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Homein fondo a sinistraChe ci fa un giornalista in Potere al Popolo?

Che ci fa un giornalista in Potere al Popolo?

Checchino Antonini, di Popoff, candidato con Potere al Popolo, intervistato da giornalisti di Reuters, Left, Manifesto, Micromega e da un sindacalista

Francesca Fornario e Checchino Antonini. Campagna elettorale a Savona [fotosferini]
Una conferenza stampa virtuale, una tavola rotonda. Giornalisti di varie testate che pongono questioni a un giornalista che si presenta alle elezioni: candidato in Liguria, per il Senato, con Potere al Popolo. Si tratta di Checchino Antonini, reporter qui a Popoff, direttore di L’Anticapitalista con un passato a Liberazione, soprattutto, Avvenimenti, Left e Radio Città Futura. Un modo per limitare i danni dell’oscuramento mediatico che ha avvolto Potere al Popolo ma anche per avere, in presa diretta, un feedback su questa esperienza politica che rischia di sfondare comunque il muro del quorum.

Angelo Mastrandrea (il manifesto): Tra Tsipras e Melenchon chi butteresti dalla torre?

Tsipras, senza dubbio. E’ la condensazione di tutto quello che la sinistra non dovrebbe fare. Syriza è cresciuta dentro le mobilitazioni di massa prolungate contro le politiche di austerità. Un’esperienza che in Italia non è stata possibile fare e per questo non esiste da noi un soggetto politico come Podemos, Syriza e la stessa France Insoumise. Syriza ha conquistato il governo raccogliendo le speranze di milioni di greci stremati dalla Troika, ha vinto un referendum contro il memorandum e tre giorni dopo accetta tutte le condizioni e da due anni e mezzo guida le politiche di macelleria sociale più o meno come avrebbe fatto qualsiasi partito liberista. Il progetto di “legge omnibus”, adottato il 15 gennaio, autorizza banche e amministrazioni pubbliche a procedere con aste elettroniche alla messa in vendita delle abitazioni delle famiglie che non riescono a saldare i propri debiti. Finora le mobilitazioni hanno impedito ai tribunali di svolgere le udienze e portare a termine le aste. Nello stesso progetto, il governo Tsipras prevede una controriforma del diritto di sciopero, conquistato dai lavoratori greci dopo la fine della giunta fascista, nel ’74. Ecco, Tsipras ha deciso che, perché si possa dichiarare uno sciopero, debbano essere presenti e approvare la decisione di entrare in sciopero il 50% più 1 dei lavoratori di un’impresa o di un settore produttivo. Il sogno di ogni padrone realizzato da chi doveva essere il sogno dei lavoratori. Una brutta storia, un film già visto troppe volte.

Redazione di Left: Come rispondere alla ondata di odio e di violenza che viene dalle formazioni come Forza nuova e CasaPound? Cosa ne pensi della risposta che ha dato Minniti? Perché  non sono state ancora sciolte in quanto formazioni neofasciste? Quali azioni intraprendere?

Credo serva più di una risposta, un insieme di risposte coerenti tra loro sul piano politico e su quello culturale. Non concedere nessuno spazio alle bande fasciste e razziste vuol dire riprendersi le strade, le piazze non solo quando quelli annunciano le loro pagliacciate. Bisogna riprendersi le parole che in questi anni di liberismo sono state stravolte, bisogna dire che il senso comune che tollera i nuovi squadrismi è un prodotto dell’austerità, delle politiche che hanno messo in ginocchio le vite di milioni di persone, delle controriforme che hanno smantellato i contratti nazionali frammentando le classi subalterne, rendendo irriconoscibili i fratelli dai fratelli. Il razzismo è figlio anche di un’emergenza sicurezza costruita con pazienza e ferocia, di una paura indotta per impedire che la solidarietà tra i poveri si trasformi in alternativa, in conflitto. E quando la paura non è stata sufficiente è stato scodellato perfino il reato di solidarietà perché dal basso non si compisse la tessitura di reti di mutualismo e lotta. Minniti è figlio e padre di queste politiche, la sua è una storia lunga, dal Pci che volle la Legge Reale (da abolire anche quella) fino al Pd della guerra globale e dell’austerità, della manipolazione della Costituzione nata dalla Resistenza. Il disegno di Minniti è semplice: concedere ai fascisti il massimo dell’agibilità politica – è questo che ha fatto questo governo – per poi ergersi a paladino della sicurezza contro gli opposti estremismi. Semmai abbiamo un problema di “opposti centrismi”. Non basta chiedere la messa fuorilegge di quanti si rifacciano al nazi-fascismo, bisogna rileggersi Gramsci (come fate voi di Left) e costruire un senso comune finalmente solidale.

