L’azienda non rinnova il contratto integrativo e decurta la maggiorazione domenicale. I lavoratori indicono il primo sciopero in 25 anni.
[Ludovica Schiaroli]
Da Genova. “Basta poco per crescere insieme”. C’è scritto così sulla maglietta che festeggia i 25 anni di Ikea. Non sembrano però pensarla allo stesso modo i dipendenti della multinazionale svedese – seimila distribuiti su 21 punti vendita in tutta Italia – che oggi hanno proclamato sciopero nazionale, per l’intero turno di lavoro.
“Tale decisione giunge dopo aver registrato la rigidità delle posizioni aziendali al tavolo di confronto in parlamento – dichiara Igor Magni, della segreteria genovese della Filcams, CGIL – e dopo l’insistenza a riproporre tagli lineari al salario dei lavoratori attraverso la decurtazione della maggiorazione domenicale e festiva e la variabilizzazione del premio aziendale. E questo accade – aggiunge – nonostante il bilancio 2013-2014 sia stato chiuso in attivo, più 2,8%”.
L’adesione allo sciopero è altissima in tutti punti vendita, a Genova fuori dal negozio è stato organizzato un punto di ristoro con ogni genere di conforto, compreso sdraio e lettini, vista la bella giornata. I lavoratori presidiano l’entrata, danno volantini, si scambiano qualche battuta. E’ la prima volta in 25 anni che fanno sciopero. “Non era mai successo – racconta Petra, io lavoro qui da 18 anni e i rapporti con l’azienda erano stati sempre all’insegna del rispetto reciproco. Poi, improvvisamente, decidono di tagliarci la maggiorazione domenicale e tutto il resto, non capisco”.
Qualcun altro suggerisce che l’azienda sente l’aria che tira in giro, dopo il Jobs Act e le scelte di Marchionne, la linea è stata tracciata, semplicemente si adeguano.
Sul piazzale ci sono capannelli di lavoratori, tante le donne, alcuni bloccano le macchine dei clienti che vorrebbero entrare, distribuiscono volantini e provano a spiegare perché sono lì, sotto il sole di un sabato di luglio a fare sciopero. Le reazioni sono diverse, c’è chi ascolta, chi solidarizza, chi si incazza e decide di andarsene. Dentro il negozio è la tristezza, spazi vuoti, con qualche carrello spinto con poca convinzione. A metà mattina sono circa una dozzina i clienti che hanno deciso di entrare a comprare. Ancora meno i dipendenti che non hanno aderito allo sciopero.
Barbara Vacchi, Rsu Filcams Ikea lo dice chiaramente: “siamo arrabbiati, l’azienda ha rotto le trattative e non vuole rinnovarci l’integrativo, chiediamo solo quanto ci spetta da contratto: che le domeniche siano pagate il giusto. Quello che loro ci propongono è un taglio allo stipendio. Come possiamo accettare?”.
La rabbia tra i lavoratori è tanta e comprensibile, ma quello che fa più male sono i lavoratori che tengono aperto il negozio, se una piccola parte è composta da dipendenti “fedeli”, altri sono invece lavoratori interinali, che di diritti proprio non ne hanno.
Da qualche giorno la vertenza è arrivata in parlamento e il Gruppo di Sinistra Ecologia Libertà ha depositato due interrogazioni alla Camera (Quaranta) e al Senato (Barozzino) per chiedere al Governo di attivarsi per riaprire il tavolo tra azienda e sindacati.