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Malapolizia in salsa Catalana. Barcellona in piazza

Poliziotti torturatori, giudici compiacenti, politici che fanno spallucce. Nove anni fa il “caso 4F” che non è solo uno perché, in Spagna come in Italia, è marcio tutto il cesto

di Marina Zenobio

"non è una mela (marcia), è tutto il cesto"
“non è una mela (marcia), è tutto il cesto”

A nove anni di distanza migliaia di persone hanno manifestato ieri a Barcellona, per ricordare quello che è diventato “il caso del 4F”, uno dei casi di montatura poliziesca, giudiziaria e politica più grave che la capitale catalana abbia conosciuto negli ultimi decenni. Lo striscione di apertura diceva: “Non è una mela marcia, lo è tutto il cesto”, per ricordare che il caso 4F è, appunto, solo uno dei tanti casi spagnoli dove si sono registrati gravi violenze da parte della polizia e impressionanti ingiustizie giudiziarie.

Per Andres Garcia Berrio, avvocato del collettivo Arriel e membro dell’Osservatorio su sistema penale e diritti umani dell’Università di Barcellona, il caso 4F “è assolutamente paradigmatico perché al suo interno ritroviamo i peggiori difetti e le peggiori irregolarità che, purtroppo, incontriamo quotidianamente nel sistema penale spagnolo”, vale a dire: “Profili etnici ed estetici nelle attività di polizia, denunce di torture maltrattamenti non adeguatamente indagati; procedimenti istruttori di certi giudici che non cercano la chiarezza dei fatti; presunzione di verità per agenti di polizia nonostante che la loro testimonianza dovrebbe avere lo stesso valore di quella di qualsiasi altra persona; politici che non assumono le proprie responsabilità e che decidono di chiudere gli occhi davanti a irregolarità e denunce di tortura contro corpi di polizia o funzionari che li dirigono, ecc. ecc.”

Tornando la nostro caso, si tratta di una montura iniziata il 4 febbraio 2006, come location un antico teatro occupato di proprietà del Comune di Barcellona dove si tiene una festa con circa 3000 partecipanti, un controllo della polizia, pezzi di pietre cadono dal tetto dell’edificio a causa delle fortissime vibrazioni provocate dalla musica, una di queste colpisce un agente senza casco che resterà paraplegico, e infine l’arresto e il processo per tentato omicidio della suddetta guardia di 5 giovani una delle quale, Patricia Heras, muore suicida dopo sei mesi di prigione, durante un permesso penitenziario, il 26 aprile 2011. Un processo sullo stile di quelli descritti dall’avvocato Andres Garcia Berrio.

Patricia Heras la giovane arrestata nel 2006 e morta suicida nel 2011Rodrigo Lanza e Alex Cisternas (cileni), Juan Pintos (argentino), Alfredo Pestana e Patricia Heras (la giovane nella foto) si sono sempre proclamati innocenti, alcuni di loro non erano neanche dentro quella casa. Patricia e Alfredo sono stati “riconosciuti” e arrestati ore dopo all’Hospital del Mar, dov’erano andati perché la ragazza aveva avuto un incidente in bici. La coincidenza dell’incontro nel centro ospedaliero dipese da fatto che Lanza, Cisternas e Pintos avevano avuto bisogno di cure mediche a causa del pestaggio subito da parte delle guardie (come riportato anche nel dossier di Amnesty International di cui si dirà più avanti). Alfredo aveva la testa rasata, Patricia una rasatura a forma di scacchiera, non potevano che essere colpevoli. E, a prescindere, un agente era stato gravemente ferito e reso invalido permanente, serviva un capro espiatorio, meglio se più di uno. Così, grazie alle testimonianze di due agenti, Victorn Bayona e Bakari Samyang, i quattro giovani furono condannati per attentato alle autorità. A parte Patrizia Heras che si è tolta la vita nel 2011, gli altri hanno scontato le loro pene tra i 4 e i 7 anni, l’ultimo ad uscire dal carcere, l’anno scorso, è stato Rodrigo Lanza, tutti e tre hanno denunciato che, oltre ad aver subito un processo basato su false testimonianze, di essere stati torturati durante la detenzione, ma la denuncia non è stata presa in considerazione e il caso 4F è entrato nel dossier di Amnesty International Spagna. Sale sulla ferita. L’impunità degli agenti di polizia in caso di tortura e maltrattatemi

Ad ottobre del 2011, sei mesi dopo il suicidio di Patricia Heras, le due guardie testimoni, Bayona (matricola 24.751) e Samyan (matricola 24.738), sono stati condannati a due anni e tre mesi di carcere e all’allontanamento dal servizio per torture e lesioni nei confronti del figlio di un diplomatico (Sentenza Sezione 5, Corte Provinciale di Barcellona, 17 ottobre 2011), la sentenza contesta agli imputati anche l’accusa di simulazione di reato e falsa dichiarazione cosa che mette ampiamente in discussione la loro credibilità in qualità di testi a favore dell’accusa nel caso 4F.

Ora i tre ragazzi sono fuori ma vogliono andare avanti nel denunciare le torture subite in detenzione e dimostrare la loro innocenza, e anche quella di Patricia che non ce l’ha fatta a sopportare il regime carcerario. Molti comitati e associazioni catalane li hanno supportati in questi anni e sono con loro, come ha dimostrato la manifestazione di ieri.

Patricia_Heras

A dare un notevole contributo e visibilità al caso 4F e alla battaglia per la verità, è arrivato un documentario che ne racconta la storia, Ciutat Morta (Città Morta), di Xavier Artigas e Xapo Ortega, proiettato per la prima volta nel 2013 a Barcellona, in un cinema occupato per l’occasione e dedicato a Patricia Heras. Il documentario, realizzato elusivamente con una campagna di crowdfunding, è stato premiato al MiradasDoc, il Festival de Guia de Isora (Tenerife) e all’ultimo Festival di Malaga del Cinema Spagnolo. Poi, sabato scorso, il Canale 3 della Televisió de Catalunya ha deciso sorprendentemente di metterlo in programmazione creando un’ondata di sdegno e commozione, in particolare per i racconti delle torture su detenuti, ma anche di preoccupazione da parte dei politici chiamati in causa perché accusati di fare spallucce. Al punto che la Giunta di Barcellona ha inviato una lettera alla Procura con una copia del video-documento affinché il Pubblico Ministero verificasse la possibilità di nuove prove che possano far riaprire il caso. Ovviamente la Procura ha rigettato la richiesta, nel video secondo il giudice non ci sarebbero testimonianze con valore di prova determinanti.

Comunque tutte quelle realtà sociali che in questi hanno sempre combattuto perché la verità sul caso 4F venisse alla luce ora sono meno sole. “Abbiamo perso il giudizio penale – scrivono su Des-Monataje 4F – ora lotteremo per quello storico”.

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