Redazione di Left: Galli Della Loggia dice che la parola antifascista è una parola ambigua. Noi invece pensiamo che abbia un chiaro contenuto democratico e pacifista di rifiuto della violenza e di lotta per la giustizia sociale, per i diritti civili. Tu che significato attribuisci a questa parola?

Non c’è alcuna ambiguità, qualcuno lo spieghi al professore. Il fascismo è l’odio per il debole, per il diverso, è violenza, guerra, sopraffazione, egoismo, intolleranza, assolutismo. E’ la stampella delle classi dominanti fin da quando fu inventato con i soldi elargiti a Mussolini dagli interventisti francesi e dagli agrari padani prima per trascinare l’Italia nell'”inutile carneficina” della Grande Guerra, poi per contrastare operai e braccianti che si organizzavano in società di mutuo soccorso e nei sindacati per occupare latifondi e fabbriche. Per fare come in Russia, si diceva allora. Questo schema è valido anche oggi perché a sdoganare i fascisti sono sempre i padroni, i ricchi, i loro partiti e i loro giornali. L’antifascismo, invece, è la solidarietà piena tra le persone, tra gli umili, tra donne e uomini di ogni provenienza e ogni credenza. E’ la laicità contro l’oscurantismo, l’avversione alla guerra, la negazione di ogni patriottismo e familismo. Per quello che è scritto in Costituzione è il collante della repubblica mentre il fascismo non è un’opinione, è un crimine. Per questo motivo, come altri candidati della mia lista, ho rifiutato ogni confronto televisivo con esponenti di bande razziste o dichiaratamente fasciste.

Giacomo Russo Spena (Micromega): Ho letto che nel programma di PaP è prevista l’abrogazione dell’ergastolo e l’eliminazione del 41 bis? Fermo restando che non credo che PaP sposi questa linea perché amica dei mafiosi, non credi però che sia un eccesso di garantismo e, soprattutto, una posizione elettoralmente minoritaria? Mi spiego, in un Paese dal giustizialismo imperante, credo che quasi nessuno sia per l’abolizione dell’ergastolo. Questa cosa non vi fa solo perdere consensi e voti?

Quella contro l’ergastolo è una battaglia antica, ricordo che ho votato la prima volta proprio al referendum del 1981 che ne chiedeva l’abrogazione. Non si può scrivere in Costituzione che il carcere serve a reinserire nella società e poi utilizzarlo come forma di vendetta a vita. Lo stesso per il 41 bis: molto meglio di me, i giuristi democratici ci spiegano non solo che è una forma di tortura ma anche che il criterio di isolamento con l’esterno è già previsto dal sistema ordinario carcerario. Il superamento del 41 bis è una delle nostre urgenze. Perché il carcere smetta di essere una discarica sociale, dove il tasso di suicidi è altissimo (in media tre alla settimana in Italia) e la detenzione smetta di essere vendetta ma, come dice la Costituzione, provveda al reinserimento sociale. Ora vorrei introdurre un elemento di polemica con Anna Falcone, la ex tenutaria del Brancaccio che ora è candidata con LeU e ci accusa di cercare i voti dei clan. Noi siamo quelli che si battono contro il caporalato nelle campagne, nella logistica e nell’edilizia, a fianco delle popolazioni terremotate o dei migranti di Rosarno e di Nardò, non solo per dare un aiuto concreto, materiale ma anche per contrastare i tentativi di penetrazione delle mafie nella ricostruzione o nelle campagne. Siamo i compagni di Peppino Impastato, che la Lega vorrebbe cancellare anche dalla toponomastica (è successo a Bergamo). E ci battiamo per l’abolizione di tutte quelle leggi proibizioniste – sulle sostanze o sugli esseri umani – che sono la condizione necessaria perché prosperino le mafie con la loro capacità di essere accumulatori di capitale e garanti del neoschiavismo. Allora, chi è davvero contro le mafie, chi si batte contro l’opacità della finanza o chi vuole mani libere per la circolazione dei capitali? Chi promuove la guerra o chi si batte per il disarmo? Chi droga il mercato del lavoro con continui sgravi o chi si batte per l’estensione dei diritti a partire da quello alla casa e al reddito? La cannabis è la prima voce del Pil della ‘ndrangheta proprio perché è illegale: chi è che fiancheggia le narcomafie, chi ha scritto la Fini-Giovanardi (e chi non la cancella) riempiendo il carcere di poveri cristi o chi si batte per la depenalizzazione del consumo?

