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Grecia, deputato nazi in fuga ma Alba dorata cresce

Accusato di alto tradimento, deputato di Alba dorata si dà alla macchia. Ma il suo partito cresce nei sondaggi

È stato accusato di alto tradimento il deputato del partito dell’estrema destra greco Alba Dorata che ha invocato un golpe militare contro il governo di Alexis Tsipras durante il dibattito in aula sulla mozione di sfiducia al governo per l’accordo sul nome della Macedonia che oggi viene votata dal Parlamento greco. Un vice procuratore della Corte Suprema greca ha inviato il fascicolo a carico di Konstantinos Barbarousis, accusato di «atti preparatori al tradimento», al magistrato inquirente che ora potrà anche emettere un ordine di arresto, dal momento che per questa accusa i procuratori non devono chiedere la revoca dell’immunità parlamentare, si legge sul sito di Ekathimerini. «Dal momento che la leadership politica non agisce negli interessi nazionali ma propri, io chiedo alla leadership politica di rispettare il suo giuramento e di arrestare il primo ministro Tsipras, il ministro della Difesa Panos Kammenos e il presidente Prokopis Pavlopoulos per evitare questo tradimento», ha detto ieri in aula Barbarousische, a seguito del suo intervento, è stato espulso da Alba Dorata dal leader Nikos Michaloliakos.

Alba dorata, formazione di ispirazione neonazista, non è nuova all’esperienza di vedere i suoi leader in manette. L’intero gruppo parlamentare di Alba Dorata è finito sotto processo nel 2014 con l’accusa di essere al comando di un’organizzazione criminale. 700 le pagine inviate al Parlamento dal procuratore di Atene, Ntogiakos.

Nikos Michaloliakos, duce del partito, in carcere con altri 8 deputati, è accusato di appartenere ad un’organizzazione criminale dedita alle estorsioni, ai tentati omicidi a sfondo razziale e ad un tentativo di colpo di Stato. La retata di nazi eccellenti avvenne all’indomani dell’omicidio del rapper greco Pavlos Fyssas. Tra loro anche il numero due dei servizi segreti greci accusato di fare da sponda ad Alba Dorata.

Oltre ai 18 deputati, alcuni dei quali agli arresti dal settembre 2013, sono accusate altre 49 persone. 66 saranno processati dal Tribunale di Appello a composizione collegiale e una parlamentare, Nikitopoulou, dal Tribunale per i Minori. Ma in tutto sono 70 accusati: 67 per la loro appartenenza a un’organizzazione criminale e per altri reati e tre per atti di minor gravità.

Fino all’irruzione sulla vita dei greci delle politiche di austerità, imposte dalla Troika, Alba Dorata era una piccola organizzazione nazional-socialista con alcune centinaia di membri e con una percentuale dello 0,2% alle elezioni. Il 17 giugno 2012 la Grecia scopre che è il quinto partito del paese con il 6,97% dei voti, ed entra in Parlamento con 18 deputati su 300. Squadracce travestite da “cittadini indignati”, prima e dopo le elezioni si sono distinte per violenze contro lavoratori in sciopero, militanti della sinistra e, dalla fine del 2000 si resero protagoniste anche dei primi pogrom contro i migranti. L’organizzazione gode del sostegno di settori del mondo imprenditoriale e di una fortissima all’interno della polizia, come ha scritto in un libro pubblicato in Italia da Fandango, di Dimitri Deliolanes.

E gli arresti non hanno impedito la sua ascesa alle europee dove Alba dorata è stata il terzo partito con il 9,4% (3 europarlamentari, rispetto alle Politiche del 2012 passa dal 6,9% al 9,4% guadagnando oltre 100 mila voti. In 5 anni dallo 0,46% (23,566 voti) al 9,4% (536,409) superando il PASOK (8%). Successo anche alle elezioni locali dove il partito si piazza quarto con l’8,1%. Nelle politiche del 2015, Alba dorata ha sfiorato il 7% e, dopo tre anni di governo Tsipras, i neonazi (in stretti contatti in Italia con Casapound e Forza Nuova) sembrano di nuovo in crescita nei sondaggi (8,3%). Syriza, il partito che ha tradito il No al referendum contro il memorandum, è dietro Nuova democrazia (centrodestra) con il 21%, 14 punti in meno di quando vinse le elezioni.

Intanto, il Parlamento greco oggi vota la mozione di sfiducia presentata contro il primo ministro Alexis Tsipras a causa dell’accordo raggiunto con il governo di Skopje, sul nome del paese balcanico che dovrebbe chiamarsi Repubblica della Macedonia del Nord. A sfidare Tsipras con una mozione di censura è il conservatore Kyriakos Mitsotakis, leader di Nuova Democrazia, il principale partito di opposizione nel parlamento greco, che sostiene che l’accordo viola gli interessi nazionali greci permettendo al paese confinante di usare il nome Macedonia. Tsipras ha una risicata maggioranza 154 dei 300 voti del Parlamento e ma si prevede che il suo governo potrà sopravvivere alla mozione di sfiducia, dopo che l’alleato di minoranza della sua coalizione, Pavlos Kamenos, leader del partito di destra «Indipendenti greci», ha detto che non intende far cadere il governo anche se si oppone all’accordo sul nome.  L’intesa raggiunta da Tsipras con il primo ministro della Macedonia, Zoran Zaev, punta metter fine alla disputa che risale al 1991 quando la Macedonia è diventata indipendente staccandosi dalla Jugoslavia. Atene ha sempre considerato la scelta del nome Macedonia come una sorta di rivendicazione sulla propria regione settentrionale che porta lo stesso nome, accusando inoltre i vicini di volersi appropriare della memoria di Alessandro Magno il macedone. Per questo motivo, le autorità greche finora si sono sempre opposte ad un ingresso del paese nella Nato e nell’Ue. Un’opposizione che Atene, in base all’intesa raggiunta, si è impegnata a ritirare. L’accordo sul nome di Repubblica della Macedonia del Nord divide anche il paese balcanico. Il presidente della Macedonia, Gorge Ivanov, ha detto ieri che non firmerà mai questo accordo «dannoso». Nonostante l’opposizione interna in entrambi i Paesi, Tsipras e Zaev sono intenzionati a siglare definitivamente l’accordo durante il weekend.

Ma è sul piano sociale che il governo Tsipras misura la distanza abissale tra il programma originario di Syriza e la realtà dopo il voltafaccia dell’OKI, le dosi da cavallo di austerità, privatizzazioni, dismissioni, tagli alla sanità e i 13 tagli alle pensioni operati nei 10 anni di crisi (e dunque anche da altri governi): il board del fondo salva-Stati Esm ha dato il via libera al pagamento dell’ultimo miliardo di euro alla Grecia, ovvero l’importo residuo della quarta tranche del programma di assistenza. L’ok è arrivato dopo una valutazione positiva da parte delle istituzioni europee della liquidazione degli arretrati da parte del governo greco e dell’efficacia del sistema di aste elettroniche, come stabilito dal Memorandum. «Sono lieto di constatare che il governo greco ha compiuto sufficienti progressi nell’eliminare gli arretrati nel settore privato», ha detto il direttore generale dell’Esm Klaus Regling. «Se la Grecia rimane determinata nel mantenere lo slancio della riforma e nell’attuare le rimanenti riforme, sono ottimista sul fatto che possiamo completare la quarta revisione in corso del programma e che la Grecia possa uscire con successo ad agosto, come previsto», ha aggiunto. L’attuale programma di assistenza dovrebbe concludersi il 20 agosto 2018, e l’Eurogruppo di giovedì prossimo dovrà decidere se Atene è pronta.

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