Un rapporto rivela che ce n’è troppo e in ogni scatoletta perché la “soglia accettabile” la impone la lobby della pesca
Mercurio in ogni scatoletta di tonno: il responso dell’indagine su 150 scatolette, provenienti da cinque paesi UE è allarmante. La ricerca è firmata da Bloom Association, organizzazione no-profit fondata nel 2005 che porta avanti studi indipendenti e valutazioni che mettono in luce questioni cruciali e non affrontate, come i meccanismi di finanziamento del settore della pesca.
Il mercurio è considerato dall’OMS una delle dieci sostanze chimiche più preoccupanti per la salute pubblica a livello mondiale, al pari dell’amianto e dell’arsenico. Dopo 18 mesi di indagini, il rapporto esclusivo rivela come, a partire dagli anni ’70, le autorità pubbliche e la potente lobby ittica abbiano scelto consapevolmente di favorire gli interessi economici della pesca industriale del tonno a scapito della salute di centinaia di milioni di consumatori in Europa. Un cinico lobbismo che ha prodotto la definizione di una soglia “accettabile” di mercurio, nel regolamento emanato dalla Commissione Europea, tre volte superiore per il tonno rispetto a quella di altre specie ittiche come il merluzzo, «senza che vi fosse la minima giustificazione sanitaria per una soglia diversa», sottolinea il rapporto.
Come è stata fissata la soglia
«La nostra indagine rivela che i limiti di mercurio sono stati fissati in modo tale da garantire la vendita della maggior parte delle specie», spiega Julie Guterman, biologa, ingegnere e autrice principale del rapporto, intervistata dal sito d’inchiesta francese Mediapart (la Francia è tra i maggiori mercati Ue del tonno). Dunque, la soglia di pericolo non è stata fissata per proteggere la salute umana, ma solo per tutelare gli interessi finanziari dell’industria del tonno. Le soglie, fissate dalle autorità pubbliche in complicità con la lobby del tonno stanno quindi generando una contaminazione diffusa delle popolazioni, con conseguenze potenzialmente gravi per la salute.
Di mercurio l’oceano è pieno e si accumula nel pesce nella sua forma più tossica, il metilmercurio. «Il tonno, in quanto predatore all’apice della catena alimentare, accumula metalli pesanti dalle sue prede, con il risultato di decuplicare la contaminazione da mercurio rispetto alle specie più piccole. Le emissioni di mercurio sono aumentate drasticamente negli ultimi due secoli. E più mercurio emettiamo, più ne troviamo nell’oceano – dice ancora Guterman – una volta nell’oceano, entra nella catena alimentare venendo assorbito dal plancton, che viene poi mangiato da piccoli pesci, che a loro volta vengono mangiati da altri pesci, e si accumula man mano che si sale nella catena alimentare: questo è ciò che chiamiamo biomagnificazione. Quando si arriva ai pesci di punta, come il tonno e lo squalo, le concentrazioni di mercurio sono molte volte superiori a quelle dei pesci piccoli».
L’Italia tra i grandi consumatori
Il tonno è il pesce più venduto in Europa e l’Italia è seconda per produzione e consumo di tonno in scatola, con una produzione nazionale di oltre 77.400 tonnellate e un consumo di 2,55 kg pro capite nel 2022 con una penetrazione nelle famiglie del 96%, viene consumato almeno una volta a settimana dal 57% dei consumatori (fonte: Indagine Doxa – Ancit 2023).
L’ingestione regolare di metilmercurio – anche in piccole quantità – rappresenta un grave pericolo per la salute, in particolare (ma non solo) per lo sviluppo cerebrale di feti e bambini piccoli.
Bloom ha selezionato a caso 148 lattine provenienti da cinque Paesi europei (Germania, Inghilterra, Spagna, Francia e Italia) e le ha fatte analizzare da un laboratorio indipendente: il 100% delle lattine è risultato contaminato da mercurio. Più della metà (57%) delle lattine analizzate superava il limite massimo di mercurio più severo per i pesci (0,3 mg/kg). “Maglia nera” una lattina di Petit Navire acquistata in un negozio Carrefour City di Parigi (non sono citate altre marche nel rapporto ma solo tipologie di pesce) che presentava un livello record di 3,9 mg/kg, ossia 13 volte superiore al livello per le specie soggette allo standard più restrittivo di 0,3 mg/kg. Tutte le lattine che superano livello 0,3 dovrebbero essere bandite dalla vendita. Ma non è così.