Massimiliano Di Giorgio (Reuters): Se doveste avere eletti in Parlamento, potrebbero sostenere che tipo di programma e governo? O escludete qualsiasi tipo di alleanza o sostegno a chiunque?

Nessuna alleanza con chi ha prodotto, e continuerà a farlo, politiche liberiste. Con chi smantella diritti, comprime salari, privatizza beni comuni, dismette patrimonio pubblico, taglia il welfare, impone la trappola del debito sulle vite della stragrande maggioranza della popolazione, con chi vende armi ed esporta guerra, miseria, con chi rinchiude i migranti nei lager e devasta l’ambiente con inutili e dannose opere. Potere al Popolo nasce per costruire un’alternativa drastica, un’opposizione a questo modello di sviluppo, per uscire dal capitalismo in crisi (è una battuta di tanti anni fa) non per uscire dalla crisi del capitalismo!

Angelo Mastrandrea: De Magistris ha strizzato l’occhio a PaP e prepara le europee con Diem di Varoufakis. In prospettiva, farete la sinistra di Dema?

Tra noi esistono opinioni differenti sul ruolo e l’impostazione del sindaco di Napoli. Tuttavia credo che la sua sia un’esperienza con cui confrontarsi e lo ringrazio per le attenzioni riservate alla nostra lista. Quello che accadrà dopo il 4 marzo sarà più ponderato e diluito nel tempo: siamo dentro un processo che, per essere motore di lotte, campagne, vertenze, mutualismo, autorganizzazione, opposizione sociale e politica, ha bisogno di scriversi regole democratiche e aprire spazi di confronto disteso su quei temi sui quali non c’è condivisione immediata. La pluralità di cui ci vantiamo ha bisogno di cura. Comunque no, non credo che ci si possa accontentare di fare la sinistra di Dema.

Massimiliano Di Giorgio: La vostra posizione sulla Ue non corre il rischio di confondersi con quella di sovranisti ed euroscettici (anche apparentemente pentiti, come M5s? E’ la Ue, il male, o l’euro o le politiche liberiste?

Il programma è chiaro. Dice, più o meno, che vogliamo rompere l’Europa dei trattati e costruirne un’altra fondata sulla solidarietà tra i lavoratori e sulla sovranità popolare. E’ ovvio che su un tema così vasto ci siano, anche tra noi, approcci differenti che hanno bisogno di contaminarsi, di viaggiare dentro un dibattito disteso che non sia fatto di slogan. Ma una cosa è certa: non siamo né sovranisti né euroscettici alla maniera di Grillo, Farage o Le Pen. E non siamo europeisti alla maniera del Pse, il partito socialista europeo nel quale si riconoscono Pd e LeU. Quel sovranismo e quell’europeismo sono due varianti delle politiche iperliberiste. Al contrario, noi siamo l’unica forza politica che, esplicitamente, rivendica la libertà di movimento per tutte e tutti, diritti veri sociali e civili e la fuoriuscita dalla trappola del debito che è lo strumento più feroce che viene utilizzato dai governi per imporre politiche di austerità, guerra, privatizzazioni.

Marcello Zinola (Associazione Ligure dei giornalisti): No ai nuovi 300 milioni chiesti dagli editori per rasare (pensionare) altri 1000 giornalisti semmai che vengano chiamati al ministero e costretti a firmare il contratto con il principio di inclusione, circa 2000 potrebbero diventare ex cococo passando all’applicazione di un riscritto e rivoluzionato articolo 2. Accettando poi un vero equo compenso.

Come sai ho vissuto sulla mia pelle il taglio dei finanziamenti pubblici ai giornali d’opinione e cooperativi e non posso che essere d’accordo con la piattaforma che suggerisci. Contratti veri per tutti, la fine della precarietà, sono le condizioni necessarie perché possa esistere un giornalismo con la schiena dritta. Più in generale, credo che società e politica debbano interrogarsi su quali siano le conseguenze delle mutazioni genetiche della professione. E agire di conseguenza perché l’informazione sia un bene comune, come acqua, sanità, scuola e trasporti.

Marcello Zinola: E poi una bella commissione di inchiesta sulle pressofusioni editoriali (Gedi ReStaSeco, Finegil cioè Repubblica, Stampa, SecoloXIX, le operazioni di Cairo, il polo del sud Gazzetta del Mezzogiorno-Giornale di Sicilia eccetera…

La concentrazione delle testate in poche mani è un problema enorme per la qualità del lavoro giornalistico e per il pluralismo dell’informazione. Sì, c’è davvero bisogno di un’inchiesta. In tutti i sensi, giornalistica e parlamentare.

