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Dal Brasile al Qatar, calcio, soldi e sfruttamento

Proteste sociali e corruzione per il Mondiale brasiliano. Andrà peggio in Russia e in Qatar, dove Amnesty prevede 4mila vittime tra i lavoratori

di Ennio Remondino

Dal Brasile al Qatar, calcio, soldi e sfruttamento

Il presidente della Fifa, Joseph Blatter non è particolarmente simpatico da noi dopo la sua assenza alla premiazione dell’Italia campione del mondo 2006 in Germania. Eppure, questa volta ha certamente ragione: «È stato un errore decidere di organizzare i Mondiali 2022 in Qatar». Lo ha detto a un giornalista di un canale televisivo svizzero, che gli aveva fatto una domanda sui problemi legati alle alte temperature che si registrano nel Paese del Golfo: circa cinquanta gradi nel periodo in cui si dovrebbero giocare le partite. E il reporter non aveva affrontato la selva amazzonica brasiliana.

Il Brasile è toccato a Joana Havelange, direttore della Commissione organizzativa dei Mondiali che stanno per partire nel Paese carioca. Le accuse sulla gestione della manifestazione: «È già stato rubato tutto ciò che si poteva rubare». Piuttosto triste. Criticità e corruzione e poca trasparenza nella scelta dei Paesi che dal 12 giugno ospiteranno la coppa del mondo di calcio. Il Brasile ha speso per la realizzazione di nuove infrastrutture, per la costruzione e la messa in sicurezza degli stadi, per le reti di telecomunicazione e per la ristrutturazione degli aeroporti attorno ai dieci miliardi di euro.

Follia col moltiplicatore per Russia 2018 e Qatar 2022. Occhi puntati soprattutto sul Qatar, anche se al momento non ci sono cifre ufficiali. Immaginate che il Paese pretende di risolvere il problema del caldo costruendo stadi dotati di aria condizionata e persino nuvole artificiali! Tanti soldi ufficiali, senza contare quelli che si spendono sotto banco. Un’inchiesta del quotidiano britannico “Sunday Times” ha puntato il dito contro l’ex funzionario della Fifa Bin Hammam, accusato di aver pagato cinque milioni di dollari alle federazioni calcistiche di Paesi africani per sostenere la candidatura del Qatar.

Dal Brasile al Qatar, calcio, soldi e sfruttamento
Una delle tante proteste contro i Mondiali di calcio che si susseguono nelle città brasiliane.

Ma la vera bomba rischia di esplodere in Brasile a pochi giorni dal fischio d’inizio dei mondiali. Un recente sondaggio pubblicato dal centro di studi Pew Reserch Center indica che il 72 per cento dei brasiliani è insoddisfatto dell’attuale situazione economica del Paese, che pure guida la cordata dei nuovi ricchi (i Brics): Brasile, India, Cina e Sudafrica. Sembra che il calcio non abbia contribuito a produrre, almeno per adesso, i miglioramenti concreti per la qualità della vita dei brasiliani di cui invece ha parlato più volte la presidente Dilma Rousseff. Meno stadi e più servizi pubblici, istruzione e sanità.

In Brasile la maggiore preoccupazione rimane la sicurezza, nonostante gli investimenti ingenti effettuati dal governo. Resta difficile prevedere se e quando le manifestazioni promesse dai cittadini bloccheranno le principali strade delle città dove si svolgeranno le partite. Per la presidente Rousseff, invece, i Mondiali «saranno un successo, nonostante i ritardi nella costruzione di alcuni stadi e infrastrutture». Ovviamente, ottimismo d’obbligo alla vigilia. Visto che dal successo o meno dell’evento sportivo dipende una sua possibile rielezione alle presidenziali del prossimo 5 ottobre.

Per il Qatar sono ancora possibili decisioni radicali. Tipo, spostare la data dei Mondiali a dicembre, col caos nei campionati di calcio di ogni Paese partecipante, oppure, ritirare la candidatura. In Qatar fanno scandalo le pessime condizioni di lavoro degli operai impegnati a costruire infrastrutture e stadi. Amnesty International ha denunciato che i lavoratori provenienti dal Nepal e dall’India sono costretti a lavorare oltre dodici ore al giorno, senza poter mangiare e, in alcuni casi, persino senza lo stipendio. Secondo l’organizzazione umanitaria, prima del 2022 potrebbero morire quattromila lavoratori.

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