Pisa, che cosa sono i daspo urbani votati dal consiglio comunale con il decoroso Sì di Mdp, e il decoroso silenzio di Arci e Cgil
da Pisa, Federico Giusti
Il consiglio comunale ha appena votato per l’applicazione del decoro urbano inserendo nel regolamento di polizia urbana alcune aree della città dove i daspo saranno applicati. Alla vigilia del voto, a Palazzo Gambacorti, la commissione consiliare si era già epressa a favore del daspo urbano, incusa la consigliera di Mdp che riveste un incarico direttivo nell’Arci provinciale. Sarebbe utile capire cosa pensi l’Arci, ma anche Acli o Anpi che sulla vicenda Daspo non hanno preso posizione, della posizione securitaria espressa da una loro dirigente, tanto è che senza i due consiglieri di Mdp la Giunta avrebbe avuto non pochi problemi a far passare in aula il decoro urbano (un consigliere della maggioranza, area riformista, ha assunto la medesima posizione della destra ossia estendere i daspo a tutto il territorio e non solo alle aree di interesse commerciale e con questa motivazione ha votato contro la proposta del Pd)
I soli ad opporsi nell’aula di Palazzo Gambacorti, i consiglieri di città in comune, SI e Possibile. Mentre il dibattito imperversava nella sala comunale, fuori, alcune decine di giovani dell’assemblea No Daspo avevano volantinato nei luoghi interessati ai daspo per poi presidiare il Comune, anzi tenuti a distanza dai reparti celere e da un dispositivo di ps e cc tanto ingente quanto costoso per le casse pubbliche. Il dibattito, a parte i consiglieri prima menzionati, si è sviluppato solo sulla opportunità di estendere i daspo ad altre aree del territorio urbano come richiesto dalle associazioni di categoria dei commercianti il cui peso è in crescente aumento (due candidati di opposti schieramenti sono loro espressione).
Una brutta pagina nella storia della città, come ha detto l’avvocato Andrea Callaioli in un dibattito pubblico organizzato da Città in comune”: “Pisa non si merita i daspo che stridono con la nostra tradizione democratica”, eppure questa tradizione non sta a cuore di tutta la cosiddetta sinistra. Per esempio la Cgil e l’associazionismo, tranne quello legato alle realtà più radicali, non hanno assunto alcuna posizione critica, un silenzio-assenso che la dice lunga sulla involuzione politica e culturale di molte realtà sociali, sindacali e politiche
Non occorrono grandi letture per capire che i daspo sono una misura repressiva contro la miseria e i poveri, lo si evince per esempio da una nota del comandante della Pm ai consiglieri comunali ripresa dal consigliere Auletta e citata integralmente
“ATTIENE a 5 condotte illecite: impedimento della fruizione di spazi urbani, ubriachezza, atti contrari alla pubblica decenza, commercio abusivo e attività di parcheggiatore abusivo”;
“NON ATTIENE al contrasto di reati quali lo spaccio di stupefacenti”;
“NON ATTIENE al contrasto di altri reati di forte allarme sociale (furti, scippi, rapine, risse, danneggiamenti) per il quale rimane ferma la normativa di competenza esclusiva dello Stato”
Il daspo urbano non è quindi una misura di contrasto della criminalità ma solo guerra contro i poveri come dimostra l’allontanamento di alcuni senza casa dal quartiere della stazione a Bologna.
