Parte il 1° marzo la #campagna194, per non tornare all’aborto clandestino. L’altissima percentuale di medici obiettori impedisce l’applicazione della legge.
di Marina Zenobio
Partirà il primo marzo una campagna a difesa della legge per l’interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) e per denunciarne la pessima applicazione causata dall’elevato numero di medici obiettori di coscienza. E’ la campagna “Mai più clandestine #campagna194”; le donne che stanno organizzando l’iniziativa sono tutte nate dopo il 1978 e, scrivono sul loro blog, di non aver mai conosciuto il dramma dell’aborto clandestino ma di essere consapevoli che quella legge fu il risultato di anni di lotte portate avanti da donne venute prima di loro, “che sapevano cosa volesse dire abortire nella clandestinità con il rischio concreto di morire. Il risultato politico di quelle lotte è stato ottenere che l’autodeterminazione fosse il punto di forza della 194 e non una concessione; nella legge è previsto che una donna dica: io decido”.
E’ da questo “io decido”, diventato ormai slogan internazionale grazie alla recente protesta delle donne spagnole contro l’attacco alla loro legge sull’aborto, che partono le donne di “Mai più clandestine” perché, si chiedono, cosa succede quando una donna decide di interrompere una gravidanza?
“Succede che il patriarcato alza le difese, obbligando la donna a un percorso ad ostacoli, quando va bene; a una via crucis, quando va male. Questa legge è ancora in piedi, ma ha dovuto superare il tentativo di abrogazione attraverso due referendum, e i suoi principi vengono ciclicamente messi in discussione. E’ accaduto in Parlamento nella vicenda sulla procreazione medicalmente assistita, accade ogni giorno negli ospedali italiani in cui obiettano anche i portantini, accade nei consultori con i dissuasori, accade con l’ostruzionismo alla pillola RU486 e perfino alla pillola del giorno dopo”.
Una riflessione importante. Nonostante la legge vigente, i presupposti che in tempi brevi l’applicazione della 194 sarà impossibile ci sono tutti, anche prendendo in considerazione l’ultima Relazione del ministero della Salute secondo cui, già nel 2011, l’obiezione di coscienza tra i ginecologi in Italia era pari al 70% e nel frattempo è cresciuta, raggiungendo in alcune regioni l’87%. Questo si traduce in lunghe liste di attesa per le donne, che spesso portano le gravidanze al limite dei 90 giorni; sovraccarico di lavoro dei non obiettori, completamente assorbiti dalle interruzioni di gravidanza senza poter esercitare la professione nella sua completezza; trascuratezza del servizio prestato; aumento degli aborti nelle strutture private e quindi una evidente discriminazione economica. Il rischio non peregrino è che le donne siano costrette a ricorrere di nuovo all’aborto clandestino.
Essendo per il momento l’iniziativa centrata soprattutto sul Lazio, le “Mai più clandestine” rivolgono un appello anche al presidente della regione Zingaretti al quale chiedono che: “”nella nostra Regione tutti i presidi ospedalieri pubblici e convenzionati garantiscano l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza e dispongano di un numero adeguato di ginecologi, anestesisti e personale non medico non obiettori. Auspichiamo anche che i nuovi criteri di selezione dei direttori sanitari, da lei recentemente annunciati, rappresentino l’occasione per fare dell’impegno per la piena applicazione della legge 194 un requisito di merito nella scelta di chi dovrà dirigere le Asl del Lazio”.
Mentre lavorano all’iniziativa per il lancio della campagna fissato per il primo marzo, le donne di “Mai più clandestine” hanno lanciato anche una petizione on-line, su Change.org, per chiedere “misure idonee a garantire la presenza di un numero adeguato di medici non obiettori in tutti gli ospedali pubblici”, rispettando il “diritto delle donne ad accedere all’Ivg in tutte le strutture sanitarie pubbliche”.