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LaiCittà, il sogno eretico per Roma

Hierba Mala, Communia e Popoff vi invitano a tre eventi per guardare Roma con occhi diversi, «senza paternostri e giubbilei». Ecco cosa sarà LaiCittà

di Checchino Antonini

Giordano Bruno visto da Alessio Spataro. Una vignetta realizzata per LaiCittà
Giordano Bruno visto da Alessio Spataro. Una vignetta realizzata per LaiCittà

Questa storia può iniziare dal nordest della Capitale, in bicicletta sulla riva sinistra del Tevere, dove sbocca l’Aniene quasi invisibile, per chi non abbia voglia di cercare la città nascosta dal cemento. «Alla velocità dei pedali – per dirla con Andrea Satta dei Tetes de boistutto è più reale, se vuoi conoscere il mondo, dal malessere alla meraviglia». Ora ci vuole un po’ di immaginazione: su quella riva c’era un posto di guardia, una notte nebbiosa di ottobre del 1867, i fratelli Cairoli vi sorpresero tre gendarmi pontifici e lasciarono passare così i fucili per Garibaldi verso Ponte Milvio, poi nascosti a Villa Glori (Claudio Fracassi, “La ribelle e il Papa Re”, Mursia 2009).

La faccenda finì malissimo, come diciotto anni prima era finita la Repubblica Romana. «Ma quando i sogni sono belli, i vinti diventano più importanti dei vincitori», come ci insegna Marco Baliani. Nei suoi cinque mesi di vita, la Repubblica trasformò Roma, una delle capitali più reazionarie d’Europa in un laboratorio di democrazia. L’assemblea costituente nazionalizzò i beni ecclesiastici, 120 milioni di scudi dell’epoca. E poi abolì il Tribunale del Sant’Uffizio, la giurisdizione della Chiesa su università e scuole, la censura. Istituì il matrimonio civile. stabilì che le donne potessero godere della successione ereditaria e distribuì la terra ai contadini. A Piazza della Minerva, la sede del tribunale dell’Inquisizione, venne trasformata in abitazioni per le famiglie bisognose.

Era, ed è, il sogno di una Roma senza papa che aveva preso corpo nel Rinascimento, con le pasquinate e i libelli famosi e prosegue fino ai giorni nostri con le marce No Vat del decennio scorso. L’abbiamo chiamata Laicittà, noi di Popoff e del collettivo Hierba Mala, quando abbiamo pensato di girarla in lungo e in largo, per riprenderci la memoria, la città e il futuro. Su questa idea abbiamo trovato compagni di strada tra attori, musicisti, docenti, teatranti, scrittori, lettori e luoghi dell’autogestione. Roma può essere attraversata alla ricerca del sogno di una città diversa: anticlericale, ribelle, pacifica, incantata, eretica.

Queste e altre piste vi invitiamo a seguirle con noi nel corso di tre eventi che punteggeranno il calendario dal 27 febbraio prossimo fino a luglio. Il titolo del primo evento ce lo ha regalato un canto popolare in voga nel secolo scorso: “Uno, evviva Giordano Bruno che diceva la verità“. Sarà un giro turistico tra Campo de’ Fiori e Piazza del Campidoglio preceduto, la sera del venerdì, da una cena a Communia con DonPasta. Lungo il percorso, la professoressa Anna Foa, Viola Mordenti, muralisti e teatranti, gestiranno alcune tappe.

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A maggio e a luglio altri due eventi dedicati alle libertà civili, alle lotte per i diritti negati e per una democrazia compiuta.

Roma senza papa e quindi anche «senza paternostri e giubilei» (pensateci se passerete sotto casa di Ciceruacchio, in via Ripetta 248) e, per estensione, senza grandi eventi. Secondo un ex consulente del governo inglese, Greg Clark, già solo presentare una candidatura è motore di sviluppo e occasione di governance, incentivazione del mercato immobiliare e dell’infrastruttura delle regione, cemento verticale e orizzontale. Altre costruzioni e altre autostrade. Quarant’anni fa, la denuncia – in una lettera pastorale che commosse Pasolini (La terra è di dio, 1973, Com Tempi nuovi) – dei legami diabolici fra Chiesa, palazzinari e Dc in occasione dell’anno santo del 75, costò il posto da abate a Giovanni Franzoni. Nella Basilica di San Paolo fuori le mura, si sentivano “orazioni” per ottenere la “conversione” delle strutture ecclesiastiche oppressive o colluse con i potenti. Troppo, decisamente, per le gerarchie di Oltretevere e anche per i fascisti, che compirono irruzioni violente in basilica e fecero scritte sui muri («Franzoni giuda al rogo») nel quartiere dove ancora oggi opera la comunità cristiana di base, non lontano da periferie ancora più dilatate di allora dalla speculazione, con la natura (la “Terra di Dio”) più inquinata e violentata dalla “crescita economica”. A meno di un chilometro da qui c’è il cimitero acattolico, all’ombra della Piramide. I papi vietavano di seppellire i miscredenti in terra consacrata. Qui riposano, tra le altre, le ceneri di Gramsci. Labriola, Gregory Corso e dell’altro poeta Dario Bellezza. Oscar Wilde pensava che fosse “il luogo più sacro della terra”.

Oddio, voi siete in bicicletta e io faccio “filosofia”! Se ricordo bene vi ho lasciato ai piedi della collina dei Parioli. Bene, proseguite fino al Quartiere Prati: toponomastica dedicata a eretici, poeti pagani, ai rivoluzionari romani, ai capitani militari contro la chiesa. A Piazza Cavour l’unica chiesa presente è quella valdese. Tutto si snoda come ad assediare il Vaticano sino al Palazzaccio, bruttissimo ma costruito per oscurare San Pietro dal Pincio. Il sindaco di allora era Ernesto Nathan, ebreo di origini anglo-italiane, cosmopolita, repubblicano nella linea di Mazzini e Saffi, massone, laico e anticlericale. Fu il primo sindaco di Roma estraneo alla classe di proprietari terrieri che aveva governato la città fino al 1907. Allora, il 55% delle aree edificabili era in mano a soli otto grandi proprietari.

