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Verità per Donald, morto in catene per malapolizia

La morte di Donald Fombu Mboyo, a Conegliano, durante un fermo di polizia in circostanze non chiare. La rabbia e il dolore dei suoi fratelli del Camerun. Una lettera dagli antirazzisti di Treviso

RGB base
Donald è morto lunedì 6 giugno, nel corso di un fermo di polizia a Conegliano Veneto. «Il nostro fratello Donald Fombu Mboyo è morto in circostanze non chiare», scrivono i suoi compagni immigrati in questo lembo di pianura padana. «Donald era un ragazzo rispettato da tutti, dai membri della nostra comunità ma anche da tutte le persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. La morte di Donald è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di intimidazioni che subiamo da anni ogni giorno. Chiediamo che venga fatta luce sugli eventi che hanno portato alla sua morte, rivendichiamo il diritto ad essere rispettati e considerati come esseri umani. Verità e giustizia per Donald perche quello che è successo a lui non possa mai più accadere a nessun altro. Ci ha lasciati incatenato, rispettiamolo almeno da morto. Basta con lo sciacallaggio mediatico”.
Un corteo sfilerà nella cittadina del trevigiano, venerdi 17 giugno 2016, da via Daniele Manin angolo via Luigi Galvani dalle 9.30, là dove è incappato nel malefico fermo di polizia.
Ecco una lettera giunta in redazione da parte di alcuni antirazzisti impegnati sul territorio e alcuni attivisti di Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa : «Non ci è stato possibile restare indifferenti dopo i fatti accaduti a Conegliano. Abbiamo deciso di andare ad incontrare alcuni rappresentanti della comunità Camerunense, un mediatore culturale e gli amici di Donald Fombu Mboyo, ragazzo di trent’anni morto lunedì scorso durante un fermo di polizia in un’aiuola spartitraffico all’incrocio tra via Daniele Manin e via Luigi Galvani.Ci siamo andati innanzitutto per portare il nostro cordoglio alla comunità colpita da questo lutto e per cercare di capire, per fare chiarezza perché sono tante le ombre in questa vicenda, per portare il nostro supporto e non lasciare sola una comunità ferita profondamente dalla morte di un fratello.
Arrivati a Conegliano sotto una fitta pioggia abbiamo raggiunto il luogo dell’incontro con un mediatore culturale, un quartiere come tanti altri nelle nostre periferie dove non c’è niente, le uniche luci quelle al neon viola di una sala slot admiral sotto il portico di un grosso palazzone di cemento. Dopo esserci presentati e aver manifestato lo scopo della nostra visita siamo stati lasciati in attesa di essere ricevuti dalla cerchia più stretta di amici di Donald.
Nell’attesa di incontrarli abbiamo iniziato a chiacchierare con alcuni passanti tra i quali un giovane membro della comunità che senza parlare nello specifico di quanto è accaduto ci parla dell’imprevedibilità della vita e su come ci sono cose che accadono indipendentemente dalla nostra volontà e da un piano logico, sulla necessità di restare umani ed essere uniti, uomini e donne, bianchi e neri nel rispetto della diversità.
Il turbamento e l’angoscia erano palpabili in tutte le persone che abbiamo incontrato ma nessuno sembrava volerne parlare, poco dopo è tornato il mediatore culturale che ci ha accompagnato in un bar a pochi metri dal luogo dove Donald è morto e utilizzato dai membri della comunità camerunense come circolo culturale e luogo di ritrovo.
I volti erano contratti, l’atmosfera una miscela di rabbia e di profonda tristezza, gli sguardi fissi.
In un’ atmosfera surreale, in una miscela di rabbia e di profonda tristezza, gli amici ci hanno raccontato chi era Donald, un ragazzo ben voluto da tutti, sempre pronto ad aiutare gli altri, sorridente, in salute e pieno di vita. Al dolore per la sua morte si è aggiunta la rabbia di vederne infangata la memoria sui media dove è stato descritto come un criminale, un’alcolista, un drogato, smentite subito alcune false dichiarazioni come quella che era uscito dal bar in stato confusionale urlando, il circolo apre infatti solo la sera, tra le 18.00 e le 18.30 mentre il fermo di polizia è stato effettuato nel primissimo pomeriggio, alle ore 14.30 circa.
