Con la solita votazione non certificata la “base” approva la svolta di Grillo, l’addio a Farage e l’abbraccio con l’ultraliberista Verhofstadt che in serata, a sorpresa, chiude la porta al partito azienda dell’ex comico
di Checchino Antonini
Il capogruppo dell’Alde, Guy Verhofstadt, ha annunciato la rinuncia all’alleanza con il M5S. «Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa» ha dichiarato l’ex premier belga aggiungendo che «non c’è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo Alde». «Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave».«Tuttavia – ha concluso Verhofstadt – nelle questioni degli interessi condivisi, come l’ambiente, la trasparenza e la democrazia diretta, il gruppo Alde ed il Movimento 5 Stelle continueranno a lavorare strettamente insieme». Insomma, il progetto di far entrare gli europarlamentari del M5S nel gruppo Alde «è stato ritirato, totalmente». Ne danno notizia fonti del gruppo dei Liberaldemocratici nel Parlamento Europeo, dopo l’incontro tra gli europarlamentari tenutosi oggi a Bruxelles con il capogruppo Guy Verhofstadt. Salvini gongola e apre le porte agli elettori grillini delusi, nel loro piccolo anche i verdiniani di Ala avevano messo il veto alla confluenza in Alde.
«L’Alde dice NO ai M5S – spiega Eleonora Forenza, candidata del Gue alla presidenza del Parlamento europeo – stante l’opposizione di molte delegazioni (francese e tedesca, in primis). La prima reazione di fronte a “cotanta figura” di Grillo e Casaleggio sarebbe, istintivamente: “una risata vi seppellirà”. E’ invece preoccupante, e molto, il funzionamento di una forza politica di largo consenso come il M5S, che decide con un plebiscito informatico di cambiare gruppo provando a passare da una posizione no-euro al sostegno alla grande coalizione neoliberista. E’ un fenomeno che ha una lunga tradizione nella politica italiana: si chiama trasformismo. E’ altrettanto stupefacente la disinvoltura con cui, una figura chiave della grande coalizione, Guy Verhofstadt, capogruppo Alde e candidato alla presidenza del Parlamento europeo, prova a raggranellare deputati senza nemmeno avere il consenso del proprio gruppo. Come Sinistra unitaria europea continueremo a lavorare per costruire l’alternativa antiliberista alle forze della grande coalizione e alle destre. Abbiamo una lunga storia e lo sguardo rivolto al futuro. Il tempo breve della politica di Grillo pare non essere solo velocità, ma mancanza di respiro e prospettiva politica. I parlamentari grillini, che hanno nel 70% dei casi votato come la GUE/NGL, dovrebbero assumersi la responsabilità di dire la propria, sapendo che il tempo dell’opportunismo è finito: bisogna scegliere tra liberismo e antiliberismo, tra democrazia reale e democrazia etero-diretta».
La giornata era iniziata con la vittoria nel referendum interno dell’ipotesi del passaggio dal gruppo euroscettico con l’Ukip di Farage a quello ultra europeista del liberista fiammingo, Guy Verhofstadt. Da “uno vale uno” a “uno vale l’altro”, aveva commentato l’eurodeputata del Gue, Eleonora Forenza. Il voto on line della “base” del partito di Grillo e Casaleggio aveva aggiunto un altro ingrediente al mix inquietante che compone la sua pozione magica: il liberismo spinto di un gruppo che vuole il Ttip e rinforzare il fiscal compact e che si mescola con il populismo, le venature xenofobe, l’interclassismo e il verticismo di un partito-azienda che ha serie probabilità di governare questo paese dopo le mattanze prodiane, berlusconiane, montiane e renziane. «Il Movimento 5 Stelle ha deciso e scelto l’Alde – ha spiegato dunque Forenza – sono passati dagli xenofobi nazionalisti di Farage agli ultraliberisti europeisti nella grande coalizione! Con un click, senza una discussione pubblica, senza una discussione interna, senza una discussione nel gruppo parlamentare: questa non è democrazia diretta, ma un sondaggio sulla scelta del capo. Il M5S dovrebbe cambiare slogan: da uno vale uno, a uno vale l’altro».