I Daspo sono una autentica assurdità anche in termini giuridici, questi decreti penali di condanna hanno fino ad oggi colpito migliaia di uomini e donne, se negli stadi hanno avuto la loro prima applicazione, alcuni sindaci del Pd fanno a gara con quelli della destra per attribuirsene la paternità. E non ci sarebbero oggi i daspo urbani senza la stagione delle ordinanze dei Sindaci che hanno spianato la strada alla Minniti. Pisa non è nuova a ordinanze securitarie, da quelle contro la vendita degli alcoolici alla apertura serale dei mini market ma l’incipit avvenne un decennio fa con l’ordinanza antiborsoni costruita ad arte contro i venditori senegalesi al Duomo e poi smontata dopo un ricorso al Tar delle associazioni antirazziste. Alcuni legali democratici, in un recente dibattito pubblico organizzato da Città in Comune, ricostruivano la stagione delle ordinanze comunali ironizzando sui sindaci che non prendono posizione contro l’apertura 24h degli ipermercati ignorando il continuo deteriorarsi delle condizioni di vita e di lavoro degli addetti nel commercio ma, quando si tratta di prendere di mira i minimarket gestiti da migranti, allora, vengono meno al loro principio liberista delle aperture permanenti degli esercizi commerciali e invocano orari rigidi. Non è casuale che il laboratorio securitario sia proprio sotto la Torre Pendente perchè in primavera si elegge il Sindaco e la campagna elettorale è ormai spostata sulle questioni inerenti la sicurezza con il Mov 5 stelle spaccato e orientato, a maggioranza, a destra. Del resto questi orientamenti sono emersi nel dibattito in consiglio comunale e prima ancora dentro l’apposita commissione che il Pd non avrebbe voluto convocare procedendo, in fretta e furia, alla approvazione dei daspo. Anche in questo caso dobbiamo evidenziare la natura autoritaria di un partito che non accetta neppure il dibattito nelle commissioni consiliari e in quella sede ha perfino rifiutato l’audizione agli studenti, ai giuristi impegnati a tutela dei migranti, alle associazioni antirazziste, ad Antigone.
C’è da dire che fin dall’estate, il tema del decoro urbano era oggetto di discussione al tavolo sulla sicurezza tra Prefettura, Questura, forze dell’ordine e comune; sempre ad Agosto, la Questura ha inviato una lettera al Sindaco Filippeschi invocando l’applicazione dei Daspo in alcune aree cittadine, quelle di interesse commerciali, l’Amministrazione si è subito attivata per recepire nel regolamento di polizia urbana le nuove normative provando il colpo di mano senza passare dalle commissioni. Ma una volta aperto il confronto in ambito istituzionale si è scelto di escludere tante realtà associative che qualcosa avrebbero avuto da dire contro i daspo.
E così, dopo l’audizione del questore, i soli a esprimerersi sono stati i delegati Rsu del Comune (ma non tutti visto che i rappresentanti della cisl e della cgil erano, non casualmente, assenti) che hanno preso posizione contro i Daspo giudicati “inutili perchè non combattono la criminalità e spianeranno la strada alla riscrittura del Regolamento di Polizia Municipale (quello vigente è del 1988) che prevedeva tante mansioni della Polizia Municipale e una presenza sistematica nei quartieri. La riscrittura, dicono ancora i delegati rsu, avverrà in ambito securitario, ai Vigili di quartiere subentreranno magari le unità cinofile e i nuclei speciali antidegrado”. Una presa di posizione coraggiosa che stride invece con la intesa sottoscritta, sempre in questi giorni, dai sindacati provinciali cgil cisl uil che hanno dato il loro plauso non solo alla manovra di Bilancio comunale ma anche ad un discusso piano occupazionale che impegna le risorse per assumere agenti di Pm e destina numerosi servizi alle privatizzazioni. Con il senno di poi si è capita la vera ragione della assenza dalla commissione consiliare dei delegati cgil e cisl.
E’ sempre più chiaro che la Minniti rappresenti una seria minaccia per le pubbliche libertà e anche per gli stessi diritti civili. Meglio di noi ha descritto la situazione, 20anni fa, Mike Davis quando parlava dello Spazio Urbano sottoposto a dispotici dispositivi, a controlli e sorveglianze, a telecamere disseminate in alcune aree dentro territori metropolitani divisi da una sottile linea: da una parte ordine, pulizia, dall’altra sporco, degrado, abusivi. La lettura di Davis è poi quella di Carmen Pisanello, autrice di un bel libro (In nome del decoro, Ombre corte), ed entrambi riprendono e sviluppano le tesi di Foucault.
