Quando antisionismo e antisemitismo diventano sinonimi e figure retoriche, le strumentalizzazioni dell’Osservatorio sull’antisemitismo
Può capitare, alle volte, di ritrovarsi come quel personaggio pirandelliano, diversi da come credevamo d’essere. Di vedersi arruolati in compagnie mai frequentate. Così, ci si trova un bel giorno indosso l’etichetta d’antisionista, e pure d’antisemita. Ad appiccicarmela l’Osservatorio sull’antisemitismo che pubblica l’annuale rapporto, a cura del Centro di documentazione ebraica. Una sorta di lista di proscrizione di chiunque si reputi maldicente verso il sedicente popolo eletto. Ché, com’è noto, anche solo a pensarne men che bene si fa peccato. Ma bando alle ciance e parole ai fatti, anzi agli scritti. A pagina 13 su 70 del rapporto si legge, testuale:
A novembre su Metro, il maggiore quotidiano gratuito italiano (più di 800mila copie distribuite al giorno), un articolo antisionista con contenuti antisemiti. Il quotidiano pubblica questo commento del “giornalista e scrittore” Maurizio Z. «Le parole sono importanti, diceva un maestro del cinema nostrano, accompagnando al monito un sonoro ceffone. Tanto più importanti se riguardano la questione palestinese, o meglio della Palestina occupata da Israele, tra le più spinose del mondo contemporaneo. Che la Palestina sia occupata da Israele non sono i terroristi islamici a dirlo ma l’Onu, che non ha mai riconosciuto l’occupazione manu militari di buona parte del territorio palestinese, compresa Gerusalemme Est, con le guerre del ’48 e del ’67. Buon ultima, l’Unesco ha ribadito che per rispetto dei luoghi santi per le tre fedi monoteiste, sulla spianata della moschea di Al Aqsa lo stato occupante — Israele, appunto —dovrebbe astenersi da ogni provocazione verso le altre fedi e tantomeno impedire agli arabi l’accesso al luogo a loro sacro. La risoluzione — passata con il voto contrario o puntuale astensione degli sponsor di Israele, Italia compresa — ha osato persino chiamare questo luogo col suo nome arabo, anziché con l’ebraico Monte del tempio. Apriti cielo. Tanto è bastato perché i media mainstream e le anime belle e sensibili gridassero allo scandalo, al complotto antiebraico. Il premier Renzi ha persino bacchettato i diplomatici, rei d’aver fatto il loro dovere, dichiarando che su certe cose non si scherza, si spacchi l’Europa piuttosto che fare uno sgarbo simile agli ebrei, alla sacra memoria dell’Olocausto. Sulla spianata della moschea di Al Aqsa Ariel Sharon andò a passeggiare coi suoi scarponi militari nel 2000, scatenando la seconda Intifada e infiniti lutti. Su quella spianata gli estremisti ebraici (ma non solo loro) vorrebbero spianare chiese e moschee per edificare il Terzo tempio — il secondo fu abbattuto da un imperatore romano d’origini sabine, Tito — per ricordare al mondo che quella terra è solo loro, gliel’ha affidata un noto agente immobiliare fin dalla remota antichità, e guai a chi dice il contrario. E tanto peggio a chi l’abitava prima e pretende starci, e pregare, assieme ai nuovi arrivati, gli occupanti. In un bel saggio che andrebbe adottato nelle scuole come libro di testo, Ernesto Marzano — fratello dell’ex ministro Antonio — definisce Israele il killer che piange, in omaggio al “chiagni e fotti” di matrice partenopea in cui sono ferrati pure dalle parti di Tel Aviv. E sottolinea come chi abbia un briciolo di buon senso e buona volontà debba aiutare arabi e israeliani ad amarsi, non ad armarsi. Le parole sono importanti».
L’articolo (in realtà un editoriale o pezzo d’opinione che dir si voglia) in questione, riportato graziosamente nella sua totalità, aveva a suo tempo suscitato una rattristata missiva di tale Andrea Finzi, chiaramente di natali ebraici, pubblicata sul quotidiano con la risposta in calce.
