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Un Piano B degli sfruttati, da Madrid a Roma per farla finita con l’austerità

Conflitti e movimenti nello spazio europeo. 8 Maggio a Roma per il Piano B dei lavoratori e degli sfruttati, contro le politiche delle banche e multinazionali

di Giulio AF Buratti

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8 Maggio a Roma per il Piano B dei lavoratori e degli sfruttati, contro le politiche delle banche e multinazionali. È l’appuntamento per una assemblea a Roma che vedrà la partecipazione di esponenti di Podemos, Izquierda Unida, Altra Europa, Rifondazione e Sinistra Anticapitalista. In Europa le politiche neoliberiste stanno devastando il continente. L’esperienza greca ha dimostrato l’impossibilità di un percorso di cambiamento all’interno delle attuali istituzioni e trattati europei, l’impossibilità di un percorso di democrazia politica, economica, sociale ed ecologica solo nazionale. Il grande meeting di Madrid di fine febbraio 2016, ha lanciato la proposta di un Piano B europeo contro l’austerità, contro la guerra, i respingimenti e le politiche neoliberiste. Ha proposto anche una giornata di mobilitazione continentale il 28 maggio. In Italia, suggeriscono i promotori di PlanB, proponiamo di vederci in assemblea l’8 maggio a Roma, all’indomani del corteo StopTtip a cui parteciperemo come spezzone, in via Santa Croce in Gerusalemme, 59 alle 9,00 (Spin Time Labs) per costruire in modo aperto e partecipato un percorso di elaborazione italiana del Piano B. Ci saranno: Miguel Urban eurodeputato di Podemos, Marina Albiol eurodeputata di Izquierda Unida, Eleonora Forenza eurodeputata Altra Europa, Sotiris Martalis sindacato ADEDY e direzione UP Grecia, Yago Alvarez Barba economista della Plataforma de la Auditora Ciudadana de la Deuda, Philippe Poutou delegato CGT Ford in lotta contro il Job Act in Francia, Ilaria Fortunato studentessa università di Poitiers, Nuit Debout Francia.

Ecco l’appello che indisse il meeting di Madrid.

Per costruire uno spazio di convergenza europea contro l’austerità e per la costruzione di una democrazia autentica

