Israele ha tagliato del 60% la fornitura di elettricità a Gaza. La popolazione gazawi vive un livello di povertà senza precedenti al mondo, ma per l’UE prima di tutto viene il business con Tel Aviv
di Marina Zenobio
Il decennale blocco (terrestre, marittimo e aereo) e le devastanti operazioni militari israeliane contro Gaza hanno trasformato le condizioni di vita dei due milioni di palestinesi intrappolati nella Striscia in disumane. Nonostante molti organismi internazionali hanno avvertito che su quel territorio è in corso una crisi umanitaria, il mondo, e l’Unione Europea per restare in casa, sembrano non sentire e non vedere. Persino il centro di informazione israeliano per i diritti umani B’Tselem riporta che il blocco di Israele ha portato i residenti di Gaza a vivere con un livello di povertà senza precedenti al mondo. Anche la Croce Rossa Internazionale ha affermato che l’intero sistema di Gaza – dall’idrico al sanitario – sta per collassare, in molte zone le acque reflue si sono riversate nelle strade.
A peggiorare la situazione, e il peggio per quanto riguarda i palestinesi sembra non avere fine, il taglio del 60% dell’elettricità che Israele fornisce alla Striscia di Gaza. In crisi anche gli ospedale della città dove gli interventi chirurgici sono stati ridotti di un terzo, decisione causata del blocco e aggravata dalla mancanza di elettricità. Chi può va avanti con piccoli generatori e batterie, ma anche queste risorse sono destinate ad esaurirsi.
Israele si nasconde dietro l’Anp
Ma c’è qualcosa che rende questa situazione ancora più spietata: a chiedere a Israele di ridurre la fornitura elettrica alla Striscia di Gaza è stato Mahmoud Abbas, il leader dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp), nella speranza di logorare e indebolire il potere di Hamas che governa la Striscia.
Secondo Nickolay Mladenov, coordinatore speciale per il processo di pace in Medio Oriente (UNSCO), il conflitto intra-palestinese tra Anp che governa la Cisgiordania e Hamas che governa la Striscia di Gaza, “sta aggravando una situazione di per sé già insostenibile per i gazawi”. L’unica centrale elettrica di Gaza ha esaurito gli approvvigionamenti di combustibile già ad aprile. YnetNews riporta che Mahmoud Abbas ha fatto pressioni anche all’Egitto che, a sorpresa, si era reso disponibile a rifornire di combustibile Gaza. In questa sorta di embargo parallelo tra Israele e l’Anp contro la Striscia rientra anche il taglio delle forniture di medicinali con immaginabili conseguenze sulla popolazione gazawi malata come riportato da Maan News. Così Israele si nasconde dietro l’Anp e immaginiamo si stia sfregando le mani.
Non si può assolutamente dimenticare però quali sono e quanto sono gravi le responsabilità di Israele e della sua occupazione dei territori palestinesi. Quasi un centinaio di risoluzioni dell’Onu violate e la Convenzione di Ginevra carta straccia nelle mani di Israele.
UE-Israele, prima di tutto gli affari
Ma Israele può agire così impunemente grazie all’appoggio delle potenze mondiali. Gli Usa perché riforniscono i suoi arsenali, l’Unione Europea perché suo principale partner commerciale.
C’è l’Accordo di Associazione tra Bruxelles e Tel Aviv sottoscritto nel 1995 ed entrato in vigore nel 2000 che garantisce a società israeliane l’ingresso preferenziale nel mercato europeo. Un altro accordo è stato firmato nel 2010, i ACAA (Conformity Assessment and Acceptance of industrial Products). Questo protocollo permette ai prodotti industriali di muoversi tra i mercati europeo e israeliano senza ulteriori test di conformità e di valutazione qualitativa. Inoltre è in corso un negoziato per la liberalizzazione del commercio dei servizi, per il diritto di stabilimento e per la creazione di un sistema di risoluzione delle controversie. Alla fine della fiera l’Unione Europea è diventata il maggiore importatore di Israele, per un valore di circa 16,8 miliardi di euro, e il secondo maggiore mercato per le esportazioni israeliane.
Sia chiaro, in appendice ad ogni protocollo, c’è sempre una clausola definita dall’UE “elemento essenziale” di ogni accordo, e che ribadisce “l’importanza del rispetto dei diritti umani e dei principi democratici su cui gli accordi stessi si basano”.
Parole che, anche se sono state scritte sulla carta, è come se fossero state scritte sulla sabbia. Diversi parlamentari europei hanno provato ad esortare Mogherini a rivedere se non addirittura a sospendere gli accordi tra UE e Israele per mancanza di quest’ultimo del rispetto di quella clausola, ma sono troppi gli interessi economici in ballo perché l’Unione Europa voglia prendere in considerazione le proteste sommesse di uno sparuto gruppo di europarlamentari. Il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici a Gaza possono aspettare, per l’UE prima di tutto viene il business.