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Terna è potente (e imbavaglia la Regione) ma Silvia non è sola

Prosegue la lotta di Silvia Ferrante, citata da Terna per 16 milioni di euro, e del comitato contro gli elettrodotti Villanova-Gissi e Tivat-Villanova. Sit in alla Regione Abruzzo finora muta

da Chieti, Alessio Di Florio 

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Decine di persone hanno partecipato al sit sotto la sede della Regione Abruzzo in viale Bovio a Pescara. Cartelli, striscioni, slogan di protesta e critica forte al presidente D’Alfonso e alla Regione Abruzzo. Un sit in che rappresenta solo l’ultimo atto della protesta della cittadinanza contro la costruzione, ormai quasi completata, dell’elettrodotto Villanova-Gissi. Una protesta che, come abbiamo già altre volte raccontato su Popoff, coinvolge anche l’elettrodotto Tivat-Villanova ed è ormai pluriennale.

I comitati denunciano che l’opera si sta completando “nella politica del non vedo, non parlo, non sento”. La Regione, scrivono i comitati, “non ha preso una posizione chiara verso le comunità” mentre i Sindaci  hanno cambiato “l’iniziale posizione contraria all’opera”  firmando “protocolli, che i rispettivi abitanti non hanno mai approvato”. Sottolineano i comitati che “con i tavoli Terna-Regione dell’autunno 2014 e con la revoca della Determina Sorgi, la Regione aveva avviato, rispondendo alla necessità di confrontarsi sul tema, un confronto che pareva serio e attento all’esame delle molte criticità del progetto”. Un percorso di cui decisivo è stato il Consiglio Regionale del 24 febbraio 2015 nel quale erano stati approvati all’unanimità 22 punti “ognuno dei quali avrebbe potuto cambiare il destino dell’opera” in una “seria riflessione sul tracciato definito e sui modi dell’autorizzazione data”. E’ passato quasi un anno e “nessuno dei punti è stato realizzato” l’accusa. I cittadini, il cui destino è l’unica cosa cambiata sottolineano, “si sentono indignati nei confronti della regione e dei ministeri. Molti sono stati denunciati e citati in giudizio per aver voluto difendere la nostra terra, la salute, il futuro, la vita dei loro figli”, tra cui Silvia Ferrante, attivista sin dalla prima ora della lotta no elettrodotto e recentemente raggiunta da una citazione per ben 16 milioni di euro finita agli onori della ribalta nazionale.

Mentre i mesi passavano dal consiglio regionale dei 22 punti e le citazioni aumentavano, “D’Alfonso ha evitato di dare risposte, anche quelle cui era tenuto dopo il secondo tavolo con Terna, chiuso e interrotto mentre si faceva luce su come questa infrastruttura di 70Km era stata decisa” e non si è vista “la volontà della Regione di chiedere la sospensione dei lavori, quando le verifiche sulle ottemperanze hanno fatto emergere difformità, carenze della progettazione esecutiva e altre che sono da subito apparse come irregolarità nella costruzione dell’elettrodotto” che “tace così su fatti gravissimi denunciati da Comuni come Lanciano, tace e ha taciuto su fatti gravi come l’ordinanza di sospensione disposta dal Comune di Paglieta, tace sui continui solleciti a verificare impatti e conseguenze negative di un percorso fatto guardando all’esclusivo interesse di una società, e infine continua a tacere oggi che l’opera è quasi conclusa”.

I partecipanti al sit in hanno chiesto “che sia applicato quanto previsto nel decreto che ha autorizzato l’opera: l’inefficacia dell’autorizzazione stessa, perché le prescrizioni previste nella VIA o le condizioni di atti come il Parere dell’Autorità di Bacino sono state disattese”, affermando che “è necessario riprendere dalla partecipazione e dal confronto la lotta alle devastazioni ambientali e convocare in Regione un incontro, con tutte le realtà e associazioni impegnate contro i saccheggi e gli impatti indebiti sul territorio, riportando anche la discussione sulla strategia energetica regionale”.

7 le richieste formulate alla Regione al termine del sit in:

– Va emesso provvedimento formale di inottemperanza delle prescrizioni già verificate con esito negativo dal servizio Difesa del Suolo a maggio e a settembre, visto che le indagini che non soddisfacevano i requisiti richiesti erano da ritenersi preliminari all’inizio dei lavori;
-Va emesso provvedimento formale di Giunta che prenda atto del contenuto dell’esito, già negativo, di tali provvedimenti;
-Gli Organi regionali competenti, Arta, Servizio Difesa del Suolo, Autorità di Bacino sottopongano ad un serio e attento esame gli esposti dei cittadini, quelli dei Comuni, del Corpo Forestale e tutte le segnalazioni che fin dalla ripresa dei lavori, a partire da maggio 2015, hanno evidenziato modifiche del progetto originario e difformità, alla luce delle quali era già durante il tavolo in regione emersa la necessità di una nuova VIA;

– La Regione giustifichi con argomenti validi la necessità attuale e concreta dell’opera, che è stata giudicata strategica anche in quanto funzionale alla centrale turbogas di Gissi, alla luce dell’attuale crisi delle centrali di produzione, autorizzate con l’illusione del gas che doveva essere l’oro dell’energia in eterno, e che adesso sono costrette a chiudere. Ciò a dimostrazione che forse l’opera è proprio un favore di Stato per salvare una centrale oggi passata da A2A a Sorgenia, e che avrebbe seguito il destino delle altre 40 in via di chiusura.
-La Regione chieda la sospensione dell’esercizio e torni a confrontarsi con i cittadini e i Comuni che democraticamente si sono opposti all’opera.
-Se l’entrata in esercizio è stata effettivamente avviata, la Regione trasmetta ai Comuni la comunicazione che, ai sensi del Decreto, i Ministeri autorizzanti devono avere a riguardo, giacché la nota della Società Terna inviata ai Comuni non spiega che i lavori (tesatura, montaggio armamenti e morsetteria, isolanti, spirali per l’avifauna, ecc.) possano proseguire in costanza della tensione sulla linea.
-La Regione, attraverso gli enti interpellati, risponda alle richieste dei cittadini, visto che i molti esposti e segnalazioni ad oggi non hanno avuto riscontro, mentre i Comuni hanno confermato proprio le difformità e le segnalazioni di riscontrati abusi nella realizzazione dell’elettrodotto.

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