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Attenti a quella tata, nasconde un segreto. Vivian Maier a Genova

Palazzo Ducale di Genova rende omaggio con la  mostra retrospettiva “Vivian Maier. Una fotografa ritrovata”

da Genova, Claudio Marradi

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New York, 10 settembre, 1955 © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

Attenti a quella tata, nasconde un segreto. E forse anche più d’uno. Che cosa penserà, per esempio, quando fissa un punto indefinito sopra la nostra testa, mentre ci inquadra nell’obiettivo della sua buffa macchina fotografica a soffietto? Irrimediabilmente vintage, come quegli abiti che la infagottano e quel cappello a tese larghe per ripararsi dal sole di un’estate newyorchese di tanti anni fa.

Di noi proprio niente in realtà,  perché a guardare meglio quello è un autoritratto, scattato nel riflesso della vetrina di un negozio. E i suoi autoritratti sono  praticamente tutto ciò che conosciamo di questa donna misteriosa, bambinaia di professione ma fotografa per vocazione.  E a cui Palazzo Ducale di Genova rende omaggio con la  mostra retrospettiva “Vivian Maier. Una fotografa ritrovata” curata da Anne Morin e Alessandra Mauro e promossa dal Comune di Genova, dalla Regione Liguria e da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, prodotta da Civita Mostre e realizzata da diChroma Photography in collaborazione con Fondazione FORMA per la Fotografia. 120  scatti in rigoroso in bianco e nero realizzati tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8. Il tutto per un’esposizione che, chiudendo i battenti il prossimo 8 ottobre, ha ormai imboccato il suo rush finale. Ancora un paio di settimane, quindi, per scoprire la storia incredibile di quella che viene considerata oggi uno dei più interessanti fotografi del Novecento.

E che ha inizio dieci anni fa, da un debito non pagato. Quando John Maloof, che all’epoca era agente immobiliare, acquista durante un’asta parte di un archivio fotografico confiscato per un mancato pagamento. E’ un’illuminazione istantanea: capisce subito di aver trovato un tesoro prezioso e da quel momento non smetterà più di cercare materiale riguardante questa fotografa misteriosa,  arrivando ad archiviare qualcosa come oltre 3 mila stampe e 150 mila negativi, la maggior parte dei quali non ancora sviluppati.Esempio praticamente perfetto di artista  assolutamente negletta fino alla morte, la cui  vita e opera sono circondate da un alone di mistero che ha contribuito ad accrescerne il fascino, Vivian Maier non si separava mai dalla sua Rolleiflex, anche se non conobbe mai la soddisfazione di una mostra o di una pubblicazione. Figura imponente ma discreta, decisa e intransigente nei modi, richiedeva sempre, nella case dove abitava e lavorava, una piccola stanza da adibire a camera oscura.  Sembrava fotografare unicamente per se stessa, conservando gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne o condividerle con nessuno. E ritraendo le città dove aveva vissuto – New York e Chicago – con uno sguardo curioso, attratto da piccoli dettagli, dai particolari, dalle imperfezioni ma anche dai bambini, dagli anziani.  Da soggetti qualsiasi, fermati tutti in un istante in cui la loro esistenza sembra attraversata dalla medesima solitudine che intuiamo abitare quella di chi li ha ritratti. Scatti di una bellezza intatta e malinconica, che hanno il merito di farci vedere, usciti da Palazzo, con occhi nuovi le tante comparse anonime che attraversano la scena di quel film di cui continuiamo necessariamente a sentirci i protagonisti principali. Passanti che incrociamo per strada, il fattorino che consegna la pizza in scooter, il suonatore di strada all’angolo della via, la cassiera del supermercato e il migrante che chiede l’elemosina all’ingresso… tutti, proprio come Vivian,  custodi di un segreto. Non fosse altro che per l’enigma indecifrabile che sigilla la loro esistenza. Unica perché irripetibile. Come la nostra, come tutte le altre.

Senza titolo, Chicago, agosto 1976 © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.
© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

 

 

 

 

 

 

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