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Solo le lotte sociali fermeranno la repressione delle lotte sociali

Repressione. L’escalation di violenza poliziesca e misure preventive non riguarda solo l’Italia. Giuristi democratici e Osservatorio repressione contro lo stato d’eccezione permanente

di Checchino Antonini

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Le cariche a Torino, in assetto antisommossa contro la pacifica movida torinese e, prima ancora all’Unical di Rende contro chi metteva in discussione i decreti Minniti-Orlando; i fogli di via contro chi avrebbe voluto manifestare a Roma, Bari, Taormina, Bologna e – più incredibile – l’identificazione di un praticante legale chiamato da Amnesty a una manifestazione al Pantheon per i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo, perché le sue parole [piuttosto critiche su quei decreti] potrebbero configurare reato. Un’escalation di violenza poliziesca che s’è consumata nel giro di pochi giorni. Che l’Italia viva una torsione autoritaria è ormai evidente. Forse è meno chiaro al grande pubblico che, come per altri salti all’indietro (amnistia per le camicie nere, legge Reale, stagione emergenziale degli anni ’80, lager per migranti, mattanze di manifestanti, tortura in carcere e nelle caserme), sono le culture governiste di Pci e Dc a gestire i passaggi più controversi, specie ora che sono indistinguibili, unificate anche ufficialmente dall’ombrello del Pd. «Una torsione sicuritaria in nome della sicurezza e del decoro – spiega Giovanni Russo Spena, giurista e responsabile del settore per Rifondazione comunista – che dà potere assoluto al Viminale, scavalcando i sindaci, contro le cosiddette marginalità sociali. Siamo dentro lo “stato del controllo” di cui parlava Deleuze.

Un contesto che si complicherà nel caso in cui, fra sei giorni, la Camera dovesse riuscire a votare quella legge sulla tortura che fa impressione alla Corte europea per i diritti umani e allo stesso Consiglio d’Europa.

In questo contesto c’è chi prova a mobilitarsi contro quella legge, mentre qualcuno ritiene che sia meglio di niente, e contro l’abominio delle misure preventive rilanciate dal decreto Minniti-Orlando ma ereditate dai tempi bui del fascismo e dello stato sabaudo.

L’Osservatorio Repressione propone la nascita di una “rete Europea per il diritto di dissenso in difesa delle lotte sociali”. «Una rete che sia capace di investigare sulle forme della repressione a partire dai singoli stati Europei verificando le similitudini legislative dei singoli paesi trovando i punti in comune. Un lavoro che deve andare oltre la sola testimonianza, il denunciare quanto la repressione sia crudele e quanto gli Stati Sovrani rispondendo al turbocapitalismo, finiscono nel non più garantire il minimo dei diritti democratici più propensi a esportare la Democrazia nel mondo producendo un’infinita lotta al terrorismo», spiega Italo Di Sabato dell’Osservatorio, annunciando un convegno a Bruxelles per i prossimi 28 e 29 giugno. Un confronto fra giuristi, movimenti e politica promosso con il sostegno del Gue, il gruppo della sinistra più radicale al Parlamento europeo. Per l’Italia, ancora una volta, è l’impegno dell’europarlamentare del Prc, Eleonora Forenza, a rendere possibile la denuncia della tendenza dei governi europei a relegare le lotte sociali dentro i confini della semplice testimonianza, così da non disturbare una governance violentissima dei processi innescati dal liberismo e dalla sua crisi. «Siamo davanti a un salto di qualità», dice Forenza ricordando il sequestro di oltre cento manifestanti mentre scendevano a Roma per le manifestazioni del 25 marzo scorso. Forenza, con Nicoletta Dosio, l’avvocata Caterina Calia, e un giornalista di Popoff/IlSalto, era a Tor Cervara a solidarizzare con i sequestrati, collegare la loro vicenda al corteo che sfilava in una città blindata e denunciare lo «stato d’eccezione permanente». Dalle piazze alle carceri, il lavoro ispettivo dell’europarlamentare sta focalizzando anche le mostruosità dei regimi ostativi in prigioni come Spoleto e Bari, appena visitate.
VEDI I NUMERI DELLA REPRESSIONE Anno 2011-2016 – dati repressione lotte sociali (1)

