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Animali, ecco che cosa pensano del partito di Brambilla e Berlusconi

Il Movimento animalista non convince gli animali. Nè quelli “domestici”, tantomeno i selvatici. «Questa del partito ci pare una trovata per arraffar voti»

di Enrico Baldin

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Gli animali non hanno preso di buon grado l’iniziativa di Michela Vittoria Brambilla di fondare Movimento Animalista con lo sponsor di peso Silvio Berlusconi. I primi sondaggi hanno accreditato la neonata formazione attorno al 5%, i politologi invece ritengono che formazioni politiche con obiettivi tematici sono sempre state relegate a percentuali da prefisso telefonico. La Brambilla e lo stesso Berlusconi però affermano di credere che i risultati potrebbero essere ben più importanti visto il numero di italiani che in casa hanno animali domestici o “di affezione”. I primi a non credere nel neonato movimento però paiono essere gli animali stessi. Lo abbiamo constatato direttamente raccogliendo le impressioni di diversi rappresentanti del mondo animale.

La delegata dell’ “Associazione volatili”, inizialmente rifiuta di rilasciare un’intervista. Poi torna sui suoi passi quando mi faccio accompagnare da due volontarie della LIPU (l’associazione che si dedica alla protezione degli uccelli) che la giustificano. La freddezza iniziale era dovuta al timore dell’imboscata di un cacciatore, dicono le due volontarie. «Ieri mentre volavamo a un paio di km da qua sono stata sfiorata da un proiettile», inizia sconcertata mentre parliamo da sotto l’albero in cui stava lavorando al suo nido. «Non parlo solo di noi tortore, ma anche tutti gli altri uccelli sono spaventati dagli spari – protesta – se gli umani vogliono qualcosa da noi volatili è solo spararci per divertimento o metterci in gabbia». Anche per questo alcuni anni fa la mia interlocutrice fondò una associazione di cui divenne rapidamente tra i principali esponenti. Niente sito internet né pagina Facebook, solo attività di prevenzione: «Quando vediamo o sentiamo cacciatori in zona mettiamo in moto becco e corde vocali e facciamo passaparola». Ma vanno anche oltre.

La settimana scorsa un gruppo di una ventina di uccelli di diverse specie ha effettuato un blitz su carrozzeria e parabrezza di un’auto di un cacciatore della zona: «L’abbiamo riempita di cacca», racconta ridacchiando. Le chiedo che ne pensa del movimento di Michela Vittoria Brambilla: «Ben venga che qualcuno voglia difendere i diritti degli animali, ma qui la cosa non mi convince». Rilancia: «Dice di voler tutelare l’ambiente, ma sta fondando un partito con chi dell’ambiente se n’è sempre fregato. Sa che vuol dire per noi uccelli il surriscaldamento del pianeta? Sa che vuol dire per noi la trasformazione di pianure, lagune e montagne? Sa che vuol dire per noi la cementificazione?». La ragguaglio sul fatto che oltre a Berlusconi, tra gli aderenti al nuovo movimento ci sono alcuni vecchi membri dei Verdi, partito che a inizio anni ’90 promosse il referendum per abolire la caccia. «Dovrebbero capire cosa vogliono fare, mica basta Dudù o una foto con un agnello per essere animalisti». Gli chiedo cosa lo preoccupi: «Vede, nei governi Berlusconi non è stato messo in pratica il protocollo di Kyoto, è stata fatta una legge che istituiva 103 inceneritori, si è finanziato il Mose. Sa quante specie di uccelli dovranno andarsene dalla laguna veneziana? Vuole che prosegua l’elenco? Vuole sapere che conseguenze avranno queste politiche su noi volatili e non solo su di noi?». Per essere alla sua prima intervista ad un quotidiano scritto da uomini, il pennuto pare a suo agio.

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Alcuni km più a sud raggiungo Neve, una gatta il cui nome è stato scelto per il colore del manto. Gioca con altri gatti della borgata. Facciamo una chiacchierata dopo che gli stessi ci annusano approfonditamente mani e piedi. Neve ci parla mentre giocherella coi lacci delle scarpe: «La Brambilla? Usa noi gatti e cani per mantenere la poltrona». Non che la televisione sia il loro passatempo preferito, ma al gruppo di felini paiono non sfuggire certe cose: «Noi in tivù facciamo tenerezza e magari facciamo divertire voi che guardate, ma molti di noi si sentono “usati” a scopi elettorali dalla signora Brambilla». Il gruppo non risparmia nulla alla nuova formazione politica: «Puntano su quelli che chiamano “animali da compagnia” perché tornano comodi i voti di quelli che chiamano “i padroni”. E i randagi che padroni non ne hanno? Non vorremmo si pensasse ci siano gatti di serie A e di serie B». Ricordo ai nostri interlocutori l’impegno della Brambilla per liberare canili e gattili. «Questo va bene» – ci dice una felina dal voluminoso pelo nero con zampe e torace bianco che pare più aperta verso la nuova formazione – «Quelli sono luoghi pessimi, noi non ci vivremmo bene».

