Novità dall’inchiesta bis. Due testimoni in divisa sono stati sentiti da Pignatone. Ilaria Cucchi: lo sapevo che non sarebbe finito con quella sentenza d’appello
di Checchino Antonini
Due testimoni in divisa avrebbero coinvolto il maresciallo Mandolini nell’inchiesta bis per l’omicidio di Stefano Cucchi. Due carabinieri, probabilmente, forse testimoni delle fasi successive all’arresto oppure di quello che poteva accadere in una delle caserme dei carabinieri in cui si svolse la via crucis del ragazzo. Il maresciallo fu vicecomandante della stazione di Tor Sapienza dove Cucchi passò la notte dell’arresto. I due si sarebbero presentati prima dell’estate dal pm Pignatone che indaga su impulso della sentenza d’appello che, pur assolvendo secondini, medici e infermieri penitenziari, accusati a vario titolo della morte di Cucchi, esortava a fare luce sulla prima fase del calvario del giovane romano arrestato sei giorni prima di morire e vittima di un pestaggio nelle fasi dell’arresto, o della traduzione a Piazzale Clodio oppure dell’ultimo viaggio da lì a Regina Coeli. Poi la desaparicion nel repartino carcerario del Pertini dove sarebbe morto. Ilaria Cucchi, la sorella, lo aveva detto che non sarebbe finita con quel colpo di spugna del processo d’appello. E l’entrata in scena di testimoni in divisa potrebbe non essere l’unica novità dell’inchiesta bis di questa fase.
«In questi anni non ci siamo mai fermati, né io né il mio avvocato. Incontreremo lunedì il procuratore capo. Questa è la prima delle novità che ci saranno sul caso della morte di mio fratello. Io l’avevo detto: non era finita», dice a Popoff Ilaria Cucchi non appena si sparge la notizia dell’indagine per falsa testimonianza su un carabiniere dell’ex vicecomandante della stazione di Tor Sapienza di Roma. Al vaglio ci sarebbero anche le posizioni di altri due militari. Anche Fabio Anselmo, legale dei Cucchi e protagonista di altri processi per malapolizia (Aldrovandi, Uva, Budroni, Bifolco, Ferrulli ecc…) prende atto «con soddisfazione» delle ultime notizie. «Credo si tratti solo dell’inizio; la verità sta venendo a galla. Abbiamo raccolto elementi che crediamo siano di grande contributo per far luce sull’intera vicenda e li abbiamo portati in procura. Sono certo che la procura avrà fatto molto di più. Questi elementi riguardano aspetti medico-legali e la ricostruzione degli eventi dei quali è rimasto vittima Stefano. Lui è stato pestato probabilmente più volte e poi è morto in conseguenza di quei pestaggi».
L’iscrizione nel registro degli indagati di un maresciallo dei carabinieri per falsa testimonianza sarebbe solo il primo passo dell’inchiesta-bis della Procura di Roma sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra deceduto nell’ottobre 2009 ad una settimana dall’arresto per spaccio di sostanza stupefacenti. Il procedimento è stato affidato dal procuratore capo Giuseppe Pignatone al pm Giovanni Musarò dopo un esposto presentato dalla famiglia e dopo quanto scritto nelle motivazioni dalla corte d’appello. Al momento gli inquirenti stanno svolgendo attività istruttoria nuova che mira a chiarire il comportamento dei carabinieri che «trattarono» Cucchi prima del suo arrivo nelle celle del tribunale per il processo per direttissima. Nella nuova indagine, oltre a lavorare sulle vecchie perizie, i pm hanno avviato anche una serie di accertamenti raccogliendo testimonianze che avrebbero fornito nuovi spunti investigativi. Aspetti che erano stati messi in luce anche nella motivazione della sentenza con cui erano stati assolti dal reato di lesioni tre agenti della polizia penitenziaria e da quello di omicidio colposo nove persone tra medici e paramedici dell’ospedale «Sandro Pertini». La corte d’appello aveva sollecitato alla procura, inviando una serie di atti, approfondimenti «al fine di accertare eventuali responsabilità di persone diverse». Il presidente Mario Lucio D’Andria, nelle motivazioni, si spinse a dire che Cucchi «fu sottoposto ad una azione di percosse e non può essere definita una ‘astratta congetturà l’ipotesi prospettata in primo grado, secondo cui l’azione violenta sarebbe stata commessa dai carabinieri che lo hanno avuto in custodia nella fase successiva alla perquisizione domiciliare».
«Non conosco i dettagli, ma credo che ogni passo in avanti» nella direzione di accertare che «Cucchi è stato picchiato» sia «un passo verso la giustizia», ha commentato Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, il diciottenne ucciso a Ferrara il 25 settembre 2005 da quattro poliziotti durante un controllo di Polizia. «Questo vale per ciascuno di questi casi. Speriamo bene», prosegue Moretti. Il 25 e il 26 settembre sono in programma alcuni iniziative per ricordare il figlio della donna, a 10 anni dall’omicidio.