Sono molto rattristato dal pessimo articolo del vs. Maurizio Zuccari di venerdì 4.11 che dimostra chiaramente un conclamato antisemitismo o come usa adesso chiamarlo, antisionismo, con delle parole e un atteggiamento veramente vergognoso per un giornale corretto come ho sempre ritenuto il vostro. Vorrei ricordare che semmai Israele, a seguito di innumerevoli attacchi militari da parte dei suoi vicini arabi, ha occupato territori Giordani e Egiziani, in gran parte restituiti senza alcuna contropartita di trattati di pace come previsto da ogni regola accettata dall’Onu per tutti i paesi attaccati e poi vincitori. (Israele è evidentemente un caso a parte). La Palestina è casomai una regione mediorientale ove da oltre 5000 anni hanno abitato gli ebrei (l’Islam è nato oltre 4000 anni dopo, ma forse l’Unesco non lo ha mai saputo) e la storia antica racconta che a Gerusalemme erano state costruite due sinagoghe una sopra l’altra a seguito di distruzioni successive. Storia mai smentita fino alle fantastiche dichiarazioni dei giorni nostri. Per quanto riguarda l’accesso ai luoghi sacri arabi e cristiani, solo Israele ha da sempre concesso ampiamente il CIVILE accesso a tali luoghi dietro un severo controllo, per evidenti motivi di sicurezza, mentre in precedenza sotto giurisdizione araba l’accesso non era nemmeno preso in considerazione.
Gentile Andrea Finzi, sono molto rattristato non dal fatto che lei giudichi il mio un pessimo articolo (liberissimo), ma frutto di conclamato antisemitismo, o antisionismo che dir si voglia. Perché confondere le responsabilità del governo israeliano in merito all’occupazione come un affronto a Israele in quanto tale? Perché reiterare la fola del diritto di prelazione divino ed esclusivo sulla Palestina? I Sabini hanno occupato e dominato Roma e l’Italia centrale assai più tempo di quanto gli ebrei abbiano fatto in Palestina, non per questo si reclama la ricostruzione sul Quirinale del tempio di Quirino (da cui prende il nome) e l’occupazione di Roma. Lei confida molto sul potere delle armi (negato dall’Onu) ma finché, come scrivo, ogni persona di buona volontà d’ambo le parti non farà la sua parte perché due popoli imparino ad amarsi e rispettarsi piuttosto che armarsi, la pace sarà un’utopia. E di pace, possibilmente non eterna, abbiamo tutti un gran bisogno. Un cordiale saluto.
Evidentemente il signor Finzi, e con lui gli estensori dell’Osservatorio, non hanno reputato soddisfacente la risposta, degne di fede le motivazioni. Ma, si sa, davanti alle verità conclamate dei fedeli dell’Unico Dio tutto il resto è polvere e fole. E così ci ritrova tacciati d’essere ciò che non si è, frammisti a pensatori sul water e compulsori del Mein Kampf, peraltro in buona compagnia dell’Onu e dell’Unesco, d’Ernesto Marzano e del suo utopico invito alla pace in Palestina. Ché da quelle parti, ma pure dalle nostre, sarà per il sole o per quell’Unico Dio tirato da tutti dalla giacchetta, nei cervelli proprio non entra non dico il laico concetto di rispetto dell’altro, ma neppure di cristiana tolleranza. Nel calderone mediorientale è impossibile trovare chi raffreddi gli animi. Chi ci prova, come Rabin e Arafat, fa la fine di Kennedy a Dallas e Napoleone a Sant’Elena, ammazzati o avvelenati. Da quelle parti, come dalle nostre, anche le teste pensanti valgono quanto una testa di mulo, diventano ottuse al toccare Israele, l’imparzialità e il buon senso non sono di casa, e i leader nazionalisti ebraici se la battono coi capintesta dell’integralismo islamico. E sia, si continui con l’ammazzatine, le stragi, le castronerie e gli osservatori di corbellerie.
Questi meriterebbero una diffida che insegni loro il senso del rispetto per la libertà di pensiero e d’espressione, per la storia. Soprattutto, a non far d’ogni erba un fascio, da moderni fascisti quali sono. Meriterebbero che si rendesse loro pan per pan azzimo, con un Osservatorio sul filosionismo, una bella lista dei fan d’Israele a pagamento o per convincimento che allignano nelle redazioni nostrane e in qualunque altrove. Ma sarebbe inutile, tempo perso come cercare di ricompattare cervelli fuor di senno più che in fuga. Quindi teniamoci l’etichetta. Non è un onore né un disonore, provoca solo mestizia. E speriamo che non venga in mente anche ad altri di mettere mano a schedature e liste di proscrizione. Sennò hai voglia a casacche cucite indosso, in attesa di qualche bella stella non più gialla, magari.