La votazione on line che si è chiusa alle 12 e chiedeva agli iscritti di esprimersi sulla collocazione degli eurodeputati 5Stelle a Strasburgo. Questi i risultati pubblicati sul blog di Beppe Grillo: hanno partecipato alle consultazione 40.654 iscritti certificati. Ha detto sì al passaggio all’Alde il 78,5% dei votanti pari a 31.914 iscritti; 6.444 si sono espressi a favore della permanenza nel gruppo l’Efdd e 2.296 per confluire nei non iscritti. «A Di Maio va sempre ricordato, sbadato com’è, che le votazioni sul blog non sono certificate e quindi non verificabili nelle loro percentuali e risultati. Altro che democrazia. Per quanto se ne sa, le votazioni online potrebbero anche essere taroccate e quindi le decisioni prese finora senza legittimità», dice Adriano Zaccagnini, ex grillino transitato in Sel per l’irrespirabilità politica dei 5 Stelle, secondo il quale «l’avvicinamento alla Lega su specifici temi quali l’immigrazione e la probabile conversione su altri per avvicinarsi ai liberali dell’Alde testimonia che il M5S fa parte della famiglia politica del centrodestra».
Non sarebbe stata la prima volta che l’ALDE avrebbe accolto parlamentari eterodossi: tra il 2003 e 2006 ha ospitato Giulietto Chiesa, complottista e fan di Putin, e Antonio Di Pietro.
Riporta l’agenzia Agi che M5S e ALDE avevano anche sottoscritto – il 6 gennaio – un accordo in cui si precisano i dettagli tecnici sui fondi spettanti per statuto ai gruppi dell’Europarlamento e sulle poltrone. Dall’intesa emerge, in particolare, che l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle, David Borrelli, considerato fra i principali promotori dell’alleanza con i liberali di Guy Verhofstadt, sarà uno dei tre vicepresidenti esecutivi del gruppo. Borrelli presiederà inoltre un un working group sulla Democrazia diretta all’interno di Alde. Nel documento viene precisato anche che il bilancio per il 2017 sarà stabilito per periodi, mentre per il 2018 ci sarà piena integrazione.
«Caro Nigel, le nostre strade si dividono»
«Caro Nigel, le nostre strade si sono divise – aveva scritto il lider maximo a cinque stelle, l’ex comico Grillo, al conducator del partito xenofobo britannico – tu hai ottenuto la vittoria della battaglia principale di UKIP: l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Un risultato epocale che non sarebbe mai arrivato senza la tua leadership. E sono felice che sia arrivato tramite un referendum, massima espressione della volontà popolare. Il MoVimento 5 Stelle, invece, la sua battaglia deve ancora vincerla e abbiamo valutato di andare in un altro gruppo politico in Parlamento Europeo perchè riteniamo di poter affrontare con più concentrazione entrambi, noi e voi, le prossime sfide. Ti auguro il meglio e spero che le nostre strade si incrocino ancora, magari quando sarai ambasciatore del Regno Unito negli Stati Uniti, come ha auspicato il Presidente eletto Trump. Questo mondo riusciremo a cambiarlo».
Beppe Grillo e Davide Casaleggio, i titolari del partito azienda, avrebbero incontrato nel pomeriggio di oggi, lunedì 9 gennaio, a Bruxelles i 17 eurodeputati grillini per discutere della svolta piombata dall’alto con la decisione di aderire al gruppo Alde.
«Per ora non possiamo creare un gruppo del Movimento 5 Stelle a Bruxelles e a Strasburgo, perché il regolamento del Parlamento dice che devono essere composti da deputati di almeno sette stati membri differenti. Ma il semplice fatto che avremo la libertà di votare in difformità dal gruppo di appartenenza tutte le volte che vorremo, dimostra che il M5S non arretrerà di un solo millimetro nel realizzare il programma elettorale europeo con il quale ha raccolto 6 milioni di voti dei cittadini nel 2014», scrive su fb Di Maio che, sul voto sul passaggio del M55 a Alde sottolinea: «Ho votato nella consapevolezza che dal 2014 il Movimento 5 Stelle porta avanti le sue battaglie storiche sullo sviluppo economico, l’acqua pubblica (come NON dimostrano le due sindache a 5 stelle di Torino e Roma, ndr), la connettività, l’ambiente e i trasporti, anche in Parlamento europeo e lo fa a prescindere dal gruppo di appartenenza».
In realtà si sono stati abboccamenti per confluire nel gruppo dei Verdi ma, nei colloqui poi abortiti, c’è stato un «problema Grillo», nonostante la vicinanza politica su alcuni temi. Nel blog, Beppe Grillo aveva lamentato il rifiuto dei Verdi alla «richiesta di confronto». Un eventuale accordo è stato rigettato per una pregiudiziale nei confronti del leader 5 stelle, acuita dalle ultime dichiarazioni sull’immigrazione. Tra i motivi per dire no, anche il peso della delegazione italiana 5 stelle, che avrebbe influito sugli equilibri interni del gruppo dei Verdi. Una preoccupazione, si apprende, espressa soprattutto dalla delegazione tedesca. Infine, non avrebbero deposto a favore i colloqui paralleli portati avanti dal M5s con i liberali dell’Alde, colloqui poi sfociati nell’accordo approvato oggi dalla base.