Il dettaglio di tutti i documenti ufficiali degli organismi internazionali responsabili degli standard sanitari relativi al mercurio (comitato congiunto FAO-OMS, Commissione Europea, Ministero dell’Agricoltura) dimostra che le autorità UE hanno scelto un approccio completamente in contrasto con il loro dovere di proteggere la salute pubblica partendo dall’effettiva contaminazione per stabilire una soglia che garantisca la commercializzazione del 95% di essi. «Far credere che il consumo di tonno sia sicuro dal punto di vista della salute è una bugia imperdonabile dalle conseguenze drammatiche», dichiarano i curatori del rapporto prendendo in esame anche decenni di definizione di standard da parte di FAO e OMS. Grazie allo studio di numerosi documenti, Bloom ha potuto determinare che diversi membri del Comitato congiunto di esperti FAO-OMS sugli additivi alimentari (JECFA), che dovrebbe garantire la sicurezza alimentare, sono coinvolti in conflitti di interesse.
Quel comitato segreto
Anche il Codex Alimentarius, lanciato nel 1963 dalla FAO e dall’OMS per definire gli standard alimentari internazionali, è sotto l’influenza della lobby del tonno. Il gruppo responsabile del monitoraggio dei contaminanti alimentari, il Comitato del Codex sugli additivi e i contaminanti alimentari (CCCF), è guidato dai Paesi Bassi, uno dei principali player della pesca industriale. Inoltre, i giganti del tonno sono regolarmente rappresentati direttamente nelle delegazioni nazionali che partecipano alle riunioni del CCCF, a differenza delle ONG.
Uno dei protagonisti dello scandalo sanitario rivelato dal rapporto Bloom è un’istituzione ancora poco conosciuta dal grande pubblico: lo SCoPAFF, il Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi. Uno dei compiti di questo comitato è quello di definire i livelli massimi di contaminanti autorizzati nei prodotti alimentari. Composto da rappresentanti degli Stati membri dell’UE, opera in totale segretezza: la Commissione europea si rifiuta di rivelare l’identità dei suoi membri, i risultati delle loro votazioni o il contenuto dettagliato delle loro discussioni. Questa mancanza di trasparenza riguarda anche i gruppi di lavoro dei consulenti dello SCoPAFF. Anche in questo caso, i verbali delle riunioni e i documenti di riferimento non vengono divulgati. Si tratta di una scelta della Commissione, che non dà accesso ai documenti nemmeno quando riceve una richiesta ufficiale di trasparenza.
Il Parlamento europeo, che è tenuto fuori dalle discussioni e dalle decisioni sugli standard sanitari degli alimenti, sta cercando da anni di recuperare un po’ di controllo sulle scelte fatte dallo SCoPAFF, senza successo.
Contrariamente alla vigilanza che una simile questione sanitaria dovrebbe richiedere, non esiste praticamente alcun controllo sulla catena di produzione e commercializzazione del tonno. Alle Seychelles, centro nevralgico della pesca del tonno per il mercato europeo, le autorità sanitarie non fanno altro che effettuare una dozzina di test all’anno per garantire la conformità di milioni di chili di tonno inviati in Europa. Le autorità francesi hanno chiuso un occhio sulla contaminazione da mercurio nel tonno e hanno fiducia cieca nell’industria del tonno e nei supermercati: dal 2023 non sono previsti controlli sul tonno in scatola e vengono analizzati meno di cinquanta prodotti di tonno fresco. «Dal momento che i pochi controlli esistenti si basano su uno standard che si vuole insuperabile – conclude l’indagine – il numero di test con livelli di contaminazione non conformi è logicamente troppo basso per destare la minima preoccupazione da parte delle autorità. Un’ulteriore cortina di fumo per rafforzare l’impressione fuorviante di sicurezza».
