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Gli hotspot in Sicilia, laboratorio europeo sulla pelle dei migranti

I centri,  tutti attivi entro novembre, sono a Lampedusa, Trapani, Pozzallo, Porto Empedocle e Augusta. Molte incertezze sulle procedure. Il punto sugli hotspot con Fulvio Vassallo Paleologo

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PALERMO – Già partito in via sperimentale, l’hotspot di Lampedusa è stato oggi visitato dal commissario europeo all’immigrazione Avramopoulos, arrivato nell’isola anche per “osservare le squadre di sostegno in azione al fianco delle autorità italiane”. Come questo, allestito nell’ex Centro di primo soccorso e accoglienza (Cpsa), anche gli altri hotspot verranno attivati in strutture già esistenti e gestiti dal ministero dell’Interno italiano in collaborazione con le agenzie europee Frontex, Easo ed Europol.

In sicilia saranno 5 i centri (un sesto sarà a Taranto) istituiti in base ai recenti accordi europei come basi per identificare i migranti e ricollocare parti di chi ha diritto all’asilo in altri paesi membri: Lampedusa, Trapani, Pozzallo, Augusta, Porto Empedocle. Tutti dovrebbero essere attivi entro novembre, facendo di fatto dell’isola un nuovo laboratorio delle politiche europee sull’immigrazione. Ma non sono poche le incertezze sulle procedure giuridiche e sulla stessa riconversione dei luoghi per la nuova funzione. Con il giurista Fulvio Vassallo Paleologo ricostruiamo la situazione attuale di questi centri.

Lampedusa. L’attivazione dell’hotspot nell’isola ha presentato alcuni problemi e non poche falle. Recentemente, dieci eritree sono state trattenute – “illegalmente” dice l’esperto – perché in una fase iniziale avevano rifiutato l’identificazione. In teoria chi si fa identificare dovrebbe andare in uno dei paesi europei di sua scelta, soprattutto se ha già dei familiari. Su questo aspetto, però, non c’è ancora chiarezza, come hanno denunciato varie organizzazioni umanitarie. Attualmente, a Lampedusa ci sono più di 400 persone senza uno status giuridico preciso. Tra questi, anche minori che dovrebbero avere al più presto accesso alle misure giuridiche che per essi sono però previste soltanto se vengono trasferiti dal centro. “Ci sono delle procedure d’identificazione che ancora non hanno delle regole ben precise – spiega Vassallo Paleologo – Chi si fa identificare ha la promessa di un trasferimento, mentre per chi rifiuta si attiva un trattenimento prolungato”.

Trapani. Il Centro di Milo invece continua, anche se parzialmente, a funzionare come Cie. Il tentativo di trasformare questa struttura non è ancora andato in porto, malgrado fosse stato annunciato alla fine di luglio. Nel centro, ad agosto, erano infatti arrivati 116 migranti marocchini nei confronti dei quali il questore di Catania (il 17) aveva adottato un provvedimento di respingimento differito e poco dopo il console marocchino non aveva effettuato i riconoscimenti attesi dal governo italiano. A seguito della convalida di misure di trattenimento, circa 100 dei migranti trattenuti sono fuggiti dal centro alla fine di settembre facendo perdere le tracce.
Attualmente ci sono 14 reclusi (dati aggiornati a venerdì 8 ottobre). Secondo vari esponenti della società civile, tra cui la campagna LasciateCientrare, questo Cie dovrebbe essere chiuso da tempo, opinione che sarebbe condivisa anche dal prefetto di Trapani. “Fino a quando le questure siciliane – dice Vassallo Paeologo – continueranno ad adottare provvedimenti di respingimento con persone che visibilmente non potrebbero essere rimpatriate perché manca la collaborazione dei paesi d’origine, è scontato che continui a funzionare come Cie dove metteranno i migranti che rifiuteranno di farsi identificare oppure che ricevono provvedimenti di respingimento”. A parere del giurista la prospettiva che possa riconvertirsi in hotspot sembra per il momento lontana.

Pozzallo. Anche il vecchio CPSA di Pozzallo sta per essere trasformato in hotspot. Attualmente funzionerebbe come tale in maniera ancora informale, con l’identificazione dei migranti attraverso le impronte digitali. Al suo interno per sostenere la polizia italiana nelle operazioni di identificazione è già presente un ufficio distaccato di Frontex. Per chi si rifiuta di rilasciare le impronte digitali il trattenimento si protrae al di fuori di un qualsiasi provvedimento amministrativo per il quale sia possibile ricorrere all’autorità giudiziaria. Pozzallo, ricorda Vassallo Paleologo, già in passato è stata nell’occhio del ciclone per avere operato dei trattenimenti forzati nei confronti di parecchi migranti.

Augusta. Il centro in provincia di Siracusa è sempre stato un luogo di transito dei migranti. Nella prospettiva di farlo diventare un hotspot è ancora tutto da capire il suo funzionamento sul piano organizzativo. Ad Augusta recentemente molti minori stranieri non sono stati identificati come tali e poi si sono dispersi, come se fossero adulti, una volta trasferiti nei centri di accoglienza. Augusta non ha un passato di centro di accoglienza ma si è configurato solo come centro di smistamento provvisorio e come luogo di transito temporaneo dei migranti.

Porto Empedocle. A Porto Empedocle (Agrigento) esisteva una struttura tensostatica dentro il porto dove negli anni passati ci sono stati alcuni casi di trattenimento arbitrario e prolungato anche di minori. Si ricorda nel 2011 il trattenimento pure di alcuni minori la cui situazione riuscì a sbloccarsi grazie all’interessamento di Save the Children. Sul tipo di struttura proprio per la poca presenza di servizi, si erano in passato pronunciate negativamente molte organizzazioni e associazioni umanitarie. Il possibile adeguamento della struttura come hotspot dovrebbe richiedere anche dei lavori di adattamento proprio per le finalità diverse che avrà. (Serena Termini)

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