La versione che ci è stata raccontata dell’accaduto è che Donald sia stato fermato da una pattuglia della Polizia, non si conosce con quale motivazione perché stava semplicemente camminando lungo la strada poco distante da dove viveva, non era in possesso di armi e addosso non gli sono state rinvenute sostanze stupefacenti, non aveva come scritto su certi giornali nessuna bottiglia di whisky in mano, non stava infrangendo la legge. La sua contrarietà al fermo si è trasformata in resistenza all’arresto e poi in una colluttazione, testimoni affermano che gli agenti di pubblica sicurezza lo hanno ammanettato e immobilizzato, nello specifico che uno degli agenti gli è montato sopra il torace per diversi minuti mentre l’altro cercava una corda per legargli i piedi. Quando Donald ha iniziato a sentirsi male, malgrado le sue condizioni siano apparse da subito gravi non è stato liberato dalle manette, di lì a poco, malgrado dei tentativi di rianimazione è spirato, le cause della morte sono ancora al vaglio dei medici legali.
Uno degli agenti pare abbia imprecato “che cosa ho fatto!” e che si sia allontanato per qualche minuto dal luogo del decesso, nel frattempo sono giunte altre volanti, il SUEM 118 al quale non è rimasto altro da fare che provvedere a coprire il corpo con un telo. Diversi i testimoni che hanno assistito alla scena, sembra che qualcuno abbia perfino filmato con un telefono cellulare ma che si sia reso irreperibile, alcuni dei presenti sono già stati sentiti dal Gip e dall’avvocato di Pordenone Roberto Russi a cui è stato conferito l’incarico. Diverse le telecamere presenti nella zona ma che al momento dei fatti risultavano inattive. Quello che è certo e che la morte di Donald è l’ultimo capitolo di innumerevoli intimidazioni e vessazioni ai danni dei frequentatori del circolo, frequenti irruzioni all’interno del bar, una volta perfino dalle finestre quando il locale era già chiuso, continui controlli d’identità e richieste di esibire il permesso di soggiorno ai clienti all’interno e all’esterno del locale, innumerevoli i fogli di via rilasciati ai frequentatori non residenti nel Comune.
Da subito la comunità Camerunense ha iniziato un concentramento in prossimità di via Manin, un nutrito gruppo è andato a protestare anche davanti al Commissariato di pubblica sicurezza dove ci sono stati attimi di tensione che si sono interrotti quando l’avvocato è stato ricevuto dal Questore, da allora c’è una sorta di presidio permanente che oltre ad essersi prodigato di prendere contatto con i famigliari residenti all’estero, in Inghilterra e negli Stati Uniti stà cercando di non lasciare nel silenzio la morte del compagno.Tralasciando le innumerevoli dichiarazioni a caldo, come quella del Questore di Treviso Tommaso Cacciapaglia che ancor prima di ogni esito medico legale si dice tranquillo sull’operato dei suoi uomini, in ogni caso è stato aperto un capitolo per omicidio colposo e chiesta prima dell’autopsia una tac sul collo e sulla testa.
Il dolore di una comunità intera si è trasformato in una lucida presa di coscienza, si sta svolgendo una sorta di presidio permanente e sul luogo in cui è morto sono stati posati decine di lumini e mazzi di fiori, è arrivata a Conegliano anche la sua compagna, una giovane italiana residente nel pordenonese al terzo mese di gravidanza. È stata depositata la domanda per un corteo che si svolgerà a Conegliano venerdì 17 giugno con partenza dal luogo del decesso che dista pochi minuti dalla stazione ferroviaria fino alla sede della Questura di Conegliano.
In concomitanza, grazie alla rete dell’associazionismo camerunense si svolgeranno iniziative e presidi in altre città italiane, una a Roma con concentramento davanti al Ministero degli Interni. Anche noi antirazzisti chiediamo che venga fatta chiarezza su questi drammatici fatti, troppe volte abbiamo assistito all’impunità e alla menzognia da parte di chi dovrebbe tutelare le persone, la loro dignità e incolumità ma è ancora vivo il pensiero di Stefano Cucchi di Federico Aldovrandi e di molti altri la cui storia non ha ancora una verità.
Da Treviso, Agnese Baini, Giulia Cecchinato, Mauro Pasin, Melania Pavan, Gaia Righetto, Ruggero Sorci, Monica Tiengo, Fabio Tommaselli, Fabrizio Urettini, Nicola Vendraminetto, Sergio Zulian.
RGB base

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