Che cosa si dovrebbe fare
«Stiamo unendo le forze con Foodwatch per far cambiare gli standard a livello europeo. Vogliamo porre fine all’eccessività degli standard. Gli standard europei per il tonno sono di 1 mg per chilo: se si mangia una sola scatoletta in una settimana a 1 mg per chilo, chiunque sotto i 70 kg supera la dose di sicurezza definita dalle autorità sanitarie. Nessuno sotto i 70 kg può mangiare una scatoletta di tonno senza esporsi a rischi». Nel rapporto si chiede l’attuazione di alcune misure immediate in tutta l’Unione Europea come l’impegno dei distributori a commercializzare solo tonno che non superi lo standard di 0,3 mg/kg, che venga fermata ogni promozione del tonno e diffusa in ogni canale possibile l’avvertenza ai consumatori del rischio a cui si espongono. Per proteggere la salute delle fasce più sensibili della popolazione, i governi e le amministrazioni devono bandire tutti i prodotti contenenti tonno dalle mense scolastiche, dagli asili nido, dalle case di riposo, dai reparti di maternità e dagli ospedali. A breve termine, inoltre, la Commissione europea deve adottare una misura conservativa per il tonno, allineandosi al livello massimo più severo che ha fissato per alcuni pesci: 0,3 mg/kg, senza l’eccezione esistente per il tonno fresco. Servono controlli reali ed efficaci sull’intera catena di produzione da parte degli operatori privati interessati ma anche e soprattutto delle autorità pubbliche, per garantire il rispetto di standard più protettivi per la salute pubblica. Le autorità nazionali devono organizzare campagne di informazione massicce per informare i cittadini sui rischi per la salute derivanti dall’ingestione di mercurio, anche in piccole dosi, in particolare per i gruppi più sensibili. Queste informazioni dovrebbero essere fornite, secondo Bloom, attraverso l’etichettatura dei pesci predatori e dei prodotti contenenti mercurio. A medio termine, dovrebbe essere aggiornato il regolamento europeo 915/2023 che stabilisce i livelli massimi di mercurio negli alimenti, la “dose settimanale tollerabile” (TWI) dovrebbe essere abolita e le raccomandazioni di consumo rivalutate. Organismi come lo SCoPAFF, che hanno potere decisionale su questioni importanti come i residui di pesticidi, gli OGM e i contaminanti negli alimenti, devono essere soggetti a totale trasparenza e le loro decisioni devono poter seguire un processo democratico.
Tuna Gate
Va ricordato che il tonno è l’industria della pesca più redditizia al mondo con un fatturato totale di oltre 40 miliardi di dollari all’anno. L’UE ha una particolare responsabilità in questo settore: 39 delle 50 maggiori navi tonniere nell’Oceano Indiano, un’area cruciale per la pesca del tonno, appartengono a società europee. Dal 2022, Bloom ha rivelato le zone d’ombra di questa industria attraverso una serie di studi e indagini con una campagna a lungo termine denominata Tuna Gate che è servita a rivelare come l’industria del tonno è capace di fare il peggio in termini di diritti umani: salari da fame, negazione di cibo e cure mediche, lavoro forzato, servitù per debiti, schiavitù. E il pesce pescato o lavorato da persone i cui diritti umani sono stati calpestati finisce nei piatti dei consumatori di tutta Europa. Questo disastro umanitario ha una controparte ecologica: l’uso massiccio di dispositivi di aggregazione dei pesci (FAD, oggetti galleggianti che proiettano un’ombra nell’acqua per attirare branchi di pesci), le catture accessorie e la morte non necessaria di milioni di squali e di altre specie non bersaglio, il sovrasfruttamento delle popolazioni di tonno con il prelievo di pesci giovani e immaturi. Tutti pieni di mercurio.
La questione dell’overfishing
E’ una questione da leggere dentro il capitolo ancora più ampio e allarmante dell’overfishing, ovvero la pesca insostenibile, effettuata anche con attrezzi fortemente impattanti, e che riguarda sia il consumo diretto sia la quantità di pescato destinato alla piscicoltura. Infatti, negli allevamenti convenzionali si finisce per utilizzare come mangime una quantità di pesce superiore a quella che poi si produce. Oggi più della metà del pesce e dei frutti di mare che consumiamo provengono da allevamenti e questo genera pesanti interrogativi sulla sostenibilità dell’acquacoltura. Il dato italiano è di 20 kg a testa di consumi ittici: oggi un abitante di Milano, stando a uno studio annunciato dal New York Times, consuma più pesce rispetto a un abitante di Napoli, Palermo o di un’isola greca. E il mercato mondiale concentra su appena cinque specie – tonno, pollack d’Alaska, salmone, gamberi e merluzzo nordico – il 50% della domanda con evidente rischio per la biodiversità che si somma alle mole di catture accessorie e di sprechi lungo la filera (secondo la Fao non arriva in tavola il 35% del pescato), alle insidie dell’inquinamento e del climate change con temperature dell’Oceano che segnano record da quasi un decennio. Il Mediterraneo è il bacino che si riscalda a velocità più elevata come spiega uno studio su Advance Atmospheric Sciences. Nei mari di tutto il mondo, quasi il 90% delle specie destinate al commercio è soggetto a pesca eccessiva.