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Quella sera che anche io ho subito violenza

La violenza sulle donne è quella cosa che ti toglie semplicemente il respiro. Una testimonianza in prima persona

di Carla

La violenza sulle donne è quella cosa che ti toglie semplicemente il respiro. Parte con una condanna alla vita dell’altro, peggio ancora se l’altro non corrisponde, la violenza sulle donne è una fregatura, tutti perdono qualcosa nessuno ne rimane intatto. Penso molto a questo tema, in quanto donna, in quanto oggetto talvolta di desideri altrui dove non sai mai dove possa finire il tuo essere desiderio per gli altri. Poche parole, personalmente mi ricordo di quella sera, dove anche io ho vissuto momenti di non rispetto, oggi finalmente individuata come violenza.

E cancello e ricompongo queste parole, tutte le volte non tornano, tutte le volte non riesco a descrivere le mie emozioni… buttate sopra dei tasti, come se riuscissero realmente a ricomporle… ma è un casino, mi dico… però questa notte non ho dormito, mai. Domani salterò il lavoro, e non me ne frega niente per come sto. E qualcosa di buono dovrà uscirne fuori..per forza. Poche parole mi ricordo di quella sera: “non sei in grado nemmeno di azionare una lavatrice, senza di me che te lo spiego”, “ non sei una persona intelligente”, “ guarda cosa faccio per te, stendo pure i panni”, “ zitta, devi stare zitta, a sedere su una sedia e zitta“, “ taci, devi tacere, solo io posso urlare ” … parole che piovevano una dietro l’altra, semplicemente perché avevo ribadito un mio no. Da poco avevo superato una tormentosa relazione, che mi aveva azzerata , ridicolizzata , denudata della mia intimità… perché si sa… la violenza dei cazzotti, nelle relazioni è l’ultima ad arrivare. E se ti provi a reagire te “ donna” si sa, è ancora peggio… perché la reazione fa aggrappare gli altri a delle false motivazioni per generare tale schifo. Rendere zero un soggetto, anche questa volta è stato un lampo. Ritrovarmici a capofitto mi ha fatto girare la testa, mi ha resa persa. Perché è proprio questo che accade con la violenza… ti senti persa. Non sai più a chi aggrapparti, perché ci provi ad aggrapparti a te tessa, ma sei sfinita. Provi a mandare un audio ad un amica raccontandole tutto, ma sai benissimo che i km di distanza rendono congelate le sensazioni.

Eravamo solo io e lui, e le parole urlate che cadevano una dietro l’altra. Mi sento ferita da quello che sentivo, mi sentivo ridicolizzata e nessuno deve provarlo. Nessuno deve provarlo mi dicevo e me lo ripetevo. Nessuno deve provarlo… Neppure io. Tra parole catapultate che mi piovevano addosso, tra pensieri di “come avrei fatto, senza di lui” (ed era una presenza nella mia vita molto importante, perché appunto nasceva in me come amicizia) reagire e prendere forza nella mia vita… è stata una conseguenza. Ho dovuto alzarmi dagli spalti, perché altrimenti ci sarei rimasta ancora mesi. Ho dovuto non scusare più, perché quello che mi era stato riversato a dosso era solamente il primo stadio, di una storia già vissuta.

Nell’ultimo mese praticamente non vedevo più nessuno, tutta la mia intera esistenza era relegata a lui. Un grande amico, una persona che mi vuole bene… era così che lo definivo all’inizio. La sua personalità che toglieva luce alla mia. Eh, dopo un po’ di tempo non ci si dovrebbe nemmeno più cascare, ma ogni volta tutto inizia a scendere velocemente e ogni volta ti rendi conto che quella fottuta speranza di vivere bene, si ripresenta e ti cancella il male, anche quando non dovrebbe esser eliminato. Nel frattempo, invece di elaborare una discussione, io ero divenuta la discussione. la mia persona slegata alla sua sembrava non esistere, come se in questi 27 anni non fossi mai realmente esistita. “Non sei in grado di accendere una lavatrice senza me”, “ non sei intelligente”, “ devi solo tacere, io posso urlare“.

Quella sera finì alla svelta, perché da queste morse è possibile uscire. Presi il telefono e chiesi aiuto ad un mio amico, ma di quelli veri. Di quelli che ti aspettano fuori per trenta minuti con il freddo ferrarese che stringe il respiro. Si può uscire da queste morse, rendendosi conto che nessun individuo può fare, dire, urlare sulla tua persona. Si può uscire da queste morse perché a nessuno se lo può permettere… e nemmeno io potevo permetterlo di riceverlo. Il giorno successivo, ovviamente, ricevetti messaggi molto tranquilli, perché il ragazzo in questione non se lo ricordava. “Ho bevuto troppo”.

Non sono mai, mai, mai riuscita a perdonare, scusare solamente una virgola. Non sono mai riuscita a giustificare le urla insensate, le offese, il farmi sentire “priva di me” relegata solo a lui.

Ecco, dopo una notte insonne affermo che la violenza fatta di parole e di offese esiste, fa male e non si giustifica. E’ solo il primo stadio. Non si può giustificare e rimane solamente una cosa da fare … andarsene alzando la voce. Ma perché si arriva a questo livello? Perché un no, una non corrispondenza talvolta è difficile da accettare e perché è più semplice rendere qualcuno legato terribilmente a noi, che libera di essere. Perché la violenza alimenta un legame, perché rendere qualcuno “zero” ci fa sentire inevitabilmente in una posizione superiore. E di conseguenza è come avere un cane, stretto con un guinzaglio alla gola.

Perché purtroppo ci armiamo di belle parole, belle giornate, ma la violenza esiste perché la donna accetta sempre la libertà di un uomo, ma l’uomo quando deve accettare la libertà di una donna non è così spesso tanto bravo. Perché si finisce sempre a questi livelli? Forse questi anni lo manifestano ancora di più, ma semplicemente perché questi livelli ci sono sempre stati. E solamente grazie non ad una voce, ma alla voce di tutte che va ad illuminare questi gesti violenti, forse sarà possibile portare un cambiamento, dettato da quella frase “ mai più”, ma per essere mai più, ognuna di noi e ognuno di noi deve compiere un gesto molto difficile…che è quello di guardarsi dentro e capire che la violenza verbale e fisica..non si può giustificare, alimentare o semplicemente non considerare. Ma sopratutto… della violenza mentale e fisica io non ho paura. Di quella sera non finirò mai di ringraziare chi mi ha aspettata tra il freddo e l’umidità, non smetterò mai di ringraziare il soggetto che mi ha offesa urlandomi nel viso, palesandosi per quello che era… ma soprattutto non smetterò mai di ringraziare me stessa, la mia notte insonne, e questo piccolo tassellino… perché la violenza psicologica fatta di offese, urla e attenzioni.. e quella fisica, fatta di lividi e scopate… esiste… e solamente grazie a noi stesse, alla forza, e all’amore se ne esce”.

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