Nel luglio 2015 abbiamo assistito a un colpo di Stato finanziario organizzato dall’Unione europea e dalle sue istituzioni contro il governo greco, che ha condannato il popolo greco a continuare a sopportare la politica d’austerità che già in due occasioni aveva respinto nelle urne. Questo golpe ha ulteriormente stimolato il dibattito circa il potere delle istituzioni dell’Unione europea, la sua incompatibilità con la democrazia e il suo ruolo di garante dei diritti fondamentali degli europei.
Sappiamo che vi sono alternative all’austerità. Iniziative come Per un piano B in Europa, Austerexit o DiEM25 (Democracy in Europe Movement 2025) denunciano il ricatto del terzo memorandum d’intesa imposto alla Grecia, il fallimento economico cui andrà incontro e il carattere antidemocratico della UE. Riconosciuto, quest’ultimo, dallo stesso presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, quando ha detto: «Non possono esservi decisioni democratiche contro i trattati europei».
Siamo egualmente spettatori della risposta non solidaristica (e a volte addirittura xenofoba) delle istituzioni europee e degli Stati membri all’arrivo dei rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa e al dramma umano che ne deriva. E sottolineiamo l’ipocrisia del discorso sui diritti umani della UE, che in modo indiretto, con la vendita delle armi o politiche commerciali, è una protagonista chiave nei conflitti che hanno provocato le recenti crisi umanitarie.
La politica nei confronti della crisi della UE, iniziata otto anni fa e fondata sull’austerità, privatizza i beni comuni e distrugge i diritti sociali e sindacali invece di affrontare le cause iniziali della crisi stessa: la deregolarizzazione del sistema finanziario, il controllo corporativo delle istituzioni della UE attraverso le grandi lobby e il sistema delle “porte girevoli”, attraverso cui esponenti politici che hanno rivestito importanti incarichi nelle istituzioni passano al servizio dei privati. La UE promuove false soluzioni negoziando, con grande opacità e senza quasi alcun controllo democratico, trattati commerciali e di investimento come il TTIP, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, il CETA, il Comprehensive Economic and Trade Agreemen, o il TiSA, il Trade in Services Agreement, che eliminano ciò che considerano ostacoli al commercio: i diritti e le norme che proteggono i cittadini, i lavoratori o l’ambiente. È il colpo di grazia alle nostre democrazie e allo Stato di diritto, grazie soprattutto ai meccanismi che proteggono gli investitori.
La UE attuale è governata de facto da una tecnocrazia al servizio degli interessi di una piccola, ma potente, minoranza di poteri economici e finanziari. Tutto ciò ha portato al riemergere dell’estrema destra e di atteggiamenti xenofobi e nazionalistici in molti Paesi europei. Sta a noi democratici reagire a questa minaccia e impedire che i fascismi strumentalizzino a proprio profitto il dolore e il malcontento dei cittadini, che, nonostante tutto, hanno dato prova di essere solidali in occasione della tragedia umanitaria che ha colpito centinaia di migliaia di rifugiati.
La società ha già cominciato a lavorare per un cambiamento radicale della politica della UE. Mobilitazioni sociali come Blockupy, la campagna “NO al TTIP”, l’Alter Summit, lo sciopero generale europeo del 2012, le Euromarce o l’ingente lavoro svolto da numerose piattaforme civiche e ONG, hanno permesso di accumulare un prezioso capitale umano, intellettuale e ideologico per la difesa dei diritti umani, il rispetto della Terra e della dignità delle persone, al di là degli interessi politici ed economici. Tuttavia, crediamo che sia necessario arrivare a gradi maggiori di coordinamento e di cooperazione per una mobilitazione a livello europeo.
Vi sono molte proposte per farla finita con l’austerità: una politica fiscale giusta e la chiusura dei paradisi fiscali, sistemi di interscambio complementari, la rimunicipalizzazione dei servizi pubblici, la suddivisione egualitaria del lavoro, la scelta di un modello produttivo basato sulle energie rinnovabili e la riforma o l’abolizione del patto fiscale europeo, il Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria.
L’esempio della Grecia ci ha insegnato che per affrontare la congiuntura attuale dobbiamo unire le forze disponibili in tutti gli Stati membri a ogni livello: politico, intellettuale e della società civile. La nostra è una concezione solidale e internazionalista.
Per tutti questi motivi, vogliamo dar vita a uno spazio nel quale ogni persona, movimento e organizzazione che si oppone all’attuale modello di Unione europea possa confluire per concordare un’agenda comune di obiettivi, progetti e azioni, con lo scopo finale di farla finita con il regime di austerità della UE e di democratizzare radicalmente le istituzioni europee, ponendole al servizio dei cittadini.
Pertanto proponiamo di realizzare una conferenza europea nei giorni 19, 20 e 21 febbraio a Madrid, invitando tutti a participare ai dibattiti, ai gruppi di lavoro e alle relazioni che lì si svolgeranno.

Primi firmatari Lola Sánchez, eurodeputata, Podemos | Miguel Urbán, eurodeputato, Podemos | Marina Albiol, eurodeputata, Izquierda Plural | Eleonora Forenza, eurodeputata, Altra Europa / Javier Couso, eurodeputato, Izquierda Plural | Susan George, presidentessa del Transnational Institute | Yanis Varoufakis, economista, ex ministro delle Finanze greco | Ada Colau, sindaca di Barcellona | Eric Toussaint, portavoce del Comitato per l’annullamento del debito del Terzo Mondo (CADTM) | Zoe Konstantopoulou, avvocatessa, ex presidentessa del Parlamento greco | Catherine Samary, economista altermondialista, Francia | Ken Loach, regista, Regno Unito | Mariana Mortagua, deputata al Parlamento portoghese, Bloco de Esquerda.

Ed ecco il documento finale di quel meeting

Madrid, Plan B, dichiarazione per una ribellione democratica

Fin dall’inizio della crisi economica mondiale un nuovo movimento si è sviluppato in tutto il mondo.

Si tratta di un movimento per una democrazia reale, per la partecipazione e per il diritto delle persone di decidere di loro stesse, e perché i loro bisogni e la loro sovranità siano rispettati e possano incidere sulle decisioni politiche. Un movimento che si scontra con un sistema che favorisce una minoranza di privilegiati sulle spalle delle maggioranza. Un movimento che cerca di porre i diritti umani, civili, politici, economici, sociali, culturali e democratici nel cuore del progetto europeo, come elementi intrinsechi della democrazia.

