Dopo l’emergenza neve l’Abruzzo si mobilita dal basso perché non si ripeta mai più che centomila persone restino per giorni senza luce. Il Forum H2O lancia la mobilitazione
da Chieti, Alessio Di Florio
Rigopiano. Un nome sconosciuto a tantissimi fino a poche settimane fa. Poi, l’emergenza neve che nelle scorse settimane ha duramente colpito l’Abruzzo, ha scaraventato quest’angolo sotto i monti nella cronaca nazionale e nel dramma. Ore e giorni seguiti con trepidazione, speranza e dolore, il cuore d’Italia da Palermo ad Aosta si è gonfiato per il dramma dell’hotel. E’ sicuramente l’avvenimento più tragico di queste settimane, ma è l’emblema di un quadro molto più ampio e che ha coinvolto ampia parte dell’Abruzzo. La fragilità del territorio, con le tante perplessità, dubbi, interrogativi sulla costruzione. Ma anche sul comportamento delle istituzioni, da più parti accusate per quanto non son riuscite a fare in queste settimane. Le parole del geologo Mario Tozzi all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Cassino ne appaiono la sintesi “l’albergo era costruito in un posto dove poteva stare? Per le leggi sì, ma guardatelo un po’ quel posto, ha 800 metri di dislivello sopra, solo due chilometri dal ciglio della scarpata ed è l’ampliamento di un rifugio che ne aveva uno gemello appresso che non è stato nemmeno toccato dalla valanga. Abbiamo fatto una breve ricognizione: sul rio Gravone c’erano state valanghe, nel rio a sud-est pure. In più, abbiamo trovato un’immagine aerea in cui si vede quel canalone denudato dagli alberi: può essere stata solo una valanga. Questa nevicata famosa non era catastrofica, unica. Le nevicate del 1985 e del 2012 erano simili. Nel 1985 a Pescara c’erano 13 gradi sotto zero, ce lo siamo solo scordato. Era un evento anomalo, ma che devi mettere nel conto. Volendo addebitare all’eccezionalità questa situazione, al cigno nero, ci togliamo le nostre responsabilità. Se questo evento è straordinario, io che ci potevo fare. E no, questa scusa non può funzionare più, perché ormai queste cose le raccontiamo e studiamo da anni. C’era da porre più attenzione nella prevenzione”. Rigopiano è stato l’epicentro dell’emergenza, del dramma. Ma parole simili possono essere spese anche per molte altre porzioni della Regione. A partire dal mega black out elettrico, che ha lasciato centinaia di migliaia di persone senza luce (e quindi anche senza riscaldamento e collegamenti telefonici nelle case per esempio) e che è durato (soprattutto a cavallo tra la Provincia di Pescara e Teramo, con punte massime soprattutto nella “Valle del Fino”) anche una decina di giorni. Black out che ha coinvolto soprattutto la rete Enel, ma che non ha risparmiato quella di Terna.
Il 24 gennaio la conferenza dei capigruppo al Consiglio Regionale ha “sottoscritto un documento, consegnandolo al Presidente del Consiglio regionale, con la richiesta di inviarlo al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministero dello Sviluppo Economico, con cui si chiedono le dimissioni degli attuali vertici di Enel”. Una posizione che secondo Sinistra Anticapitalista Abruzzo “non è possibile sottoscrivere” perché le responsabilità dei gestori del servizio elettrico non assolvono “le responsabilità istituzionali, in primis degli stessi amministratori regionali”. Secondo l’organizzazione quanto accaduto in Abruzzo “un modello di politica del territorio e di gestione non può essere portato avanti” perché la regione “non ha necessità di mega elettrodotti, mega varianti autostradali, centri commerciali a un passo dal fiume (per poi costruire a monte, con soldi pubblici, vasche di esondazione a carico della fiscalità pubblica), mega infrastrutture portuali. Così come la preoccupazione per il dissesto idrogeologico, nella costruzione di qualsiasi infrastruttura viaria deve essere la primissima preoccupazione. Cosa che, denunciano associazioni, movimenti e comitati, non starebbe accadendo per progetti come la variante ANAS a L’Aquila e la fondovalle Sangro”. Senza dimenticare i due elettrodotti Villanova-Gissi e Tivat-Villanova. Contestati da associazioni, movimenti e cittadini negli ultimi anni. Sinistra Anticapitalista ricorda che, esattamente un anno prima dei giorni dell’emergenza neve, i comitati contro l’elettrodotto Villanova-Gissi sono stati protagonisti di un sit in di protesta (https://www.popoffquotidiano.it/2016/01/23/terna-e-potente-e-imbavaglia-la-regione-ma-silvia-non-e-sola/) verso l’istituzione regionale che “non hanno