Mi addentro in una stalla di bovini nella campagna padovana. L’allevatore spiega di avere seicento capi e di portare avanti il lavoro dopo che il padre glielo lasciò vent’anni fa. Mentre si trattiene, tra una telefonata e l’altra, approfitto per rivolgere alcune domande agli abitanti delle stalle. Il toro più loquace dice di essere chiuso in quei pochi metri quadri da un mese e mezzo, da quando è stato trasportato da un camion proveniente dalla Bulgaria. «Siamo in nove e viviamo in venti metri quadri, mangiamo sempre il solito schifo, e qualche volta ci prendiamo pure qualche badilata in testa» muggisce il bovino riconoscibile per la macchia bianca a forma di T evidente in fronte. Perché prendete le badilate? «A volte perché ci sporgiamo troppo dalla recinzione, altre volte non sappiamo neppure noi il motivo» ci risponde un altro toro. Quando gli chiediamo un parere sul nuovo partito animalista fondato la scorsa settimana cresce la fibrillazione. Qualcuno pare essere fiducioso: «La politica prima non aveva mai pensato a noi». Qualche altro è più scettico: «Del fatto che noi verremo macellati pare non fregare niente a nessuno – dice senza mezzi termini uno degli intervistati – del resto voglio vedere se una come la Brambilla si metterebbe contro le multinazionali del cibo che fanno profitti riempiendoci di estrogeni, chiudendoci in pochi metri e poi uccidendoci». Ricordo agli interlocutori che la leader del partito animalista olandese, che alle recenti elezioni ha ottenuto 5 seggi alla Camera, è contro allevamento e agricoltura industriale. «Sarebbe un passo avanti» dice dalle retrovie un bue apparentemente più giovane rispetto ai compagni di stalla. Un altro pare più scoraggiato: «Allevamenti intensivi o no, anestesia o meno al momento dell’uccisione, qualcuno di noi muore comunque». E puntualizza: «Stai tranquillo che la Brambilla per noi non farà niente. Che me ne importa di avere una morte meno brutale se ho passato tutta una vita di merda?». Quando pongo all’attenzione il fatto che decine di migliaia di persone lavorano nell’allevamento il primo toro si scaglia: «Siete voi quelli dotati di ragione, siete voi a considerarvi superiori. Lavorate meno, organizzate lavoro e società senza che questa debba fondarsi sulla nostra morte».

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Altra campagna e altro allevamento. In questo caso dentro ad un non certo confortevole serraglio si trovano sei maiali che si intrattengono volentieri. «Qui abbiamo cibo in abbondanza» dice il più vecchio del gruppo.« Gli umani ci danno anche i loro scarti ma noi non facciamo certo i difficili. Sì è vero, lo spazio è stretto e un paio di mesi fa stavamo più larghi. Abbiamo messo su qualche chilo e ultimamente non abbiamo tutta sta dinamicità nel muoverci» dice il maiale. Ma quando sollevo la questione politica, il nostro interlocutore si accende. Confida di essere stato grillino pur senza esser riuscito ad aderire ai meetup. Ma ora si dichiara solo sfiduciato dalla politica, Movimento Animalista compreso: «La Brambilla? Vada in tivù abbracciando uno di noi maiali. Forse però noi non facciamo tenerezza come gatti e cani, non abbiamo la stessa resa politica al teleschermo» ci dice con un tagliente sarcasmo. Poi tirando fuori il suo animo antipolitico conclude: «Questa del partito mi pare una trovata per arraffar voti e per mantenere poltrone e vecchia politica». «Ditelo che la Brambilla è stata presente a solo l’1,2% delle votazioni della Camera», affonda ancora il suino, piuttosto avvezzo a internet a quanto pare.

Per parlare con un camoscio invece sono salito sul massiccio del Grappa, nelle prealpi trevigiane. Incontro un gruppo di camosci meno schivi di altri che, pur mantenendo debita distanza, accetta di scambiare qualche parola. Dicono di non chiedere molto dalla politica, si sentono già abbastanza tutelati dalla loro libertà, affermano di temere solo i cacciatori anche se ormai hanno imparato quali sono le zone off limits per gli appassionati della doppietta. «Il maggior problema è il bracconaggio, per il resto stiamo cercando di imparare a non farci vedere dai cacciatori», mi dice il capobranco. Chiedo al camoscio se voterebbe il partito della Brambilla nel caso avesse il diritto al voto: «Ma le pare che dovremmo votare un partito che dice di voler abolire la caccia agli animali ma che non dice nulla della caccia agli uomini?». Il ragionamento termina con aria di ammonimento: «Abolite pure la caccia, poi magari imparate anche a smettere di ammazzarvi tra di voi, di farvi guerre e di spendere valanghe di denaro in armi. Forse staremmo meglio tutti».

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