Rifugiati, oltre 10 mila nelle tante Idomeni d’Italia: uno su tre è senza cure mediche. Rapporto di Medici senza frontiere: condizioni precarie, senza luce né gas. La maggior parte degli “invisibili” a Roma, Torino e Foggia
ROMA – Sono almeno diecimila i rifugiati e i richiedenti asilo al di fuori del sistema di accoglienza in Italia. Veri e propri “invisibili” che vivono in condizioni spesso degradanti nei siti informali sparsi sulla penisola: tendopoli, palazzi occupati, baracche, accampamenti di fortuna. Nella metà dei casi senza luce né gas, senza un’assistenza istituzionale e l’accesso alle cure mediche. Lo denuncia “Fuoricampo”, un lavoro realizzato da Medici senza frontiere(Msf) e presentato questa mattina a Roma. Secondo l’organizzazione questa “rete di marginalità” è frutto dell’inadeguatezza del sistema di accoglienza nazionale che alla cronica carenza di posti si continuano ad abbinare modalità di gestione emergenziali ( su 100 mila posti attualmente disponibili, più del 70% si trova all’interno di strutture straordinarie, i cosiddetti Cas). “Diecimila persone su un totale di 100 mila persone accolte può sembrare un numero esiguo ma si tratta di persone di cui non si occupa nessuno – spiega Giuseppe De Mola, curatore della ricerca – . Migliaia di uomini, donne, bambini, fuggiti da situazioni drammatiche, che avrebbero ogni diritto a ricevere assistenza e che vivono, invece, in condizioni deplorevoli, con barriere spesso insormontabili che compromettono l’accesso a cure essenziali.”
Roma capitale dell’accoglienza informale. Nello specifico, nella ricerca sono stati mappati 26 insediamenti informali, con una popolazione prevalente di richiedenti asilo e rifugiati. Si va dall’ex villaggio olimpico di Torino, che ospita più di 1000 rifugiati, alla più piccola casa “Don Gallo” nel centro di Padova, dove l’unica doccia è un tubo di gomma in giardino; dalle stazioni ferroviarie del Sud e Nord Italia dove afghani e pakistani attendono per mesi di accedere alla procedura di asilo. Fino ai siti permanenti di eritrei a Roma come il palazzo occupato di piazza Indipendenza, la fabbrica dismessa “Ex-Set” di Bari, dove- denuncia il rapporto- “rifugiati africani vivono dal 2014 in condizioni indegne”, fino alla pista di Borgo Mezzanone a Foggia, sito informale a ridosso di un centro governativo di prima accoglienza. Secondo lo studio la città con la maggior parte di persone in accampamenti informali è Roma (2.250/2880 persone ), segue Torino (1.330/1.680 persone) , Foggia (850/1350 persone) e Palermo (600/1000 persone). Sono stati intervistati circa 600 migranti, nella quasi totalità dei casi si tratta di persone titolari della protezione internazionale: il 91,5 per cento è costituito da uomini provenienti da Afghanistan e Pakistan. Il tempo medio di permanenza in un sito informale è di un mese e mezzo.
Un rifugiato su tre non accede al Servizio sanitario nazionale. Uno dei problemi maggiori nei siti informali è il mancato accesso alle cure: secondo la legislazione italiana rifugiati e richiedenti asilo hanno diritto all’iscrizione al Servizio sanitario nazionale, ma due su tre non hanno un accesso regolare al medico di famiglia e al pediatra e circa il 30 per cento non è iscritto al SSn. Tra i motivi, c’è il fatto che l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale vincolata alla residenza anagrafica o al domicilio indicato sul permesso di soggiorno, che quasi mai corrispondono al luogo di effettiva dimora. Inoltre non è possibile l’accesso alla residenza anagrafica per gli abitanti di occupazioni abusive, molti dei quali rifugiati “Si tratta di una popolazione invisibile e ignorata dalle istituzioni che le dovrebbero tutelare e che si ricordano di loro solo in occasione di qualche sgombero – aggiunge Loris De Filippi, presidente di Msf -. Ma in assenza di interventi immediati anche buona parte dei 100mila oggi presenti nei centri di accoglienza, finirà per condividere questa situazione di marginalità. Il sistema di accoglienza basato sui centri straordinari non funziona, così come non aiuta il sistema hotspot: già centinaia di persone hanno ricevuto un foglio per lasciare il paese solo sulla base della loro nazionalità, nessuno lo farà, e andranno ad ingrossare le sacche di marginalità. Se non ci sarà un’inversione di rotta nella gestione andremo incontro a un’estate difficile”. Per questo Msf chiede al governo di mettere in piedi un sistema di accoglienza governativo, strutturato e di“garantire negli insediamenti informali condizioni di vita dignitose e i diritti basilari – aggiunge De Filippi -. Tra le nostre proposte c’è quella di prevedere per i richiedenti asilo e rifugiati modalità di iscrizione al Servizio sanitario nazionale che non siano vincolare alla residenza anagrafica ma solo al luogo di effettiva dimora, attraverso un’autocertificazione”. Il lavoro di Medici senza frontiere verrà presentato al pubblico questa sera a Roma presso l’ex fabbrica occupata Metropoliz. (ec)
© Copyright Redattore Sociale