La commissione parlamentare antimafia chiede a Giovanardi di autosospendersi dopo l’avviso di garanzia per presunte pressioni in favore di una ditta in odore di ‘ndrangheta
di Ercole Olmi
La Commissione Antimafia richiede al senatore Carlo Giovanardi e all’on. Riccardo Nuti «di valutare l’opportunità politica di sospendere la loro partecipazione, sotto qualsiasi forma, ai lavori della Commissione». È quanto è stato deciso oggi all’unanimità dalla riunione dell’Ufficio di Presidenza della Commissione parlamentare Antimafia, che ha esaminato le questioni relative alle vicende del senatore Carlo Giovanardi e del deputato Riccardo Nuti (grillino palermitano sospeso anche dal partito-azienda per la storia delle firme false), coinvolti in indagini giudiziarie.
«Preso atto di non avere alcun potere sulla composizione della Commissione, i cui membri sono designati all’inizio dei lavori dai Presidenti delle Camere su indicazione dei Gruppi parlamentari; e riconoscendo che allo stato non ricorrono le condizioni previste dal Codice di autoregolamentazione e dalla Legge istitutiva», l’Ufficio di presidenza della Commissione Antimafia, che si è riunito oggi, presidente l’on. Rosy Bindi, ha deciso di richiedere a Giovanardi e a Nuti «di valutare l’opportunità politica di sospendere la loro partecipazione, sotto qualsiasi forma, ai lavori della Commissione».
Giovanardi, pressing sul prefetto per riabilitare un’azienda della ‘ndrangheta
Curiosa e macabra la vicenda che coinvolge Giovanardi, ex carabiniere, democristiano di destra, uso a balzar all’onore delle cronache per violente dichiarazioni contro le vittime di malapolizia e i loro familiari, a difesa dell’onore delle forze dell’ordine a prescindere, proibizionista sulle droghe (ha scritto la legge criminogena con Fini), omofobo per quel che concerne la “famiglia” e negazionista sulla strage di Ustica (è l’unico a credere che sia stato un ordigno a bordo a far esplodere il Dc9 Itavia). Ora, come anticipa L’Espresso, è accusato accusato, tra l’altro, di aver minacciato con pressioni indebite due ufficiali dell’Arma dei carabinieri. Tutto ciò nell’ambito dell’inchiesta antimafia di Bologna che ha tra gli indagati proprio il senatore fondatore di “Idea”, dopo aver attraversato Ccd-Udc-Popolo della libertà-Nuovo centrodestra con Gaetano Quagliariello e a Eugenia Roccella. La sua posizione è al vaglio del gip, che sta valutando la rilevanza di alcune intercettazioni e di numerosi tabulati di conversazioni con altre persone coinvolte nell’indagine. Il filone investigativo è quello sugli appoggi interni alla prefettura di Modena su cui poteva contare un’azienda sotto processo per ’ndrangheta. I titolari sono imputati a Reggio Emilia per concorso esterno in associazione mafiosa. Nella stessa aula alla sbarra c’è il gotha della ’ndrangheta emiliana: boss, gregari e complici del clan «guidato da Nicolino Grande Aracri, detto “Mano di gomma”, che vanta amicizie massoniche e vaticane. Un maxiprocesso, questo, con oltre 140 persone in attesa di giudizio», ricorda il settimanale. L’Emilia è la regione con la maggiore penetrazione mafiosa nell’economia.
Secondo i pm Beatrice Ronchi e Marco Mescolini Giovanardi avrebbe spifferato segreti e minacciato un corpo amministrativo dello Stato con l’aggravante di aver agevolato l’organizzazione mafiosa. Con lui sono indagate altre 11 persone, tra cui gli imprenditori che hanno chiesto aiuto al politico e il capo di gabinetto della prefettura modenese, Mario Ventura.
L’accusa in soldoni: la prefettura di Modena ha escluso la ditta Bianchini dalla white list delle aziende pulite e Giovanardi si sarebbe fatto in quattro per far ritirare la decisione. Un suo amico, capo di gabinetto in prefettura lo avrebbe definito «un martello pneumatico». La posta in gioco quella degli appalti del post-terremoto emiliano. Il metodo di Giovanardi: minacce di trasferimenti e denunce nei confronti di chi resisteva al pressing. Sostengono i pm che ha agito «in assenza di qualsiasi connessione, se non strumentale, con qualsivoglia attività parlamentare». Per Giovanardi, al contrario, non sarebbe stato null’altro che «attività di sindacato ispettivo sulle altre istituzioni, in questo caso la prefettura». Ma le intercettazioni sarebbero così imbarazzanti da far chiedere alla commissione antimafia la sua autosospensione. Proprio due ufficiali dei carabinieri, il colonnello Stefano Savo, ex comandante provinciale dei carabinieri di Modena, e il tenente colonnello Domenico Cristaldi, capo del nucleo investigativo, quello che ha seguito l’inchiesta Aemilia sulla ’ndrangheta emiliana, sembrano confermare l’impostazione dei pm. I due ufficiali sono stati contattati dal senatore per discutere del caso Bianchini. Dal loro racconto esce il film di un Giovanardi che strepita, minaccia, insulta, chiede la testa di quel «coniglio» del prefetto.
La voce grossa di Giovanardi contro due ufficiali dei carabinieri
«Mai immaginavo che le attenzioni manifestate dal senatore potessero giungere a un incontro del genere…voglio sottolineare che ha tenuto un comportamento estremamente deciso e perentorio, incalzante…Peraltro sia io che il comandante eravamo in divisa, in un esercizio pubblico, e il parlamentare non usava un tono di voce basso», dirà Cristaldi stupito «per i temi trattati e i toni, proprio perché riguardavano una nostra attività di ufficio di natura riservata e di cui lui si mostrava pienamente a conoscenza».
Il 18 ottobre 2014, nell’ufficio del politico, a Modena, si è tenuto uno degli incontri riservati tra Giovanardi e la famiglia Bianchini che ha registrato tutto. E poi esistono quattro dialoghi telefonici intercettati per caso durante un’indagine, parallela. Telefonate tra Giovanardi e un altro imprenditore, Claudio Baraldi, in passato bloccato dalla prefettura di Modena con un’interdittiva antimafia ma poi riabilitato forse anche grazie a Giovanardi. Perché l’ossessione di Giovanardi per riabilitare la Bianchini che sicuramente è un satellite della galassia di una ‘ndrina?
Una domanda che non si pone il suo partito Idea che, anzi, reputa «stupefacente» l’idea che Giovanardi indagato in un’inchiesta dell’antimafia si autosospenda dalla commissione antimafia.