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Ci sarà un processo per gli agenti che sequestrarono Narducci

Caso Narducci, il Gup di Forlì ha stabilito il rinvio a giudizio per tre poliziotti per calunnia, falso, falsa testimonianza, sequestro di persona. L’ira di Tonelli, capo del Sap, contro la malagiutizia

di Ercole Olmi

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«Calunnia, falso, falsa testimonianza, sequestro di persona. Tutti in danno di Filippo Narducci. Questi i reati per i quali oggi sono stati rinviati a giudizio i poliziotti Pieri, Foschi, Tizi. È ora che qualcuno sia chiamato a rispondere di ciò che dice e scrive», scrive Fabio Anselmo, legale in prima linea nei processi di malapolizia e parte civile anche in questo caso.

Ci sarà dunque un processo pubblico per i quattro poliziotti che, secondo la pubblica accusa, la notte del 9 aprile 2010 pestarono di botte, sequestrarono e calunniarono, Filippo Narducci, a Cesena. Una serie di operazioni violentissime che le questure riassumono nella formula “controllo di polizia”, una formula che a volte uccide e che agli agenti protagonisti frutta la solidarietà della stragrande maggioranza dei colleghi e alcuni minuti di standing ovation in qualche congresso sindacale.

Marco Pieri, Giancarlo Tizi e Christian Foschi, sono appunto i poliziotti che, nel 2010 a Cesena durante un controllo portarono Filippo Narducci, impiegato all’epoca 29enne, in commissariato e lo trattennero per alcune ore, dopo essere stati condannati a 4 mesi in primo grado per lesioni, andranno a processo il 25 maggio prossimo anche per falso, calunnia, falsa testimonianza e sequestro di persona. E’ quanto deciso a Forlì dal Gup Giorgio Di Giorgio che ha disposto il rinvio a giudizio. Narducci, invece, era stato assolto dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, scagionato dai filmati delle telecamere dell’impianto di sicurezza del Bar Notturno di via Zuccherificio, dove era stato fermato dai poliziotti, in un’auto in cui si trovava insieme ad altre due persone. Sulla decisione pende il ricorso in Cassazione.

Il segretario generale del Sindacato autonomo di Polizia, Gianni Tonelli, ha perfino portato avanti  uno sciopero della fame per «solidarietà ai tre poliziotti del commissariato di Cesena accusati da Filippo Narducci di maltrattamenti durante un controllo». Per l’episodio i tre sono stati condannati in primo grado a quattro mesi per lesioni – sentenza in attesa di appello – e il Gup di Forlì ha deciso oggi su un nuovo fascicolo aperto dal Pm Filippo Santangelo sui poliziotti, che ipotizza il falso in atto pubblico, la calunnia, la falsa testimonianza nel processo e il sequestro di persona. I tre sono difesi dall’avvocato Riccardo Luzi, a cui si affiancano come nuovi difensori, l’avvocato Marco Martines di Forlì, per Pieri e l’avvocato Eugenio Pini di Roma, per Tizi e Foschi.

Dove ci sono casi di malapolizia che arrivano a processo, Tonelli e i suoi colleghi scorgono solo «malagiustizia». «Il caso Narducci a Forlì è lo stereotipo della malagiustizia italiana, una vergogna dalla quale ci dobbiamo affrancare se abbiamo l’ambizione di risollevare questo Paese», ha detto il segretario del Sap, sindacato autonomo di Polizia, Gianni Tonelli, dopo il rinvio a giudizio per tre poliziotti. Tonelli è il leader del Sap, il secondo sindacato per iscritti, che un paio di anni fa, nel corso dell’assise nazionale, tributò un clamoroso quanto inopportuno applauso ai quattro condannati per l’omicidio Aldrovandi. Il Sap è una delle sigle che promosse l’assedio alla questura di Napoli per impedire l’arresto dei colleghi accusati delle violenze contro i manifestanti del marzo 2001. Il Sap è il sindacato che offre tutela legale ai colleghi che operano nelle truppe di occupazione della Valle di Susa (e che però, grazie alla Procura di Torino, non hanno mai rischiato un’incriminazione, guardate il documentario “Archiviato”). Insomma Tonelli è «affranto per i miei colleghi e disgustato dalla giustizia italiana. Contro gli agenti non vi è alcun elemento, e anche la certificazione medica del pronto soccorso esclude qualsiasi lacerazione. Addirittura c’è un testimone che, il giorno dopo i fatti, dichiarò di non aver notato nulla sul suo volto, eppure, oggi, gli uomini in divisa sono stati rinviati a giudizio per reati infamanti, che vanno dal sequestro di persona al falso». L’invito del Sap a tutti i poliziotti è dunque quello di «fare domanda per essere collocati in servizi interni, fino a quando l’amministrazione non avrà fornito telecamere a tutti, sotto il regolamento del Garante della privacy». Il Sap è uno dei sindacati che si oppone con pervicacia all’introduzione di un vero reato di tortura e anche al codice alfa numerico che permetta a un magistrato di riconoscere chi opera travisato in servizio di ordine pubblico.

 

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