Dopo 79 anni e tre guerre, Radio Jugoslavia – Radio Internazionale di Serbia, sembra destinata a scomparire, lasciando disoccupati e senza liquidazione circa 150 lavoratori
Di Carlo Perigli
«Non spegnete Radio Jugoslavia!», questo il grido con il quale i centinaia di lavoratori della storica emittente stanno manifestando da giorni il proprio dissenso di fronte alla sede del governo serbo, ormai pronto a chiudere, dopo ben 79 anni di servizio, la storica emittente. Un destino triste, per quella che una volta era il fiore all’occhiello del sistema mediatico jugoslavo, l’unica emittente ad onde corte in grado di arrivare in ogni parte del mondo e di farsi comprendere con i suoi programmi in 12 lingue.
Certo, la Jugoslavia non c’è più e con il tempo la radio si è adattata ai ben noti quanto tristi eventi storici, vedendo il suo nome cambiato più volte nel corso degli anni ’90 e 2000, fino al definitivo Radio Jugoslavia – Radio Internazionale di Serbia. Del Paese che fu rimane l’eredità di una radio che iniziò a trasmettere già dal 1936, durante l’allora regno, con il fine di contrastare la propaganda fascista. Una radio che sotto l’occupazione nazista cambiò nome in Radio Jugoslavia Libera, con i programmi trasmessi direttamente dalla Russia, e che iniziò a crescere vertiginosamente con la fondazione della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia.
Ma l’opposizione alla chiusura di Radio Jugoslavia non è solo una questione di nostalgia, tutt’altro, il cuore della questione è composto dalla dignità di circa 150 lavoratori che da un giorno all’altro rischiano di ritrovarsi disoccupati, vittime di una spending review – con annessa e massiccia privatizzazione dell’economia – che sta fagocitando quel che rimane dello stato sociale di Belgrado. In questo senso si spiegano la Strategia sui Media e la legge sull’informazione approvate lo scorso anno, che prevedono la cessazione da parte dello Stato dei finanziamenti diretti nei confronti dei media. Nonostante i primi proclami, il governo non ha manifestato l’intenzione di trasformare o includere Radio Jugoslavia nel servizio pubblico, decisione che porterà inevitabilmente la radio a scomparire, lasciando i dipendenti senza lavoro né, secondo riportato da InSerbia.info, la liquidazione, che in casi come questi non è prevista.
«Sebbene la nuova legge sui media risale al 2014 – si legge nella lettera inviata dai lavoratori al premier serbo Aleksander Vucic – siamo sicuri che ci sia un modo per Radio Jugoslavia – Radio Internazionale di Serbia di sopravvivere, essendo l’unica stazione ad onde corte del Paese le cui trasmissioni raggiungono tutti i continenti». Chiedono, in sintesi, di far sopravvivere una stazione che offre i suoi programmi in dodici lingue, come fanno altri Paesi europei con le loro emittenti, dalla Deutsche Welle in Germania alla Bbc in Inghilterra. Chiedono di non essere considerati numeri, di vedere riconosciuta la loro dignità, di non permettere che l’avvicinamento della Serbia all’Europa equivalga ad un loro passaggio nel tritacarne sociale.