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Tregua saltata. Israele riprende attacchi su Gaza ma comincia a fare i conti con le proteste interne

Quaranta minuti dopo la fine della tregua l’operazione israeliana “Margine sicuro” è ripresa. Ma Israele comincia a fare i conti con le proteste interne. Ieri manifestazione pacifista a Tel Aviv.

di Marina Zenobio

Israeliani contro la guerra. Manifestazione ieri sera a Tel Aviv
Israeliani contro la guerra. Manifestazione ieri sera a Tel Aviv

L’estensione della tregua di quattro ore, che sarebbe quindi dovuta durare fino alle 24 della notte scorsa, non ha retto. Israele ha ripreso i bombardamenti sulla Striscia di Gaza dopo che, secondo il portavoce dell’esercito israeliano, due missili sono stati lanciati dalle Brigate al-Qassam in direzione di Tel Aviv.

Mentre scriviamo Nena News informa di forti bombardamenti nella parte orientale della Striscia (e nel quartiere di -Shajaiyya di Gaza). Colpito anche un edificio nel campo profughi al-Shati nella parte occidentale di Gaza. Secondo fonti locali i soldati di Tel Aviv avrebbero sparato ad un gruppo di palestinesi che provavano a ritornare nelle loro case ad est del quartiere Shajaiyya. Suonano le sirene nelle cittadine israeliane vicine al confine con la Striscia.

gaza. bombardamento

Ieri sera il gabinetto di sicurezza israeliano aveva accettato il prolungamento della tregua di 4 ore su richiesta dell’Onu, ma le fazioni palestinesi hanno rifiutato definendolo non valido in quanto “i carri armati militari sarebbero rimasti dentro la Striscia e ai residenti non sarebbe stato possibile raggiungere le proprie case liberamente”.

Secondo Oasama Alisawi, ministro dei Trasporti di Hamas dal 2008 fino al governo di riconciliazione con Fatah del 2 giugno, ha accettato la tregua di 12 ore “per dare ai suoi soldati la possibilità di riposare e, soprattutto, per raccogliere preziose informazioni su terreno d’invasione”. Nessun intento umanitario, quindi, dietro la tregua, altrimenti Israele avrebbe almeno preso in considerazione il piano proposto dal segretario di Stato americano John Kerry e dal segretario generale dell’Onu Bain Ki-moon, per arrivare a un cessate il fuoco con Hamas. “Ma non mi ha stupito che il governo Netanyahu lo abbia rifiutato – ha dichiarato Alisawi in una intervista a Rainews – perché Israele ha cercato e voluto la guerra e ora non ha risultati chiari con cui dire alla sua popolazione che ha polverizzato la resistenza. Gli attacchi aerei e via terra non hanno ottenuto la vittoria che voleva” e finché non avrà ottenuto l’obiettivo di distruggere la resistenza palestinese Israele non si fermerà.

La breve tregua ha comunque permesso il ritrovamento di altri 150 corpi di palestinesi uccisi nei bombardamenti su Shajajye e in altre comunità colpite nei giorni scorsi. Il bilancio è salito ad oltre mille vittime e quasi 6mila feriti.

Secondo fonti militari di Tel Aviv sarebbero 43 i soldati uccisi nel corso dell’offensiva contro Gaza ed anche all’interno della società civile israeliana iniziano le prime frizioni. Gruppi minoritari, come quelli di sinistra e pacifisti che pur ci sono, chiedono la fine della mattanza. 50 riservisti hanno rifiutato di indossare l’unifore. Ieri sera a Tel Aviv, nonostante i tentativi della polizia per impedire la protesta, 5 mila persona (non poche per un paese militarizzato, dove il patriottismo bellico rimbalza tra politici e media), hanno manifestato per gridare “Basta occupazione”, “Stop alla massacro di Gaza”. Quattro i pacifisti arrestati. La settimana scorsa, un’altra manifestazione di pacifisti davanti al Teatro Nazionale, a Tel Aviv, si concluso con l’attacco ai partecipanti da parte di settori fascisti della destra israeliana.

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