Il dramma dei cinque licenziati di Pomigliano, la sentenza della Cassazione, la retorica del neo ministro del Lavoro, l’arroganza di Marchionne
di Eliana Como*
Quando Di Maio è andato a trovare Mimmo Mignano in ospedale, raccontano i cronisti, non ha trovato di meglio da dirgli che «C’è lo Stato». Si sa, la vittoria elettorale ha avuto un brusco contraccolpo sull’ego del giovane ministro del Lavoro che forse si crede un Re Sole. Non crediamo, però, che Mimmo Mignano, che s’era cosparso il capo di benzina proprio di fronte alla casa del suo illustre concittadino, si possa essere sentito rassicurato: lo Stato, avvolto nell’ermellino dei giudici della suprema corte, è quello che poche ore prima lo ha cacciato per sempre dal suo posto di lavoro, assieme a quattro compagni con cui da anni sosteneva un braccio di ferro legale contro un’azienda, la Fiat o Fca, che li aveva licenziati per una messa in scena satirica. Lo Stato, quella volta, nelle vesti eleganti dei ministri e dei parlamentari, aveva assecondato i dictat del management di Corso Marconi, prima, e di Londra poi (Fiat-Fca ha sede nel Regno Unito e paga le tasse all’Olanda), concedendo sgravi fiscali e costruendo leggi su misura come il jobs act ma prima ancora con disastrose grandi opere per forzare il modello di sviluppo, con le rottamazioni con la pletora di contratti e contrattini che sono serviti, in tre decenni, a smontare la forza strutturale della classe operaia in questo paese, a indebolire o isolare quelli come Mimmo Mignano, Marco Cusano, Antonio Montella, Massimo Napolitano e Roberto Fabbricatore, tutti iscritti al Cobas di Pomigliano e per questo mobbizzati, trasferiti in 315 nel reparto confino di Nola, tutti “dissidenti”, o con ridotte capacità lavorative o, ancora con contenziosi con l’azienda. Volevano solo dimostrare, i cinque, come fossero incazzati per il suicidio di una di loro, Maria Baratto che s’era tolta la vita e non era stata l’unica in quella primavera del 2014. Seguì un pronunciamento del Tribunale di Nola a favore dell’azienda, le stesse toghe che avevano detto che andava tutto bene nel reparto confino. Ma due anni dopo, a settembre del 2016, la corte d’appello di Napoli aveva condannato Fca e disposto il reintegro dei cinque a cui però Marchionne o chi per lui non consentirà mai il rientro in fabbrica, pagando loro lo stipendio intero, in attesa di una nuova, tombale, sentenza. Sì, lo Stato c’è. Ed è il nemico di Mimmo, Marco, Antonio, Massimo e Roberto. Nemico di ogni sfruttato, nemico della terra, della luna, della satira. Amico solo dei padroni.
*portavoce dell’area Il sindacato è un’altra cosa-Opposizione in Cgil