E’ in questa tendenza europea che si devono leggere gli episodi con cui apre questo articolo e i dati resi noti dall’Osservatorio in una conferenza stampa a Roma che ha visto la partecipazione, tra gli altri di Paolo Di Vetta, sorvegliato speciale, costretto all’obbligo di dimora da mesi, in regime di coprifuoco (dalle 21 alle 7), sottoposto al ritiro della patente e al divieto di frequentare manifestazioni e luoghi pubblici. Di Vetta, però, non ha subìto condanne è “solo” un agitatore, un militante, uno che partecipa ai movimenti per il diritto all’abitare. Contro di lui una misura preventiva pensata dai Savoia e dal fascismo contro socialisti, anarchici, oziosi e vagabondi – e rispolverata dal Pd «La repressione – spiega Di Vetta – contro un mondo impoverito è uno “stato di necessità” per chi deve comprimere gli effetti della crisi».

Una genesi, quella delle misure preventive, che è stata spiegata con precisione da Livio Pepino e Francesco Romeo nel recente convegno del 22 alla Fondazione Basso promosso dai Giuristi democratici (e trasmesso in diretta sui social da Il Salto).


Spiega Francesco Romeo, legale: «Presenti nell’ordinamento di solo 5 dei 46 paesi (Austria, Svizzera, Regno Unito e Russia) che hanno sottoscritto la convenzione per i diritti umani, le misure di prevenzione prescindono dalle connessioni con i fatti di reato ma si focalizzano sul soggetto per quello che pensa o per lo stile di vita. Ma così si provoca, come nel caso di Di Vetta, una degradazione giuridica e una diminuzione dei diritti di cittadinanza».

In tempi di esaltazione dei poteri taumaturgici della Costituzione (c’è chi la ritiene una sorta di programma di transizione), potrebbe essere utile conoscere le ambiguità e i margini di discrezionalità sul tema da parte dei padri costituenti e dalla Corte costituzionale per cui è possibile leggere sentenze che accettano il divieto di volantinare sulla pubblica strada contenuto dal Tulps, il codice Rocco, e mai cancellato. Grazie alle maglie larghe è stato possibile introdurre quella forma di detenzione amministrativa (ossia senza aver commesso reati) introdotta dalla Turco-Napolitano, la norma che legittima i “lager” per migranti (Cpt, Cie, Cara ecc…) in Italia nonostante molti commentatori, già dal ’48, hanno intravisto l’incostituzionalità di misure “prima e al di fuori del delitto”. Livio Pepino, già presidente di Magistratura democratica, vicino al movimento No Tav, ricorda che la nuova vita delle misure preventive ha inizio nel luglio 2001 contro i No Global e prosegue come strumento di controllo del dissenso con le ordinanze fotocopia emesse in Val Susa per motivi di “necessità e urgenza” da sei anni.

Daspo, fogli di via, pacchetti sicurezza, sorveglianze speciali, sanzioni pecuniarie (si pensi al reato di solidarietà escogitato dal sindaco Pd di Ventimiglia), avvisi orali divenuti permanenti, servono, dunque, a criminalizzare il dissenso dilatando l’area della discrezionalità di questori, prefetti e polizie e con questo anche la possibilità di abusi in divisa, una costante funzionale nelle subculture dominanti tra gli apparati delle forze dell’ordine. Il dissenso viene affrontato e narrato come una minaccia, come un problema di “ordine pubblico”. «Una legalità della paura», la chiama Riccardo De Vito, presidente di Magistratura democratica contro la quale si auspica una «controffensiva culturale».

In Europa e in Italia questi processi prendono piede anche per l’assenza di una mobilitazione generale, della mancata comprensione che misure spacciate per antiterrorismo servono in realtà al bavaglio delle lotte sociali. «Lo stato di eccezione permanente si presenta cosi come il miglior paradigma di interpretazioni delle forze più avanzate della governance contemporanea», riprende Italo Di Sabato rimandando alla due giorni di Bruxelles. Il 28 giugno alle ore 17,30 presso la sala “L’horloge du sud” 141 rue Trone a Bruxelles si terrà per un primo confronto fra le realtà sociali di movimento europee. Il 29 giugno presso la sede del Parlamento Europeo alle ore 15 ci sarà la proiezione del docufilm “Archiviato. L’obbligatorietà dell’azione penale in Valsusa” con l’intervento dell’Avv. Claudio Novaro, legale di attivisti No Tav a seguire il convegno europeo organizzato dal gruppo parlamentare del Gue/Ngl. {il programma completo}

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