Adolphe Anani in Togo faceva il maestro. A mirandola lavora con orari da schiavo, sette giorni a settimana per ottocento euro al mese. Nel cuore agricolo d’Italia è già tanto avere un lavoro, per i diritti bisogna attendere.
di Francesco Mai
La sveglia per Adolphe Anani suona ogni mattina alle quattro e mezza. Poi, in bicicletta, via al lavoro, anche quando piove e fa freddo. Bisogna pulire la stalla, mungere trenta mucche e dar loro da mangiare. Poi, dopo una breve pausa, si va in campagna, a potare le piante o a raccogliere la frutta, fino a mezzogiorno. E al pomeriggio di nuovo, campagna e stalla. Questo succede sette giorni alla settimana, ogni giorno dell’anno. La sua busta paga è in media di ottocento euro mensili. E se occorre deve correre al lavoro anche di notte. Senza che gli vengano pagati gli straordinari, senza fare un giorno di ferie in un anno.
Adolphe Anani, togolese, lavora da cinque anni in un’azienda agricola della Bassa modenese. «So gestire perfettamente la stalla da solo, anche quando il padrone non c’è. Ma oltre a questo c’è anche tutto il lavoro in campagna. E spesso vengo chiamato anche di notte, se ad esempio una vacca deve partorire. Ormai non conto più le ore che faccio. Per fortuna amo questo lavoro, a contatto con la terra e con gli animali. Anche in Togo, oltre ad essere maestro, lavoravo in campagna. Le condizioni di vita precarie mi hanno spinto ad emigrare in Italia, ma di certo mi sarei aspettato di vivere più dignitosamente».
Lavorare dieci ore al giorno per tutto l’anno non è di certo quello che Adolphe Anani desiderava per la sua vita. Flavio Moroni della Camera del lavoro di Mirandola esamina la situazione sulla base delle tabelle salariali mensili degli operai dipendenti delle aziende agricole in provincia di Modena: «Un lavoratore con la sua esperienza e le sue competenze dovrebbe essere assunto a tempo indeterminato come “operaio qualificato super” e con uno stipendio di 1.400 euro lordi mensili. Il suo orario di lavoro dovrebbe essere di trentanove ore settimanali distribuite su sei giorni, con eventuali ore straordinarie retribuite In più dovrebbe usufruire di tredicesima e quattordicesima, di un mese di ferie all’anno e alloggio gratuito».
Non solo Adolphe Anani non gode di questi diritti, ma egli viene annualmente assunto con un contratto a tempo determinato che prevede centocinquanta giornate lavorative distribuite nel corso dell’anno. Ciò gli dà diritto a percepire la disoccupazione agricola, un’indennità che equivale a 4.000 euro annuali. Complessivamente quindi percepisce circa 1.100 euro mensili, a cui il datore di lavoro aggiunge a sua discrezione un “premio” di duecento euro. Siamo ben lontani dunque da quanto dovuto. Ma non solo, questo tipo di contratto gli impedisce di ottenere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato: ogni anno perciò deve rinnovare sia per sé che per la propria famiglia i permessi di soggiorno. Inoltre, i contributi versati a fini pensionistici sono decisamente inferiori a quelli dovuti, lavorando Adolphe Anani tutto l’anno.
Afferma Flavio Moroni: «Questo non è un caso isolato: il lavoro agricolo è meno controllato rispetto a quello industriale e gli operai generalmente non denunciano situazioni di sfruttamento per non perdere il posto di lavoro. Questo vale sia per i lavoratori assunti full time che per gli stagionali».
Il lavoro agricolo è stato per secoli il principale settore produttivo in Emilia, ma dagli anni Sessanta in poi si è assistito ad una drastica riduzione del numero delle aziende, per lo più di piccole e medie dimensioni. In base ai dati forniti dal censimento dell’Istat sull’agricoltura effettuato nel 2010, il totale delle aziende agricole in provincia di Modena è passato da 24.441 nel 1982 a 10.543 nel 2010, con un calo del cinquantasette per cento; ancora più forte la riduzione delle aziende con allevamenti: da 10.293 a 2.151, corrispondente ad una perdita del settantanove per cento. Da imprese a conduzione familiare si è passati a grandi aziende che si avvalgono per lo più di manodopera straniera stagionale.
Livia Castellini, volontaria della Caritas di Mirandola, dichiara: «Il lavoro stagionale attira ancora stranieri nelle nostre zone, prevalentemente magrebini che vengono in Italia per alcuni mesi, per poi tornare nei Paesi d’origine. Ma il lavoro agricolo è oramai molto ambito anche da chi da anni si è trasferito qui con la famiglia e, occupato prima nell’edilizia o nell’industria, è attualmente disoccupato».
«Se lascio questo lavoro non ne troverò un altro: come posso mantenere la mia famiglia? Per questo accetto queste condizioni anche se sono dure e ingiuste». Adolphe Anani è molto provato dal lavoro, ma ha ancora un sogno: mettere da parte un po’ di soldi e trasferirsi in Germania per trovare condizioni di vita più dignitose. Un altro viaggio della speranza. Forse succederà.