sentito con decisione e risolutezza, fino all’ultimo, senza se e senza ma, a lottare al loro fianco”. Nel nostro Paese, prosegue il documento, sono stati portati avanti processi di “liberalizzazione e privatizzazione” che hanno “consegnato un servizio pubblico essenziale come l’elettricità al mercato neoliberista più sfrenato, mettendo i profitti in cima a tutto e togliendo ogni contatto e controllo pubblico. Scelte politiche che vedono nel PD, il partito di D’Alfonso e principale azionista della maggioranza alla Regione Abruzzo, uno dei suoi più decisi esecutori”. Durissima la presa di posizione finale contro la Giunta Regionale: secondo Sinistra Anticapitalista Abruzzo “davanti a tutto quello che le abruzzesi e gli abruzzesi hanno subito, davanti al quadro generale dell’Abruzzo ampiamente documentato, ad una devastazione conseguenza di politiche neoliberiste che hanno tolto ai cittadini per regalare al solo mercato e al profitto servizi pubblici essenziali” si può trarre una sola conclusione: “le immediate dimissioni di D’Alfonso, dell’ex assessore regionale all’Ambiente e alla Protezione civile (oggi sottosegretario) Mario Mazzocca e dell’intera giunta regionale”, riferendosi alla scelta politica di non avere più un assessorato alla Protezione Civile e all’Ambiente, sacrificato “per equilibri interni al PD e con i propri alleati (a partire da Sel)”. Posizione simile è stata espressa da Maurizio Acerbo di Rifondazione Comunista. Acerbo accusa “la strategia dalfonsiana tutta concentrata sulla realizzazione di grandi opere infrastrutturali di assai dubbia utilità e sovente dannose” di essersi “dimostrata del tutto lontana dagli interessi collettivi”. “Se è vero che le Provincie (tutte in mano al PD dalfonsiano) erano senza risorse a causa dei tagli decisi dai governi del PD invece di organizzare leccate di piedi e applausi per Renzi – con chiaro riferimento alla visita dell’allora Presidente del Consiglio in Abruzzo lo scorso 10 novembre – e un esercito di ministri e sottosegretari non era il caso che D’Alfonso e i Presidenti delle Province e gli altri amministratori PD aprissero una vertenza sulle conseguenze di quei tagli? Perchè invece di congratularsi non hanno alzato la voce per dire che non erano neanche in grado di pulite le strade in caso di neve?”. “Finita l’emergenza – conclude Acerbo – D’Alfonso e qualche presidente del PD dovrebbero dimettersi insieme ai vertici Enel”.
Secondo il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica i fatti delle scorse settimane rappresentano “uno spartiacque nella storia della regione e forse per alcune vicende, anche per l’intero paese”, denunciando che “erano decenni, forse dal 1980 in Irpinia, che sul campo non si vedeva una tale irresponsabilità e una totale disorganizzazione, con la liquefazione dello scheletro dello Stato in un’area così vasta” e lanciando la mobilitazione “#emergenzabruzzo ora basta mai più” con un’assemblea a Pescara il 4 febbraio. “L’emergenza – scrivono gli ambientalisti – ha disvelato il fallimento complessivo dell’azione amministrativa e politica di decenni a partire dalla programmazione errata degli investimenti sul territorio, tutti incentrati su grandi opere e non sulla cura dell’esistente, a partire da strade e reti elettriche di Terna ed Enel. Basti pensare che in Abruzzo il principale investimento di Terna, realizzato con i soldi dei cittadini, è un cavo dal Montenegro che vale un miliardo di euro”. Il Forum preannuncia “esposti a tutte le procure abruzzesi, a quella di Roma e a quella di Milano sulla questione blackout” e “sul caos organizzativo istituzionale in tutte le procure abruzzesi”, proponendo “un’azione di medio-lungo periodo con cittadini ed altre reti di associazioni per approfondire le gravissime criticità emerse e promuovere soluzioni, a partire dalla profonda revisione del Masterplan sul quale sembra che si stia formando largo consenso sociale ed istituzionale”. Masterplan di cui una profonda revisione è stata chiesta a D’Alfonso anche dal WWF “per salvare la Regione”, “eliminando le opere che violentano il territorio e utilizzando quei soldi per la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, il consolidamento antisismico degli edifici a rischio (a cominciare dalle scuole), il potenziamento del trasporto ferroviario, la valorizzazione di una offerta turistica diffusa e verde (l’unica che ha un futuro), la predisposizione di piani di emergenza con strutture e mezzi tenuti sempre in efficienza”.
Alessio Di Florio