Caspita, ma siete già sul Lungotevere! Ora scendete, andate a piedi: tutto ciò aumenta la consapevolezza delle proprie sensazioni. Ogni viaggio si compie in compagnia di amici vivi, amori finiti o compagni illustri. Nel nostro caso non c’è che l’imbarazzo della scelta: accanto a Giordano Bruno potrebbe esserci Enrico Ferola, il fabbro di Via della Pelliccia 40, a Trastevere, che fabbricava i chiodi a quattro punte, utilissimi a bloccare i mezzi dei nazi nell’occupazione di Roma. Oppure Righetto, dodicenne trasteverino, che si gettava con uno straccio sulle bombe francesi per smorzarne la miccia e rispedirle al mittente. Perché no, Giorgiana Masi, diciott’anni, che era andata a festeggiare l’anniversario della vittoria divorzista al referendum, ma fu uccisa dalla polizia di Kossiga su Ponte Garibaldi.

Immaginatevi delle barricate a Via del Corso, lì dove non riuscirono a issarle gli studenti il 12 dicembre del 2010. Le issarono, invece, i repubblicani di Roma utilizzando i confessionali di San Carlo al Corso e di San Lorenzo in Lucina. Mazzini si rifugiava non lontano da lì, nella soffitta di Piazza di Pietra, nella casa di Gustavo Modena, il più grande attore italiano dell’800 che utilizzava gli incassi degli spettacoli per finanziare la ribellione. Se salirete fino al Gianicolo, in cerca degli echi della battaglia, portatevi un libro: “Roma senza papa” di Riccardo Cochetti (Ensemble 2015, c’è anche un cd) oppure “La meravigliosa storia della repubblica dei briganti”, di Claudio Fracassi (Mursia, 2005), o le cronache in presa diretta di Margaret Fuller.

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il logo di LaiCittà realizzato da Toni Bruno

Insomma, credete sia possibile ritrovare le tracce di quella che fu “una città ribelle e mai domata” ma oggi somiglia a quella più depressa che vide quattromila camicie rosse uscire da Porta S.Giovanni dopo la disfatta della Repubblica? Via Aurelia antica era tappezzata di manifesti con l’articolo 5 della Costituzione francese, che è più o meno come il nostro attuale articolo 11. Ma anche allora non servì. E’ anche una storia di fughe, insorgenze, di spie, soldati, di utopie, quella che si dipana sotto i vostri occhi, dentro un centro storico ormai occupato dai palazzi della politica, dagli studi professionali, dai negozi delle griffe e altri non luoghi del turismo di massa.

Non vi sfuggirà che mancano posti dove socializzare, per esempio delle vere osterie. Uno degli ultimi a scriverne fu Walter Benjamin che nel ’30 fece sosta a Piazza Montanara (vedi la Guida alla Roma ribelle, Voland 2014), poi, il piccone di Mussolini sfigurò il quartiere deportando in estrema periferia buona parte del proletariato romano. Ma già all’epoca dei papi, le osterie erano considerate dei “covi”, furono chiuse nelle ore serali dopo i primi scioperi del 1865 mentre nascevano anche nell’arretrata Roma (ci volevano 12 ore per arrivare in treno a Firenze) le prime società di Mutuo soccorso. Già trent’anni prima c’erano stati a Trastevere i primi episodi di luddismo da parte dei lanari, che s’erano dati appuntamento a Piazza Romana con picconi e martelli. Sei anni dopo, circondarono Gregorio XVI che pensava di cavarsela con una benedizione al posto del pane e del lavoro di cui avevano bisogno i lanari. E lo inseguirono fino al Belvedere, ora inglobato all’interno delle mura vaticane.

Fate conto ora di essere arrivati alla Lungaretta: qui, al civico 97, c’era il lanificio Ajani, dove con altri congiurati antipapalini fu uccisa Giuditta tavani, in quell’ottobre del ’67 da cui ha preso il via questo viaggio. Ora Piazza Romana porta il suo nome.

Sempre da quella parte di fiume, in via della Lungara, il seicentesco palazzo del Buon Pastore è sede della Casa internazionale delle donne. Per trecento anni vi furono recluse ragazze costrette a pentirsi attraverso la mortificazione dei corpi. Il posto fu occupato negli anni ’80 dalle reti femministe dopo lo sgombero dell’ex Pretura occupata dalle donne in via del Governo Vecchio.

Se qualcuno pontifica sulle radici cristiane dell’Europa, consigliategli una visita al museo criminologico di Palazzo del Gonfalone, ex carcere minorile voluto da Papa Leone XII nel 1827, tra via del Gonfalone e via Giulia. Qui potrà ammirare ghigliottine e altre macchine di tortura commissionate dai pontefici. Le esecuzioni avvenivano in Piazza del Popolo, vi si assisteva dalla Collina del Pincio. Oppure in via dei Cerchi, a S.Maria in Cosmedin, annunciate da rumorosi, lugubri cortei di incappucciati membri delle confraternite.

Ecco perché, nel tempo, le rivolte hanno sempre preso di mira il Vaticano. Come quando la folla, nel 1849, si impadronì dei berretti da cardinale esposti nelle botteghe dei cappellari e li lanciò festosa da Ponte Sisto: era il sogno del suffragio universale contro la teocrazia, dei lumi contro l’oscurantismo, quello che ha guidato anche voi in questo e altri viaggi possibili.

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