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Rana Plaza, Benetton non risarcisce le vittime

La multinazionale trevigiana non vuole collaborare al fondo creato per sostenere i sopravvissuti al crollo della fabbrica dove lavoratori sottopagati producevano abiti per quello e altri marchi

di Enrico Baldin

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E’ passato più di un anno da quando crollò il Rana Plaza, un palazzo nella periferia di Dacca, la capitale del Bangladesh. Il crollo provocò la morte di 1129 persone ed il ferimento di oltre 2500 persone. Dentro all’edificio erano site perlopiù fabbriche tessili, ed infatti la totalità delle vittime erano lavoratori del tessile. Il fatto fu ancor più grave di quanto appare in quanto il giorno prima del crollo fu ordinata l’evacuazione del palazzo dopo che vennero scoperte delle crepe alle pareti e ai pilastri nei piani inferiori. I lavoratori però vennero costretti sotto ricatto a rientrare a lavoro dai loro datori.

Un caso niente affatto isolato. A novembre 2012, in un’altra fabbrica tessile di Dacca, morirono a seguito di un incendio oltre 120 lavoratori. Ancora in Bangladesh, nell’ottobre 2013, una manifattura tessile è andata a fuoco provocando sette morti. 3000 lavoratori si salvarono miracolosamente. In entrambe le circostanze si produceva per grandi marchi multinazionali, in entrambi i casi le strutture erano pericolanti.

Oggi però poco sembra esser cambiato. Lo ha documentato qualche mese fa il programma televisivo Presa Diretta che dimostrò come le condizioni di lavoro per le lavoratrici e i lavoratori del Bangladesh non siano affatto migliorate: salari bassi ai limiti della sopravvivenza, condizioni di schiavismo, presenza di manodopera minorile. Stante queste condizioni i lavoratori iscritti ai sindacati rimangono al di sotto dell’1%, non per loro scelta probabilmente.

Per quanto accaduto al Rana Plaza, non ci han fatto una bella figura Benetton e l’altra trentina di multinazionali del tessile che avevano commissionato lavori all’interno dello stabilimento. Benetton in particolare inizialmente negò di aver ordinato commesse. Poi, al ritrovamento sotto le macerie di magliette marchiate Benetton, dovette arrendersi all’evidenza, non mancando di minimizzare il suo ruolo: Benetton Group infatti ha a più riprese dichiarato “la saltuarietà” con cui si riforniva a quello stabilimento. Questa dichiarazione però non è verificabile.

Al fine di offrire un adeguato risarcimento ai familiari delle vittime e ai feriti – molti dei quali perennemente menomati – è stato creato un fondo denominato Rana Plaza Arrangement, frutto della collaborazione tra ministero del lavoro bengalese, alcune aziende, sindacati, la campagna internazionale Abiti puliti e altre ONG. I creatori dell’Arrangement si sono premeditati di raccogliere 40 milioni di dollari tra le aziende che commissionavano lavori al Rana Plaza. Finora ne son stati raccolti solo 15.

Alcuni dei marchi hanno deciso di non collaborare al completamento della raccolta fondi. Fra questi vi è Benetton a cui era stato chiesto di contribuire con 5 milioni di dollari. Una cifra che corrisponderebbe ad appena l’1,4% degli utili netti realizzati nell’anno 2012 dalla multinazionale trevigiana. Benetton da parte sua si giustifica sostenendo di avere finanziato un altro fondo di solidarietà – senza peraltro specificare l’entità del finanziamento – che ha promosso l’acquisto di protesi per circa 300 sopravvissuti.

Secondo Deborah Lucchetti, coordinatrice italiana della campagna Abiti puliti, le aziende che non pagano “violano i diritti dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime a ricevere un giusto risarcimento”. In particolare su Benetton la Lucchetti è dura: “Benetton deve il suo successo economico al lavoro sottopagato e rischioso dei lavoratori bengalesi. Non ci sono scuse per non pagare, le imprese coinvolte devono assumersi le proprie responsabilità”.

Nelle scorse settimane davanti ad alcuni negozi Benetton della penisola sono andati in scena dei sit in per protestare contro la multinazionale e per chiedere rispetto per le vittime. La scorsa settimana a Londra, ad Oxford street, alcuni attivisti hanno occupato simbolicamente il negozio.

Ieri un significativo sostegno alla campagna per il risarcimento delle vittime del Rana Plaza è giunto dai governi di Olanda, Francia, Inghilterra, Germania, Danimarca, Spagna e Italia che hanno congiuntamente invitato le aziende coinvolte a “versare immediatamente donazioni sostanziose nel fondo per il risarcimento delle vittime”. Un crescendo di pressioni a Benetton che non può non creare grattacapi a una multinazionale costretta a curare anche la sua immagine.

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