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Brescia, colpevoli di solidarietà con chi non ha casa

Spunta un nuovo reato: il reato di solidarietà. Il tribunale di Brescia ha inflitto tre condanne pesanti a militanti della lotta antisfratti di questa città e della sua provincia

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Prendiamo atto che nell’ordinamento giuridico si inserisce un nuovo reato: il reato di solidarietà.

Il 14 febbraio 2017 il tribunale di Brescia ha inflitto tre condanne a militanti della lotta antisfratti di questa città e della sua provincia.

A Claudio Taccioli del Comitato antisfratti/dirittoallacasa la giudice ha comminato 1 anno, a Beppe Corioni del Centro Sociale 28 maggio di Rovato 10 mesi, e a Elena Nodalli dell’Associazione “diritti per tutti” 6 mesi.

Questa criminalizzazione di solidali è volta a scoraggiare chi davanti all’ingiustizia sociale decide di battersi contro una legalità che nega i diritti fondamentali dell’essere umano.

Quando le leggi che dobbiamo rispettare sono in contraddizione con i principi di umanità e solidarietà come ci dobbiamo comportare? Possiamo essere insensibili all’umana sofferenza e, in questo caso specifico, davanti ad una famiglia con due bambini in tenera età di cui uno disabile al 100% che vivono sfrattati per povertà in un furgoncino, girare la testa dall’altra parte e non correre loro in soccorso?

La risposta per noi è quella che vede anteposti sempre i principi generali e universali dell’essere umano a cui pensiamo che lo Stato debba con leggi giuste dare attuazione e non disdetta. In caso contrario, per un elementare principio di civile convivenza, ci sentiamo chiamati ad azioni di solidarietà, che suppliscano, in questo come in molti altri casi, alle carenze legislative e alla mancata attuazione dell’articolo 2 della Costituzione Italiana:

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

E la Costituzione “dovrà essere fedelmente osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato”, come dice la sua XVIII disposizione finale.

Nel nostro caso la famigliola ora ha trovato collocazione in una casa Aler, e questo grazie all’intervento dei solidali che, entrando negli uffici dei servizi sociali del Comune di Mazzano, hanno chiesto un incontro con chi aveva il dovere di intervenire.

Reato di soccorso? Reato di solidarietà? Reato di umanità?

Questa sentenza dimostra l’aperta ostilità delle istituzioni per le lotte sul territorio che contrastano la crisi che ci attanaglia. Lo Stato si serve spesso delle risorse di mobilitazione spontanea quando si esplicano nel volontariato, evitando in tal modo di impiegare risorse proprie, ma quando le stesse sono messe al servizio dei più deboli, dei più poveri e degli ultimi, allora lo Stato si vendica. Questa vendetta ha dalla sua il silenzio di chi è rassegnato, di chi non capendo le responsabilità della crisi le imputa all’anello più debole della nostra società: gli immigrati e i profughi. Questa “maggioranza silenziosa” non è più una società, perché grazie alle politiche ultraliberiste dominanti la società non esiste più, ridotta ad un insieme di individui accomunati solo dall’avere un nemico comune e indifferenti a tutto ciò che li circonda in un’orgia di egoismo demenziale.

Se portare soccorso, dare solidarietà attiva, trovare soluzioni è un reato, allora noi tutti ci dichiariamo pubblicamente colpevoli. Ma a questo punto va ricordato che esistono nel diritto penale italiano anche i delitti di omessa solidarietà, come l’abbandono di persone minori o incapaci e l’omissione di soccorso. I loro principi ispiratori si fondano sul dovere di solidarietà che riflette il principio solidaristico della Costituzione, che si erge per promuovere i comportamenti encomiabili e per indirizzare il nostro agire verso una condotta doverosa. Il legislatore in questo caso si è preoccupato di suggerire un modello etico-culturale e di relazioni umane in contrasto con la società “liberistica”. Trattandosi di un dovere, il soccorso deve essere prestato anche nel caso che sia gravoso o pericoloso per chi deve adempierlo. In questo caso sono proprio la vita e l’incolumità personale a essere tutelati come beni di primissimo rango. A maggior ragione quando sono dei minori ad essere in pericolo. In questi casi, dice il codice penale, gli obbligati a prestare soccorso, cioè tutti i cittadini, devono rivolgersi “all’autorità”, come hanno fatto i solidali condannati !!!

Ci possiamo allora chiedere: chi è fuori legge? chi non ha prestato assistenza? I solidali condannati da una giustizia ingiusta, che con la loro azione hanno dato sostanza al dettato costituzionale, o chi, avendo giurato sulla nostra Costituzione, ha mancato una volta ancora al suo compito istituzionale?

 

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