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Baltimora, la rivolta dei ghetti più poveri d’America

Un afroamericano muore per le ferite riportate nell’arresto. Esplode la città in cui i giovani hanno meno chance dei loro coetanei afroamericani

di Checchino Antonini

«Come una zona di guerra»: così appaiono e vengono descritte molte vie di Baltimora dopo una notte di violenze dopo l’ennesimo omicidio commesso da un membro della polizia. Scontri nel corso dei quali la città, a 60 chilometri dalla capitale statunitense Washington, è stata messa a ferro e fuoco. Enormi i danni causati dalla rabbia di diverse centinaia di manifestanti che protestavano per la morte del giovane afroamericano Freddie Gray e contro la violenza della polizia. L’ultimo bilancio dell’ufficio del sindaco parla di almeno 15 strutture date alle fiamme (tra cui un edificio in costruzione e diversi negozi), 144 veicoli incendiati, decine di vetrine rotte. Senza contare i saccheggi avvenuti in diversi negozi e centri commerciali. Nel corso degli scontri sono rimasti feriti almeno 15 agenti, di cui sei in maniera seria, e i dimostranti arrestati sono oltre 220.

A Baltimora la notte scorsa è stata soprattutto la rabbia dei più giovani – ragazzi dell’high school – ad esplodere, mettendo a ferro e fuoco la città e ferendo in modo grave sei poliziotti. Ragazzi che vivono nei ghetti neri di Baltimora in condizioni peggiori dei loro coetanei negli «slum» di Nuova Delhi e di Ibadan, terza città della Nigeria, secondo uno studio della John Hopkins University che ha messo a confronto la situazione degli adolescenti nei quartieri poveri di diverse città. A Baltimora i ragazzi tra i 15 e i 19 anni sono più esposti ai rischi della droga, del disagio mentale, delle violenze sessuali e delle gravidanze precoci, dei loro coetanei di Nuova Delhi, nonostante vivano in un Paese molto più povero. «I ragazzi a Baltimora hanno paura, non si sentono protetti dalla violenza», affermava Kristen Mmari, principale autrice della ricerca pubblicata lo scorso anno che dipinge una realtà di povertà e emarginazione nei quartieri analizzati che sembrano lontani anni luce, e non poche decine di chilometri, da Washington. Teatro di una rivolta razziale che durò oltre 10 giorni nell’aprile del 1968 – quando dopo l’assassinio di Martin Luther King si registrarono ‘riot’ di 125 città – Baltimora ha 662mila abitanti in stragrande maggioranza neri. Dagli anni cinquanta ha perso un terzo degli abitanti – ed un altro 5% l’ha perso tra il 2000 e il 2010 – con la maggioranza dei bianchi che, come è successo a Detroit, altra città dannata d’America, hanno lasciato la città per i ricchi sobborghi.

Freddie Gray è solo l’ultimo nome di una lunga lista di neri morti in incidenti con la polizia. A scatenare violente proteste, durate diverse settimane, l’anno scorso fu il caso di Michael Brown. Il 9 agosto il 18enne afroamericano disarmato venne ucciso da un poliziotto bianco in un sobborgo di St.Louis. La sua vicenda aprì un dibattito in tutto il Paese sul comportamento delle forze dell’ordine nei confronti delle minoranze. Appena dieci giorni dopo i tragici fatti un altro ragazzo nero è stato ucciso dalla polizia in Missouri. Un 23enne armato di coltello è stato freddato a pochi chilometri da Ferguson, dove si tenevano le manifestazioni per l’uccisione di Brown. L’uomo si sarebbe rifiutato di gettare l’arma dopo avere tentato di rapinare un negozio. Casi simili sono avvenuti anche a New York e Cleveland. Il 20 novembre un agente di polizia di New York apre il fuoco e uccide un ragazzo nero di 28 anni disarmato in una scala in un edificio a Brooklyn. Due giorni dopo, il 22 novembre, a Cleveland, in Ohio, un afroamericano di 12 anni viene colpito a morte dalla polizia mentre tiene in mano un’arma giocattolo.

«Se non potete chiedere cambiamenti e riforme senza un mattone in mano, rischiate di compromettere questo momento per tutti noi a Baltimora. Tornate indietro, andate a casa per favore» si legge nell’appello che la notte scorsa, dal suo blog, ha rivolto ai dimostranti che hanno messo a ferro e fuoco Baltimora, David Simons, il creatore di «The Wire», la serie televisiva cult che ha raccontato la povertà, la droga, la violenza e la brutalità della polizia nei quartieri di Baltimora ora teatro della rivolta scatenata dopo i funerali di Freddie Gray. La morte del giovane afroamericano, scrive ancora Simons, ha mostrato come nella città sia «necessari cambiamenti e sia necessario che siano ascoltate le voci» di chi protesta. «Ma in questo momento, la rabbia e l’egoismo e la brutalità di chi sostiene il diritto alla violenza in nome di Freddie Gray deve cessare», ha aggiunto, sottolineando come invece le proteste pacifiche per chiedere la verità e giustizia sulla morte del giovane, morto a seguito delle gravi ferite riportate durante l’arresto, abbiamo mostrato «un vero potere e potenziale». «Ma quello che sta succedendo ora nelle strade è un affronto alla memoria di quest’uomo e una diminuzione della lezione morale assoluta che proviene dalla sua morte non necessaria», ha concluso l’ex giornalista del Baltimore Sun che dal 1985 al 1992 ha coperto le notizie di cronaca nera della città che ha enormi sacche di povertà ed emarginazione.

«Voglio giustizia per mio figlio, ma non distruggete la città. È sbagliato». Così la madre di Freddie Gray, morto a seguito delle ferite riportate durante l’arresto, ha rivolto un appello per la fine delle violenze scoppiate nella città dopo il funerale del figlio. Anche la gemella del 25enne, Fredricka Gray, in una conferenza stampa convocata in una chiesa la notte scorsa, ha condannato le rivolte, ricordando che suo fratello non era una«persona violenta, non avrebbe assaltato negozi». La rivolta è scoppiata dopo il funerale e non è collegata a nessuna delle proteste che in questi giorni sono state organizzate per chiedere giustizia per Gray, e qualcuno ha avanzato l’ipotesi che sia stata orchestrata da agitatori esterni. «Non ci aspettavamo nulla di questo genere, vi sono elementi diversi in azione, abbiamo persone che sono sinceramente arrabbiate per quello che è successo a Gray, ma vi è un gruppo che vuole solo sfruttare l’occasione», ha detto Elijah Cummings, deputato democratico eletto nel distretto di West Baltimore, teatro della sommossa. Anche leader religiosi locali sono intervenuti nella notte per fermare le violenze che hanno visto come protagonisti un centinaio di ragazzi giovanissimi.

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