Il partito di Farage – già colpito da una multa per la presunta destinazione indebita di fondi europei al finanziamento della campagna referendaria nazionale sulla Brexit – si ritroverebbe infatti in un gruppo EFDD ridimensionato senza i 17 grillini, con un conseguente taglio dei fondi (calcolati sulla base d’un contributo da 80.000 euro per eurodeputato) pari a «oltre 1,5 milioni».
Guy Verhofstadt, il baby Thatcher
Uomo dalle molteplici esperienze politiche, primo ministro, candidato (due volte respinto, nel 2004 e nel 2014) alla presidenza della Commissione europea, eurodeputato federalista, Guy viene descritto come un uomo politico ambizioso. Un’ambizione che lo ha portato a soli 29 anni alla guida del Partito liberale fiammingo, il PVV. Oggi, il 63enne ‘baby Thatcher‘ come veniva chiamato all’inizio, ha 40 anni di carriera politica alle spalle. È un europeista convinto, proviene da uno dei paesi fondatori dell’Ue, il Belgio, ed è abituato a mediare anche grazie ai suoi nove anni alla guida di un paese caratterizzato da spinte centrifughe e frammentazioni politiche. Nel suo ultimo libro, «Le Mal européen» propone vie di uscita per rimediare all’impotenza dell’Ue. Le sconfitte nella corsa alla presidenza della Commissione sono dovute in parte al Regno Unito e Tony Blair, contrari a vedere un federalista alla guida dell’esecutivo Ue, in parte al fatto che alle ultime elezioni europee il suo gruppo politico è finito al terzo posto aprendo così la strada verso la presidenza a Jean-Claude Juncker.
Ma l’appassionato europeista non ha pertanto rinunciato a svolgere un ruolo di primo piano in Europa, dove viene descritto come una delle rare figure mediatiche dell’istituzione europarlamentare, ruolo che condivideva in passato con Daniel Cohn-Bendit e che ora – da quando Cohn-Bendit è andato in pensione, due anni fa – esercita praticamente da solo, approfittando dell’ampio spazio di parola che gli viene offerto come presidente del gruppo. E durante il quale non esita a prendere di mira – con lunghi discorsi pronunciati in inglese (ma è un noto poliglotta, parla anche italiano) – leader stranieri come Alexis Tsipras, al quale ha chiesto se «fosse un vero leader o un falso profeta» o colleghi come l’antieuropeista Nigel Farage, il cui stipendio equivale – ha detto una volta – «al più grosso spreco dell’Ue». Sulla crisi dei rifugiati, non si stanca di denunciare «la mancanza di volontà politica di attuare una soluzione europea e l’assenza di umanità». Considera un errore l’accordo con la Turchia perché così l’Europa si mette nelle mani del sultano Erdogan, mentre – dice – ci si limita a spostare il ‘cimitero marinò mediterraneo dal Mar Egeo al Golfo di Sirte. Verhofstadt vuole centralizzare l’informazione riguardante le minacce alla sicurezza nei paesi europei e vuole, prima di tutto, rifondare l’Europa, per impedire, come sostiene, che sparisca.
Nel 2011 pubblica Debout l’Europe, scritto a 4 mani con Daniel Cohn-Bendit, poi nella sua ultima opera Le Mal européen, pubblicato il 12 maggio con prefazione di Cohn-Bendit formula proposte per rimediare alla crescita dei populismi, all’impotenza europea e alla crisi senza fine della zona Euro. La soluzione che propone è quella del federalismo. Convinto prima del voto che lo scrutinio britannico sulla Brexit, qualunque risultato avesse prodotto, avrebbe offerto la possibilità di fare passi avanti, di fare il salto federalista, non con tutti gli stati, ma con quelli che aderiscono alla moneta unica o vogliono farne parte, Verhofstadt ricorda che i padri fondatori avevano pensato fin dagli anni ’50 ad una soluzione a diverse velocità, da preferire alla mancanza di unità attuale. Alla guida per lungo tempo del governo belga – un governo che includeva ecologisti, liberali, socialisti – gli viene riconosciuta la capacità di far emergere una nuova cultura politica, quella del dibattito aperto. Ma alla fine sarà costretto a farsi da parte di fronte alla crescita del Vlaams Belang , destra radicale e nazionalista fiamminga. Allontanato dal potere nel 2008, non rinuncia a lavorare per l’Europa e diventa eurodeputato l’anno successivo. È membro fondatore con Cohn-Bendit e l’ecologista belga Isabelle Durant e la francese Sylvie Goulard, del gruppo Spinelli.