Rischio di terze elezioni consecutive sempre più elevato in Spagna. Il 2 settembre il premier uscente ed incaricato Mariano Rajoy attenderà alla Moncloa l’esito del voto del Congreso sulla sua investitura
di Enrico Baldin
Rischio di terze elezioni consecutive sempre più elevato in Spagna. Il 2 settembre il premier uscente ed incaricato Mariano Rajoy attenderà alla Moncloa l’esito delle votazioni del Congreso sulla sua investitura. Scontato il “pollice verso” di ieri (170 favorevoli e 180 contrari), sembra quantomeno improbabile che venerdì – quando per la sua elezione basterà la maggioranza semplice – l’ex premier riuscirà ad avere i voti necessari. Finora il popolare Rajoy non se n’è stato con le mani in mano ed è riuscito ad ottenere il non scontato lasciapassare di Ciudadanos, che da quando è salito alla ribalta della politica spagnola aveva alzato la bandiera anticasta e anticorruzione criticando il quadriennio di Rajoy e il Partito Popolare, coinvolto in scandali ed arresti di figure di spicco.
Le posizioni di Ciudadanos – che dopo le elezioni del 20 dicembre si disse disponibile ad accordarsi coi socialisti – si sono notevolmente attenuate passando dall’imposizione ai popolari di una uscita di scena di Rajoy alla proposizione di sei condizioni minime per accettare un governo con alla guida il premier uscente. Una svolta a 180 gradi ed un trasformismo che in caso di nuove elezioni potrebbero costare care e che sono motivate dal timore di Rivera di essere travolto dalla piega che il dibattito politico ha preso nelle ultime settimane. O governo o morte, questo si scorge dai media che paiono rappresentare (o forse “sovrarappresentare”) l’intolleranza per l’ipotesi di un eventuale mancato accordo e la minaccia di un nuovo ricorso alle urne dopo le due tornate di fine dicembre e giugno.
Ieri però le possibilità sembravano essersi ulteriormente ridotte al lumicino: per la quinta volta Rajoy ed il leader socialista Pedro Sanchez si sono incontrati e per la quinta volta sono usciti con un nulla di fatto. E ancora una volta è ripartita l’interminabile gara alla reciproca attribuzione della colpa per non aver compiuto alcun passo avanti nella formazione di un governo. «Se Rajoy non avrà i voti necessari l’unico responsabile è lui stesso» aveva ribadito Sanchez ieri pomeriggio dopo l’incontro con Rajoy che per la cronaca era durato solo mezz’ora. «Il signor Rajoy non ha presentato nulla al PSOE, tranne la sua personale opinione che se non avrà l’investitura sarà colpa del PSOE». Rajoy invece dal canto suo ha battuto lo stesso tasto delle ultime settimane, ovvero che la mancata disponibilità del PSOE ad appoggiare un governo rischierebbe di mandare in fumo la ripresa economica. Poche speranze in effetti c’erano sin dall’inizio di questa trattativa che dura da mesi e che non è mai veramente partita. Il PSOE, andato a congresso a luglio, ha ribadito da mesi l’intenzione di non fare alcun accordo coi popolari, e pure i parlamentari “possibilisti” si sono accodati alla linea uscita dal congresso.
A Rajoy, incassato il lasciapassare dei 32 deputati di Ciudadanos e quello del deputato indipendentista eletto alle Canarie, servirebbero almeno sei astensioni per avere qualche possibilità alla seconda elezione prevista per venerdì. E a non aiutare è anche il diniego della pattuglia di deputati regionalisti baschi di centro del PNV che ha ribadito il suo no al patto “centralista” tra PP e Ciudadanos. Rimangono alla finestra invece le forze di sinistra Podemos e Izquierda Unida che alle scorse elezioni si sono presentate unite: osservano il dibattito ed incalzano i tre principali soggetti in causa. Alla tv privata “Telecinco” il numero due di Podemos, Inigo Errejon, ha criticato il “patto d’impotenza” tra Rivera e Rajoy e ha sollecitato ancora una volta Sanchez a decidersi e a guardare alla sua sinistra: «Non sono necessarie nuove elezioni, bisogna provare a fare un governo progressista». Errejon ha invitato il PSOE ad iniziare un dialogo, coinvolgendo anche le forze regionaliste ed indipendentiste catalane e basche che hanno già detto no a Rajoy. Ma anche questa strada appare piuttosto difficile e soprattutto non molto gradita a re Felipe che salvo colpi di scena venerdì sera si ritroverà ancora una volta con la palla in mano.