Senussi sarà fucilato in Libia portando con sé le intime relazioni tra CIA, MI6 e i servizi de suo capo, Gheddafi. Proprio come Saddam che non ebbe il tempo di raccontare chi gli fornì il gas per sterminare i curdi
di Robert Fisk
Chiudergli la bocca. Di questo si tratta. Il colpo del boia, una raffica del plotone di esecuzione, e tutti i segreti se ne vanno nella tomba. Saddam Hussein non ebbe l’opportunità di raccontarci i suoi accordi con le aziende statunitensi e tedesche che gli fornirono il gas che usò contro i curdi. Ed ora il maestro di tutte le spie di Gheddafi, Abdullah al-Senussi, sarà fucilato in Libia prima che abbia la possibilità di raccontare le intime relazioni che aveva con i nostri servizi segreti occidentali, mentre serviva da collegamento tra il suo capo, la Cia e l’MI6 (la sezione 6 della Militare Intelligence di sua maestà britannica, Ndt).
Non è sorprendente che, nonostante l’indignazione di Amnesty per i processi farsa e la “profonda costernazione” per le sentenze da parte dell’agenzia per i diritti umani dell’Onu, né gli inglesi né gli statunitensi abbiano battuto ciglio dalla scorsa settimana, da quando Senussi, il secondogenito di Gheddafi, Saif, e una quantità di altri seguaci del regime sono stati condannati a morte senza una difesa, senza prove documentate né testimoni? Tutti quegli accordi segreti tra i torturatori di Gheddafi e i nostri servizi segreti saranno per sempre al sicuro. Quindi è tutto rose e fiori. Grazie a Dio per la “giustizia” libica.
Certo, questi uomini sono un branco più che disprezzabile. Senussi è responsabile del massacro di oltre mille prigionieri politici durante il regime di Gheddafi. Ma lui e il suo successore, Moussa Koussa – che giura di non aver mai torturato nessuno e che ora si sta rilassando nella sua villa in Qatar con i ringraziamenti da parte di britannici e statunitensi per aver rivelato i nomi degli agenti di Al Qaeda in Africa -, sono stati tra i più leali prepotenti al servizio di Gheddafi. Probabilmente la giustizia stile Norimberga richiede la rivalutazione totale dei crimini degli accusati.
Il processo di prova è stato quello a Saddam. Il crimine più mostruoso del dittatore iracheno fu l’attacco chimico che portò al massacro dei curdi ad Halabja, nel 1988, in cui morirono 5 milioni di uomini, donne e bambini. Tuttavia lo spettacolo del processo montato dagli anglo-americani nel 2005, si concentrò sull’esecuzione di 140 sciiti a Dujail (piccola città sciita nel nord dell’Iraq, Ndt) avvenuta nel 1982. Sì, sì, lo so che fu un’atrocità, ma ad Halabja si consumò un genocidio. Il focus scelto ha permesso di evitare con attenzione qualsiasi indagine giudiziaria che toccasse il tema di come Saddam era riuscito a rifornirsi del gas per uccidere tutte quelle anime. Una società di componenti di quel gas aveva la sua sede in New Jersey. Ma quando gli scagnozzi di Saddam furono interrogati riguardo il massacro di Halabja, il loro capo era già stato impiccato.
Indubbiamente Abdullah al-Senussi è coinvolto in crimini di lesa umanità, tra cui la tortura di esiliati libici dopo la loro barbara resa con l’aiuto dell’MI6 e di altre agenzie occidentali. Ha organizzato il comitato di accoglienza dopo la caduta di Tripoli e, dopo la tortura, leggeva le informazioni fornite dagli esuli.
I gruppi dei diritti umani consideravano al-Senussi la “scatola nera” dei collegamenti segreti iniziati dopo che Tony Blair aveva baciato, con tanta delicatezza, il grande leader in persone. Senussi sapeva molto di più delle nostre agenzie di spionaggio e dei loro sporchi trucchi che non Saif Gheddafi, il figlio del defunto Muhammar, anch’egli convenientemente condannato a morte.
Forse per questo in un primo momento Senussi è fuggito in Mauritania, che avrebbe dovuto consegnarlo all’Aja. Ma dopo aver ricevuto una tangente di 200 milioni di dollari, secondo alcuni parlamentari libici, la Mauritania lo ha rimandato a Tripoli.
Una volta lì, forse Senussi ha vuotare il sacco sulle nostre azioni sporche. Sua figlia, Anoud, mi disse quando vide suo padre nel carcere di Tripoli, molto prima del processo, sembrava essere stato “colpito agli occhi e al naso” ed era molto debole e dimagrito. “Lo avevano minacciato che gli avrebbero fatto peggio se avesse raccontato a qualcuno del trattamento che riceveva”.
Ma dunque, cosa lo avevano obbligato a rivelare i suoi torturatori? E chi, ammesso che sappiamo che l’MI6 e la Cia scrivono le informazioni che desiderano ottenere dai torturatori arabi, elaborò le domande? Circa due anni fa, Anoud mi disse che suo padre non avrebbe ricevuto un processo sicuro. Aveva ragione.
L’avvocato di al-Senussi, Ben Emmerson, capì che qualcosa di brutto stava accadendo rispetto al caso quando la Corte penale internazionale dell’Aja accettò che Senussi fosse giudicato dal tribunale delle milizie di Tripoli. Tuttavia, questi custodi della legge, chiesero che Saif Gheddafi fosse trasferito all’Aja. Sarà perché sapeva meno?
Comunque non ce lo hanno mandato. E’ stato condannato a morte dallo stesso tribunale che ha giudicato Senussi tramite un collegamento video con la città controllata dalla milizia dove era stato arrestato subito dopo la cattura, avvenuta nel 2011. Nel 2013 Emmerson mi disse che quando gli avvocati di Senussi chiesero di sapere se operativi dell’MI6 avevano interrogato il loro cliente mentre si trovava in Mauritania – prima di essere illegalmente consegnato alla Libia -, il segretario britannico agli esteri William Hauge, rifiutò di rispondere.
La scorsa settimana Emmerson ha contentato la sentenza a morte perché Senussi non è stato legalmente rappresentato, la sua famiglia non ha potuto incontrarlo, non ha potuto preparare la sua difesa, non ha avuto alcuna possibilità di rispondere alla Procura. “Il processo si è consumato un una atmosfera di paura estrema, insicurezza e intimidazione in cui sia i funzionari giudiziari che gli avvocati della difesa sono stati minacciati e attaccati fisicamente” ha denunciato Emmerson.
Così come mi ha detto alla fine della scorsa settimana un altro inglese per molto tempo impegnato in una lunga lotta per la difesa di Senussi: “Tutti quelli che fanno parte del segreto saranno giustiziati”.
Non è che le vittime di Gheddafi abbiano ricevuto miglior “giustizia”, ma è stato Tony Blair che baciò “il male” e David Cameron colui che contribuì a distruggerlo. Siamo responsabili per quanto accade in Libia oggi. Pertanto siamo anche responsabili della sentenza a morte per Senussi.
Ma quando entro un paio di mesi, all’alba, i fucili inizieranno a vomitare i loro proiettili, non pochi operativi britannici, in questo strano edificio sulle rive del Tamigi, tireranno un sospiro di sollievo.
Fonte: The Independent, 3 agosto 2015 – Traduzione di Marina Zenobio