Stalin e Tito, 1944-1957, Mursia, 2008. Con questa casa editrice è uscito il romanzo fantastorico Cenere (2010), primo di una trilogia sul mito. Sito www.mauriziozuccari.net.
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