Redazione di Left: Anche grazie al decreto Minniti Orlando l’Italia tratta la questione dei migranti come se fosse una questione di emergenza e di sicurezza, facendo accordi sciagurati con la Libia dove i imigranti finiscono in veri e propri lager. Fare corridoi umanitari a davvero impossibile come ci vogliono far credere?

L’esperienza di alcune ong e della Chiesa Valdese dimostra che non solo è possibile aprire corridoi umanitari ma è anche urgente e necessario per le vite di donne e uomini in cammino e per bloccare le mafie che prosperano sul traffico di esseri umani. Chiediamo di aprire i corridoi umanitari e una pianificazione dell’accoglienza. I centri di accoglienza straordinaria sono un affare enorme per la criminalità organizzata e al loro interno accadono cose incredibili dal punto di vista della violazione dei diritti. Servono strutture più piccole, più controllate, con un sistema di accoglienza diffusa. E’ il proibizionismo a inventare le mafie. Noi ci battiamo per la libertà di movimento di chi fugge da guerre e miseria e per i diritti di chi approda in Italia e sceglie di restarci. Per questo serve anche un’accoglienza vera, non quella emergenziale e militarizzata che è funzionale alla corruzione e alla costruzione dell’allarme sociale, della paura dell’invasione.

Redazione di Left:  Ci sono politici che fanno di tutto per fare credere a chi ha meno strumenti intellettuali ed è indigente che il nemico siano i migranti. La destra, ma anche il centro sinistra, punta a far diventare tutto questo senso comune come impedirlo?

Non c’è un solo indicatore che confermi gli stereotipi razzisti sui migranti né sulla criminalità, né sul “furto” di lavoro, tantomeno sui femminicidi o sulla sostituzione etnica, altra sciocchezza rispolverata da Lega e altre forze fasciste. Giornali come il vostro si sgolano per spiegarlo ma sono, siamo, voci nel deserto. Il liberismo ha sempre bisogno di dividere: nativi e migranti, garantiti e atipici, giovani e vecchi, residenti e stranieri, buoni e cattivi. I sociologi li chiamano conflitti orizzontali, noi la chiamiamo guerra fra i poveri, dei penultimi contro gli ultimi. Un meccanismo funzionale a occultare il conflitto verticale: la lotta di classe dall’alto verso il basso, il gigantesco trasferimento di ricchezza dai salari ai profitti che il liberismo ha compiuto negli ultimi trent’anni. Noi lavoriamo per costruire unità popolare: nel nostro dna ci sono le pratiche di mutualismo che i centri sociali e le brigate solidali hanno ereditato dalla storia migliore del movimento operaio. Purtroppo il senso comune non si cambia solo con il lavoro molecolare nei territori, l’accesso ai media è cruciale perché è lì che si forgiano i nuovi mostri, che si deforma il linguaggio, non solo con le fake news. Ed è per questo che ci oscurano e non solo in campagna elettorale.

Marcello Zinola: .. e se riuscissimo a fare una vera commissione di inchiesta sul G8?

Hai perfettamente ragione! E’ proprio per la mia appartenenza al movimento dei movimenti, a quelle giornate del luglio 2001 che è diventato fortissimo il legame con Genova e perciò sono stato candidato in Liguria. Nel nostro programma riprendiamo tutte le rivendicazioni scaturite da quella stagione: una vera legge contro la tortura, questa appena approvata non servirebbe a perseguire gli “eroi” di Bolzaneto e della Diaz. E poi reclamiamo l’abolizione del segreto di stato sulle stragi, l’amnistia per i reati connessi al conflitto sociale, il codice alfanumerico per agenti e carabinieri travisati in servizio di ordine pubblico. Bisogna rimettere al centro del dibattito l’abrogazione del Codice Rocco, ereditato dal fascismo, e la democratizzazione della polizia e delle forze armate. La legalità non deve essere il cane da guardia delle disuguaglianze. Anche su questo, vogliamo ribaltare il tavolo: il conflitto sociale è la sola possibilità di cambiare le cose. E la giustizia se non è giustizia sociale è solo il motore di nuove ingiustizie. Chiediamo, perciò, la riforma delle norme sui fogli di via, sugli avvisi orali, sulle sorveglianze speciali che servono a dividere i soggetti sociali in buoni e cattivi.

 

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