Non è difficile spiegare, anche con parole semplici, le ragioni del nostro no ai daspo, quando si parla di decoro dovremmo allargare il discorso allo spazio pubblico, all’urbanistica, ai quartieri senza spazi sociali, alle aree abbandonate al vero degrado. Ci sono decine di capannoni a Ospedaletto, la zona industriale di Pisa, abbandonati o mai finiti di costruire, cantieri incompiuti, palazzi costruiti a metà, Aziende che hanno chiuso e licenziato senza che il Comune facesse pagare loro le spese di bonifica o richiedesse indietro gli aiuti avuti dallo Stato. Ci sono le case popolari di San Marco e di San Giusto fatiscenti, i cavalcavia non illuminati e senza spazio per il transito dei pedoni. Ci sono i palazzi di proprietà degli immobiliaristi vuoti e murati nel centro storico, questo non è degrado?
In questi giorni un girava per il Comune il volantino di Sgb, un combattivo sindacato di base, che riassume la questione in uno slogan “il decoro degli amministratori è la gabbia sociale in cui vogliono chiudere la devianza sociale e la opposizione politica e sindacale. Il vostro decoro è la nostra gabbia”.
La discussione in città e in consiglio comunale non è stata tuttavia all’altezza della situazione, è mancata la presenza di molte realtà sociali, incluse quelle antagoniste che pure erano state colpite dai Daspo a seguito di una manifestazione per la casa, le voci discordanti rispetto ai Daspo e alla deriva securitaria sono ancora troppo flebili.
Sullo sfondo intanto si intravedono gli scenari futuri: un comune con sempre meno servizi a gestione diretta, agenti di Pm impiegati nei centri storico per i daspo ma lontani dalle periferie, i quartieri lontani dal centro tra sporcizia, miseria, degrado (reale) e mancanza di interventi sociali, basta allontanare i deviati insomma dalle aree turistiche, lontani dalle città vetrina e cosi’ rimuovere le cause sociali ed economiche del problema. La prossima settimana inizieranno i lavori per blindare l’accesso dei palazzi comunali, sarà praticamente impossibilitato l’accesso dei cittadini in consiglio comunale, sbarre e telecamere per oltre 120 mila euro di spesa, quasi 200 mila la spesa per gli alberi di Natale quando la terrazza della biblioteca comunale da mesi è inagibile o interi quartieri hanno bisogno di illuminazione, di riparare il manto stradale o recuperare le aree del verde pubblico.
I daspo non proteggono i cittadini, lo spiega bene la delegata sindacale del comune che mostrando le sbarre agli ingressi di Palazzo Gambacorti e Palazzo Mosca racconta degli uffici anagrafe al pubblico esclusi dalla blindatura, uffici sotto organico e senza facilitatori socio culturali, locali sprovvisti perfino di microfoni, una frontiera presidiata da dipendenti pubbliche orgogliose del loro lavoro ma disilluse dalla politica. Sono proprio queste lavoratrici a ricordare che la sicurezza loro e quella delle operatrici sociali è sistematicamente dimenticata , non fa audience e richiama all’attenzione pubblica le problematiche economiche della crisi, quella crisi che securitarismo, politiche di austerità, criminalizzazione della devianza stanno rimuovendo non solo dall’agenda politica ma dalla nostra quotidianità e dall’immaginario collettivo. Meglio prendersela allora con i migranti, i senza casa, i deviati, gli ultimi, ma tra di loro presto potremmo esserci anche noi.
a parte chiacchere e razzismo, se i senegalesi vogliono vendere la loro merce chiedano la licenza e paghino le tasse, se io mi mettessi in un androne della esselunga a vendere verrei subito arrestato…i cittadini di Ferrara che si lamentano dello spaccio e delle biciclette sentinella……..beh basta mettere una corda a terra e quando passano tirarne il lembo………lo si puo fare da una cantina, da una auto……..
La violenza che lo Stato, le amministrazioni locali e i servitori dei prepotenti esercitano sui cittadini-pecoroni, ha superato ogni limite di sopportazione. Queste istituzioni lerciume o se preferite “tiranni democratici” iscritti al libro paga degli italiani, hanno dimostrato, ancora una volta, la loro incapacità di fare delle leggi sensate che non prevedano, sempre e comunque, la condanna a priore dell’unico imbecille che non reagisce e sopporta ogni cosa, il cittadino onesto e operoso.
Se il mio giudizio ha una valenza, il daspo è una nuova tassa caricata sul groppone del contribuente, destinata a rimpinguare le casse comunali e fare felice chi allunga le mani sul denaro pubblico.