Fin dal 2011, le piazze, le strade, i luoghi di lavoro di tutta Europa si sono trasformati nella culla di lotte democratiche per i diritti, lotte che hanno scosso il panorama politico e sociale e che continuano a farne parte.

Questi movimenti europei si sono scontrati frontalmente con l’insieme delle istituzioni e delle scelte politiche che costituiscono oggi l’Unione europea. La natura profondamente antidemocratica di queste istituzioni riflette la loro origine e il loro attuale obiettivo: servire gli interessi del settore industriale e finanziario e le diverse élite, diventate vere e proprie oligarchie.

Le istituzioni operano in modo oscuro e non trasparente, lontano dallo sguardo dei cittadini europei. Sono al servizio delle corporazioni e delle imprese finanziarie che dispiegano eserciti di lobbisti. Negoziano nuovi trattati a nome dei popoli dell’Europa, ma contro gli interessi di questi.

Vogliamo trasparenza e che sia fatta luce sulle modalità con cui si si prendono decisioni che riguardano la nostra vita.

Ci opponiamo alla affermazione irreale e irrazionale secondo cui l’Europa può pagare i suoi debiti pubblici e privati. Esigiamo audit civici sui debiti pubblici e riaffermiamo il diritto sovrano del popolo ad esaminare questi debiti e a rifiutarsi di pagare i debiti illegittimi e illegali.

La classe dirigente europea, le istituzioni di Bruxelles e Francoforte predicano l’austerità per la maggioranza mentre spendono miliardi per pochi. Non è solo la “austerità”: in Europa c’è una guerra, una lotta di classe, con il saccheggio dei diritti di cittadinanza e dei beni comuni che praticano le élite di governo, decise a consegnare i redditi e le ricchezze della maggioranza della società e gli stati stessi ai ricchi. Il loro modello è quello della disoccupazione di massa e della precarietà, della povertà, dell’aumento delle diseguaglianze, facendo contrapporre i lavoratori tra di loro, perpetuando la violenza contro le donne, strangolando l’ambiente e distruggendo il tessuto sociale. E’ un modello contro il benessere e la giustizia sociale.

La cosiddetta “Europa senza frontiere” sta erigendo muri e reticolati elettrificati dappertutto. Da Evros e Lesbo a Lampedusa, da Presevo a Calais. Esigiamo che lascino entrare i rifugiati e le rifugiate! Quando le gente fugge per salvare la propria vita, l’Europa deve semplicemente aprire le braccia, rifiutando con fermezza la xenofobia e il razzismo. La questione dei rifugiati è una questione umanitaria, rifiutiamo la militarizzazione, diciamo no alla NATO.

L’Europa deve ridurre drasticamente le spese per gli armamenti e per la difesa, che si sono dimostrati intimamente legati alla corruzione e all’indebitamento illegale, e deve aumentare le spese pubbliche per la sanità, la scuola, la sicurezza sociale, la giustizia e la cultura.

Il degrado delle condizioni di vita delle persone è anch’esso strettamente legato alla distruzione della natura e alla guerra per le risorse in tutto il mondo. Non possiamo non affrontare la crisi ecologica e energetica se vogliamo la giustizia sociale per tutti.

Di fronte all’attuale situazione europea, facciamo appello alla disobbedienza civile alle istituzioni europee, alle loro regole tossiche, alla loro politica, ai trattati e a tutti i loro diktat antidemocratici, alle mistificazioni delle élite governative.

Abbiamo bisogno di nuovi processi costituenti e del diritto all’autodeterminazione attraverso referendum vincolanti.

E affermiamo di dover disobbedire ai diktat antidemocratici anche quando si è al governo, come obbligo democratico minimale verso i popoli.

La Conferenza di Madrid ha costituito un passo avanti verso la unione dei differenti movimenti e nell’elaborazione di proposte di lotta per la democrazia in Europa. Invitiamo a leggere, diffondere e dibattere sulle conclusioni raggiunte sui differenti assi di discussione e a riprenderli nelle altre conferenze che si organizzeranno in giro per l’Europa.

I popoli europei sanno come ribellarsi alla tirannia. Nel corso della storia l’abbiamo fatto in molteplici occasioni per conquistare la democrazia, dare corpo alla uguaglianza, difendere le nostre vite, i diritti e la dignità.

La Conferenza Plan B di Madrid fa appello ad organizzare una Giornata europea di azione per il 28 maggio.

 

 

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